giovedì, Settembre 19, 2024
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C’è veramente chi sta confezionando un “pacco” per Giorgia Meloni e il suo governo?

di Salvatore Sfrecola

Apprezzo e condivido quasi sempre quello che scrive Marcello Veneziani, soprattutto quando poggia le sue considerazioni su esperienze storiche. Del resto, non è lui che ha scritto quel bel libro su Giovan Battista Vico (“Vico dei miracoli”), il Maestro di tutti noi che amiamo la storia e la politica? 

Stavolta, venendo a parlare su “La Verità” del governo Meloni, Veneziani prospettava ieri l’ipotesi che qualcuno stia confezionando un “pacco” alla premier, per realizzare una staffetta con Elly Schlein (“Apparati militari, Ue e mercati preparano il benservito al premier Meloni?). Ipotesi sulla quale ho più di qualche perplessità. Non dubito che molte decisioni sulla vita dei governi nazionali vengano influenzate da congiunture internazionali, interventi della finanza, insomma di quelli che si suole definire “poteri forti” come, in qualche modo, sembra immaginare Veneziani. Tuttavia, allo stato, questa non appare, almeno ai miei occhi, la condizione attuale né mi sembra ipotizzabile un intervento del tipo di quello che nel 2011 fece cadere il governo Berlusconi. 

Ho scritto in più occasioni che sarebbe stato un grave errore sottovalutare la Schlein, come, in generale, sottovalutare l’avversario a capo di un partito in grosse difficoltà di consensi e, pertanto, alla ricerca di una riscossa. Quella riscossa che il Partito Democratico ha immaginato intorno ad una personalità che a destra non piace (“sono una donna, amo una donna” ecc.). Tuttavia, rivolgendosi al proprio popolo con un linguaggio comprensibile, Elly Schlein ha restituito al suo partito una discreta omogeneità, pur con tutte le divisioni che lo caratterizzano. E comunque sta di fatto che è riuscita a portare a casa un risultato, sottovalutato dai più, che io ho immediatamente segnalato come particolarmente significativo, la riconquista di Perugia che il Centrodestra aveva strappato a quella parte politica a seguito di una ribellione del popolo umbro di fronte all’arroganza dei comunisti che in quella regione hanno governato praticamente senza opposizione per decenni.

Ho anche scritto che la vittoria della Sinistra a Perugia costituisce un segnale pericoloso perché la regione, anch’essa conquistata dal Centrodestra di seguito alla vittoria nel capoluogo umbro, è fragile, non ha dato dimostrazione, così mi dicono gli amici che considero capaci di valutare le reazioni della gente, di aver saputo realizzare quella svolta che il popolo umbro si attendeva. Ho scritto più volte, anche di recente, riferendo che molti di destra, rientrati in Umbria in posizioni universitarie o professionali, mi dicevano fin dall’indomani dell’insediamento dell’attuale Presidente, Donatella Tesei, che “non è cambiato nulla”, segnale negativo come quello che sentivo ripetere fin dal 2001 quando il centrodestra, che pur aveva vinto ottenendo un gran numero di seggi, ha deluso al governo tanto che, alla scadenza della legislatura, quella maggioranza è stata mandata a casa per 24.000 voti. 

Pur comprendendo le considerazioni di Veneziani e senza trascurare quel che il suo intuito gli fa ritenere che qualcosa si muova negli ambienti interni ed internazionali indicati, resta il fatto che, a mio giudizio, questo governo con una maggioranza composita e, in alcuni casi come abbiamo visto anche nei giorni scorsi, litigiosa perché portatrice nei singoli partiti di interessi e idealità diversi, ha al suo interno le condizioni per un’interruzione della legislatura. In particolare, per aver messo in campo una serie di profonde riforme che la portano a scontrarsi non solo con l’opposizione ma anche con ambienti della sua stessa maggioranza e, soprattutto, del suo elettorato. Ciò, sia per quanto riguarda l’istituzione del premierato, che ha sostituito l’iniziale proposta di repubblica presidenziale, tradizionale battaglia della destra di origine missina, sia per quanto concerne l’autonomia differenziata che presuppone una parità di partenza delle regioni che non c’è, sia per quanto concerne la riforma della giustizia che appare agli occhi del cittadino piuttosto come un tentativo di limare le unghie ai Pubblici Ministeri ed ai giudici attraverso una revisione dei reati contro la Pubblica Amministrazione che di semplificazione del sistema giustizia nell’interesse dei cittadini e delle imprese. I singoli e gli imprenditori, infatti, vorrebbero un processo civile rapido e, in sede penale, la tutela delle vittime dei reati. Di tutto questo non si vede niente. Si poteva, ad esempio, rendere omogenee le norme del processo civile, di quello amministrativo e del processo contabile. Nulla di tutto questo. Sembra, invece, che Giorgia Meloni di fatto favorisca una serie di situazioni conflittuali, come la più recente polemica con giornali e giornalisti che la criticano, la conflittualità con le istituzioni di garanzia, la Magistratura, la Corte dei conti, l’Autorità Anticorruzione, il rifiuto di votare Ursula von der Leyen, designata dal Partito Popolare Europeo, l’esposizione azzardata su temi internazionali, politici ed economici, del nostro Paese che non ha la possibilità di esprimere una forza politica, in ragione della sua appartenenza all’Unione europea ed alla NATO, e le possibilità finanziarie che alcune, pur buone idee, richiedono (il “Piano Mattei”).

La prudenza avrebbe consigliato maggiore realismo. Capisco il desiderio di passare alla storia portando a casa riforme nelle quali evidentemente crede e di marcare il ruolo dell’Italia nel contesto internazionale. Ma è evidente che così trova spesso ostacoli che mi ricordano tanto quelli che sul loro cammino hanno fatto inciampare uomini che hanno fatto la guerra a tutti, da Napoleone in poi e che alla fine hanno preso bastonate proprio perché, oltre agli avversari, è bene sempre avere anche qualche amico. Soprattutto bisogna essere consapevoli delle forze delle quali si dispone. Un generale che va allo scontro deve sapere se i suoi soldati sono adeguatamente armati, sono motivati e sanno combattere.

È il punto dolente dell’attuale maggioranza. Tutti abbiamo constatato l’estrema modestia della classe dirigente dei partiti di governo. Non voglio fare una graduatoria ma alcuni, in particolare, hanno a livello governativo e parlamentare esponenti senza esperienza e professionalità e, quel che è peggio, senza nessuna volontà, almeno apparente, di farsela. Così, tornando alla giusta preoccupazione di Veneziani comune a quanti di noi hanno sperato e visto con soddisfazione il successo del Centrodestra, il “pacco” al Governo rischia di essere confezionato al suo interno.

Ritengo da sempre sbagliato, di fronte alle difficoltà, accusare l’avversario. È il suo ruolo, la parte avversa ha il compito di creare problemi al governo. Il fatto è che questa maggioranza è arrivata al governo senza aver studiato adeguatamente nel corso della precedente legislatura. Si è presentata con idee molto confuse. Ad esempio, in materia di bilancio dello Stato, il motore delle politiche pubbliche che molti dissero di aver “trovato”. C’è da chiedersi cosa facessero all’opposizione. Per cui nelle giuste preoccupazioni di Marcello Veneziani vedo non tanto una presenza di poteri esterni ma il timore, per chi crede nel Centrodestra nelle sue varie articolazioni, che l’insuccesso di Giorgia Meloni chiuderebbe la partita con quella parte politica per molti anni. È anche quello che mostrano di temere Marina e Piersilvio Berlusconi che hanno manifestato l’intento di rinnovare Forza Italia negli uomini e nelle idee aprendo ai valori del centro liberale, sempre evocati e mai praticati. 

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