di Salvatore Sfrecola
È un azzardo, ne sono consapevole. Ma dubito molto sia fondato il grido d’allarme del direttore de “Il Giornale”, secondo il quale “l’asse giornali-sinistra-procure mette nel mirino” Arianna Meloni. “L’accusa? Il solito ‘traffico di influenze’”. Per la Premier “se fosse vero che ora sono passati alla macchina del fango e alla costruzione a tavolino di teoremi per sperare in qualche inchiesta fantasiosa contro le persone a me più vicine, a partire da mia sorella Arianna, sarebbe gravissimo”. E aggiunge, con riguardo al contesto politico particolarmente teso, “purtroppo reputo molto verosimile quanto scritto da Sallusti. D’altronde è uno schema visto e rivisto soprattutto contro Silvio Berlusconi, un sistema di potere che usa ogni metodo e ogni sotterfugio pur di sconfiggere un nemico politico che vince nelle urne la competizione democratica”.
Due osservazioni. Ritengo pericolosamente sbagliato il riferimento a Silvio Berlusconi. Il Cavaliere ha dedicato buona parte della sua vita politica ad attaccare a testa bassa la magistratura ed a promuovere leggi “ad personam” così creando, non con i giudici dei suoi processi ma con l’intero corpo dei magistrati un clima di contrapposizione, basato su accuse anche personali (“sono matti”) che non hanno giovato al clima di serenità che dovrebbe caratterizzare i rapporti tra le istituzioni. Berlusconi non era più solamente un imprenditore ma il Capo di un partito, un parlamentare, il Presidente del Consiglio.
Seconda osservazione. È verosimile che Arianna Meloni, che pure afferma di occuparsi “esclusivamente di partito”, sia stata contattata da chi ambisce a una nomina di competenza del Governo del quale Fratelli d’Italia è magna pars. Sarebbe naturale e non proverebbe di per sé l’esistenza di un qualsivoglia traffico d’influenze “illecite” che è caratterizzato, secondo l’art. 346-bis del Codice penale, da dazione o promessa di “denaro o altra pubblica utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio”.
Sembra, dunque, che l’ipotesi di Sallusti sia frutto di un teorema immaginato sulla base di alcune accuse mosse ad Arianna Meloni da alcuni politici, riprese da organi di stampa, secondo le quali la sorella della Premier si sarebbe interessata di nomine di competenza del Governo e qualche Procura della Repubblica sarebbe pronta ad indagare. Come nel ”sistema” delineato da Luca Palamara nel quale si realizzerebbe un concorso indebito di giornali, politici e magistrati “compiacenti”.
Gioverebbe molto alla democrazia se in materia di nomine di competenza politica ci fosse trasparenza sulle candidature e sulle scelte. Si eviterebbero i sospetti manifestati da Raffaella Paita, Maria Elena Boschi e Matteo Renzi, richiamati da Sallusti, e l’intervento de Il Giornale che se ne occupa non sembrerebbe un “mettere le mani avanti” ingenerando il sospetto che in fondo qualcosa di non trasparente ci sia in quelle nomine. Anche se non di rilievo penale ma semmai amministrativo.
Una sorta di “excusatio non petita”, come nel caso della denuncia di Guido Crosetto che ipotizzava indagini della magistratura di cui dopo non si è sentito nulla. Quindi non c’era nulla.
Auspico da sempre un clima di rispetto tra le istituzioni, capace di favorire ogni chiarimento sui rispettivi ruoli. Noto tuttavia una certa ostilità preconcetta nei confronti delle istituzioni di garanzia, dalla Corte dei conti all’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) alle magistrature.
Tutto questo non è “di destra”.