di Salvatore Sfrecola
Non ci sfiora il dubbio che le parole di Elon Musk che vorrebbe cacciare i giudici che si sono pronunciati sulla vicenda degli immigrati in Albania provengano da Roma, neppure da qualche zelante amico del potere. Sarebbe una paurosa caduta di stile ed una gravissima dimostrazione di debolezza in una vicenda che già sta animando il dibattito politico e giornalistico con a tratti espressioni di grave disagio istituzionale.
Non c’è dubbio, come hanno osservato alcuni della maggioranza, in particolare il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi che si tratti di una grave intromissione in una vicenda nazionale, come il magnate americano aveva già fatto a proposito di osservazioni sul Cancelliere tedesco Olaf Scholz, definito senza mezzi termini “stupido”.
Indubbiamente la questione va vista sotto il profilo di una rozza mentalità, tutta statunitense, rappresentata visivamente dalle esibizioni di Musk sul palco accanto a Donald Trump, atteggiamento che non avrebbe avuto nessun finanziere o industriale europeo impegnato accanto ad un leader politico. Al di là dell’oceano vige una mentalità nella quale la ricchezza predomina sui valori, anche se il magnate si fa portatore di alcune idee.
Nella realtà italiana, proprio perché le dichiarazioni di Musk provengono da persona della quale la Presidente del Consiglio ostenta l’amicizia, esige una immediata presa di distanze, perché nessun intervento straniero può essere inserito in un dibattito tutto italiano, già molto sgradevole perché le reazioni alle iniziative dei giudici, subito dipinti come “toghe rosse”, nemici del governo, è un atteggiamento che in passato nessun politico ha mai avuto, anche in momenti di crisi fra politica e giustizia.
Ugualmente, dire che le pronunce erano annunciate perché qualcuno aveva espresso l’opinione che sarebbero state decise nello stesso modo successive vicende, dimostra i limiti di una classe politica che non comprende che se alcuni giudici sollevano una questione pregiudiziale i successivi, chiamati a pronunciarsi sullo stesso argomento, saranno naturalmente portati a seguire lo stesso indirizzo.
Vorrei poi dire che la materia della immigrazione e della considerazione del paese sicuro, ai fini delle determinazioni da assumere a proposito del rimpatrio, è obiettivamente complessa ed è una normativa che richiede una messa a punto interpretativa, perché non pare a me difficile considerare che il concetto di sicurezza di un paese non è quello, come sembrano affermare alcuni politici, del turista italiano che si reca lì in vacanza, ma della posizione individuale del soggetto che, in un regime non democratico e liberale, come noi conosciamo, possa correre dei rischi ad esempio per le sue idee politiche. Questo può valere per l’Egitto, che è un regime autoritario come dimostra il caso Regeni, e per la Russia che sicuramente la Farnesina non considera un paese non sicuro, come dimostrano i tanti dissidenti perseguitati. Da ultimo il mandato di cattura a carico di una giornalista italiana, Stefania Battistini, che faceva il suo dovere di corrispondente da una zona di guerra dimostra la fondatezza della mia tesi.
Questo per far comprendere a tutti che quando si fanno delle norme che incidono su situazioni giuridiche particolari e costituiscono una novità forse è necessaria una messa a punto che non c’è stata perché, escluso che il governo debba concordare coi magistrati una normativa, sarebbe stato comunque utile individuare un luogo di riflessione, un convegno, una tavola rotonda nella quale far emergere, anche rispetto ad una normativa in fieri, le opinioni di alcuni giuristi e giudici al di là delle pronunce che questi sarebbero stati chiamati ad adottare.
Posto che io non ho mai fatto mancare critiche durissime ai criteri interpretativi portati avanti da Magistratura democratica e convalidate da grandi personaggi ossequiati da tutti, come Paolo Grossi ex Presidente della Corte costituzionale il quale ha affermato che l’articolo 12 delle preleggi, che indica i criteri di interpretazione delle norme legislative, è una norma superata con grave lesione del principio di certezza del diritto, prendere di petto una parte della magistratura non è cosa buona e giusta, soprattutto non è iniziativa politicamente intelligente perché scatena un dibattito politico dal quale le istituzioni escono comunque con le ossa rotte.
Parte della politica probabilmente tiene conto del fatto che, nel corso del tempo, il prestigio della magistratura è notevolmente calato agli occhi dei cittadini. Ma questo non è responsabilità dei magistrati ma in gran parte della classe politica che mette a disposizione degli uffici giudiziari norme processuali che non è azzardato definire assurde, che rallentano i processi, per cui moltissimi procedimenti penali si concludono con l’accertamento dell’intervenuta prescrizione dei reati. Che se indubbiamente fa piacere all’imputato è una negazione della giustizia e molte volte un danno per la persona offesa dal reato.
Con la giustizia una classe politica che abbia il senso della responsabilità istituzionale e abbia una visione liberale dello Stato non dovrebbe mai entrare in conflitto. I giudici devono essere liberi di decidere sulla base delle norme che sono state previste dalla politica, quindi dal Parlamento, ma è stato sicuramente un errore politico gravissimo aver impostato l’attività di governo in aperto contrasto con i magistrati i quali è vero sono espressione di un potere dello Stato diverso dal potere governativo e parlamentare ma sono gli esperti del settore per cui andrebbero ascoltati come si ascoltano i medici, gli ingegneri, gli avvocati, i farmacisti i balneari e tutte le categorie che si vogliono riformare in qualche modo. Anche perché è troppo evidente agli occhi del cittadino che la politica pensa solamente a se stessa, da un lato eliminando l’abuso d’ufficio mentre i giornali sono pieni di notizie di fatti che si configurerebbero come abuso nella formulazione abrogata, dall’altro si fa guerra alla Corte dei conti che è l’istituzione deputata alla verifica della legittimità degli atti importanti dell’amministrazione e al recupero dei danni causati allo stato. Fatti che forse la politica considera saranno presto dimenticati dall’opinione pubblica. Sbagliando perché queste vicende sono come i tarli negli armadi della nonna che scavano all’interno del legno. Nella politica quei tarli fanno un’opinione che col tempo si farà sentire, che forse influenzerà scelte elettorali anche le non scelte. Perché l’assenza di troppi cittadini dalle urne significa lontananza dalla politica, dalle scelte della politica e solo qualche assurdo commentatore potrà dire che la gente non vota perché è contenta di come vanno le cose.