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Di chi sono le firme per il referendum sull’autonomia differenziata? Non solo delle Sinistre

di Salvatore Sfrecola

Di chi sono le 500.000 e più firme raccolte in funzione del referendum per l’abrogazione della “legge Calderoli” sull’autonomia differenziata? Elly Schlein, ovviamente, sostiene che sono state raccolte ad iniziativa del Partito Democratico e dei cespugli che lo circondano. E non è strano che anche Giorgia Meloni sostenga che quelle firme provengono dalla Sinistra. Lo fa perché vuole minimizzare il dissenso che, rispetto a quella iniziativa promossa e voluta dalla Lega, c’è nell’elettorato dei partiti di maggioranza. 

Come al solito la verità sta in mezzo. Non c’è dubbio che gran parte delle firme sia stata raccolta ad iniziativa del Partito Democratico ma è certo che hanno sottoscritto anche elettori del Centro e della Destra, soprattutto da quando è possibile partecipare all’iniziativa attraverso il voto elettronico. È molto semplice, lo abbiamo dimostrato e sappiamo che hanno invitato a votare non solo il movimento “Io voglio scegliere” patrocinato da Elisabetta Trenta, già Ministro della difesa, ma anche altri gruppi politici, circoli e associazioni che, in qualche modo, appartengono al mondo del centrodestra. Mi riferisco, in particolare, ai liberali dell’Associazione che fa capo al Professor Michele D’Elia ed a quelli che hanno dato luogo nei mesi scorsi al Centro Studi Storici Politici e Giuridici intestato a Vittorio Emanuele Orlando, un grande liberale, un grandissimo giurista, il fondatore della scuola italiana del diritto pubblico ispirato da ambienti monarchici che ruotano intorno a varie associazioni e sigle di questo mondo variegato che ritiene, anche sulla base dell’esperienza di altri paesi dell’Europa occidentale, che le Monarchie possano costituire una struttura moderna di espressione della identità di un popolo, soprattutto se inserito nell’Unione europea.

Detto questo, è evidente che il Centrodestra non deve sottovalutare l’apporto di questi ambienti alla raccolta delle firme. Sarebbe un errore che già è stato fatto in passato quando, ad esempio, si è votato a favore della riduzione dei parlamentari, un errore gravissimo, una scelta che per Giorgia Meloni ed altri del Centrodestra voleva evitare la critica di essere, come raccontavano i 5 Stelle, i difensori delle spese del Parlamento. Abbiamo constatato che le spese non sono diminuite che, invece, la rappresentatività di territori e di minoranze linguistiche è venuta meno e che quindi la democrazia ne ha sofferto molto.

In quell’occasione, avevo suggerito invano ai partiti di Centrodestra di lasciare liberi i loro elettori di scegliere. Sarebbe stata una decisione intelligente perché il tipo di scelta che accompagnava la riduzione dei parlamentari è tipicamente personale, non può essere in qualche modo acquisita al patrimonio di un partito, a meno che si immagini il partito come una caserma dove l’elettorato non può essere lasciato libero di scegliere su questioni fondamentali dell’ordinamento dello Stato.

Mi auguro che non facciano questa scelta nuovamente. Sarebbe un errore, un modo per allontanare ancora l’elettorato dai partiti perché probabilmente nelle urne, come hanno dimostrato altri referendum, gli italiani diranno liberamente quello che effettivamente pensano. Non solo i meridionali che si vedono in qualche modo discriminati, ma anche molti del nord che assistono ad amministrazioni molto disinvolte, come dimostrano frequenti inchieste giudiziarie concernenti fatti che, anche quando non integrano peculato e corruzione, mettono in evidenza sprechi intollerabili di denaro pubblico.

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