di Salvatore Sfrecola
“C’era una volta”, così iniziavano le favole che ci raccontavano da bambini per portarci in un mondo felice e virtuoso. E così dobbiamo ripetere oggi in altro contesto. C’erano una volta le “regole” del “buon governo” (povero Luigi Einaudi che vi ha dedicato un corposo volume!), che suggerivano alla politica, soprattutto a chi aveva responsabilità di governo, fra le varie attività virtuose, di continuare ad avvalersi della collaborazione di alti burocrati e magistrati amministrativi e contabili anche oltre il limite del pensionamento. Accade in tutto il mondo. Ha sempre riguardato pochissimi (si potevano contare sulle dita di una mano) che per esperienza e professionalità sembrava fosse necessario continuassero a svolgere funzioni di consulenza, spesso presiedendo uffici di staff con elevato ruolo politico, Capi di Gabinetto e di Uffici legislativi, consiglieri, giuridici o tecnici.
Poi la furia demolitrice del Presidente “rottamatore”, gabellata per “ricambio generazionale” (!), ha raggiunto il top dell’incompetenza con un divieto pressocché assoluto così privando il nuovo governo di chi sapeva davvero e, soprattutto, di chi lo attendeva. Autogol, dunque, per Giorgia Meloni ed i suoi ministri che, infatti, non avendo modificato la norma, si sono dovuti affidare ai “soliti noti”, già collaboratori di politici portatori di altri e diversi ideali, che li affiancano nella speranza e comunque in attesa di tornare a lavorare con i vecchi.
E così la norma della “legge Madia”, dal Ministro della pubblica amministrazione del Governo Renzi, l'art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, secondo il quale “è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni… di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza”, non è stata integralmente abrogata, come sarebbe stato necessario. Ma di fronte all’esigenza innegabile di avvalersi di qualche giovane pensionato illustre si è messo mano a modifiche parziali, sostanzialmente ad personam, a dimostrazione che è stato raggiunto un raro top in incompetenza.
E così la favola si arricchisce di un nuovo episodio denunciato da “Il Foglio” che, in un articolo a firma di Simone Canettieri, racconta di come il Ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ed il Vice Ministro, Maurizio Leo, hanno confezionato una norma ad personam per consentire ad un illustre loro collaboratore, alla vigilia della pensione, di continuare a lavorare nell’Ufficio di diretta collaborazione del Vice Ministro. Il giornale fa anche il nome e il cognome del “beneficiato”, persona di elevata professionalità, che stimo molto, e che dimostra che il divieto era sbagliato.
La vicenda merita comunque di essere annotata perché nasconde un problema vero, quello della scarsa attitudine di alcuni ministri e dei loro collaboratori a maneggiare le leggi ed a modificarle. Infatti, anziché abrogare la norma, inutile e dannosa, si è pensato di scrivere una deroga per gli “incarichi di vertice degli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche” (decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101). Una furbata, devono aver pensato. Eppure sarebbe bastato scrivere “agli incarichi negli uffici di diretta collaborazione“. Ma hanno dimenticato i vice. E così in un decreto-legge (il 15 maggio 2024, n. 112 che riguarda “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale”) hanno rimediato estendendo la deroga “agli incarichi dei relativi vice impegnati nella cura delle attività di vice Ministri dotati di delega di competenze per uno specifico intero comparto di materie”. delle autorità politiche”. Una deroga ad hoc per il caso del Vice Ministro dell’economia. La norma, tuttavia, facendo riferimento agli incarichi presso “vice Ministri dotati di delega di competenze per uno specifico intero comparto di materie”, lascia fuori i vice di altri ministri e vice ministri.
Un pasticciaccio, dunque, a dimostrazione di una confusione già rilevata, ad esempio con la conferma e la stabilizzazione dei nominati dai precedenti governi, evidentemente su input dei “soliti noti” che fa temere sulla navigazione di questo governo, che già ha avuto problemi con la magistratura amministrativa e con quella contabile, anche per vicende banali, col Consiglio di Stato per l’illegittima proroga delle concessioni balneari e con la Corte dei conti per il controllo concomitante sul progetti del PNRR scambiato per una verifica che avrebbe appesantito le procedure, anziché per una garanzia di legittimità degli atti. Infatti il decreto legge da ultimo richiamato che riguarda “Disposizioni urgenti per le imprese agricole…” deve essere giunto al Consiglio dei ministri, dove è certo che nessuno si è accorto dello svarione, dopo essere passato per qualche ufficio legislativo e, soprattutto, per il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio. E nessuno ha rilevato, mettendo in fila le norme, del pasticciaccio che stavano per compiere.
Non è l’unico caso, ovviamente.