giovedì, Dicembre 5, 2024
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L’augurio del Presidente della Repubblica ai nuovi magistrati della Corte dei conti “garante imparziale” del buon governo

di Salvatore Sfrecola

Inevitabile un richiamo alla storia dell’Istituzione, “coeva all’unità d’Italia, con 160 anni di storia: la prima Magistratura dell’Italia unita con giurisdizione sull’intero territorio nazionale”, nel benvenuto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai referendari della Corte dei conti di nuova nomina, che hanno superato con successo gli ultimi due concorsi. Ricevuti al Quirinale, accompagnati dal Presidente della Corte, dal Procuratore Generale, dal Presidente Aggiunto, dai componenti del Consiglio di presidenza, dalla Presidente dell’Associazione magistrati e dai Presidenti delle commissioni di concorso, i nuovi magistrati, insieme ad “un saluto del tutto particolare, davvero intenso”, hanno ascoltato dal Presidente il richiamo al ruolo di una Istituzione “che ha saputo costantemente rinnovarsi, adattandosi alle sfide dei tempi nuovi, mutando forme e strumenti per il controllo in riferimento alle modifiche dell’organizzazione amministrativa e all’affermarsi di enti diversi dall’Amministrazione statale e territoriale; nonché di un gran numero di società a partecipazione pubblica”. Tutto questo nel quadro del “ruolo fondamentale della Corte dei conti, quale organo di rilevanza costituzionale, posto al servizio anche dello Stato-comunità e garante imparziale della corretta gestione delle risorse pubbliche, come più volte è stato ricordato dalla Corte costituzionale”. Considerato che la Corte dei conti è la Magistratura cui la Costituzione, all’articolo 100, garantisce “una particolare indipendenza” ha aggiunto Mattarella “con la sua preziosa articolazione territoriale, anche nello svolgimento delle funzioni ausiliarie che le sono affidate”.

Soggetta “soltanto alla legge” e alle “norme generali sulla giurisdizione, quali il diritto di difesa, di cui all’art. 24, e il principio di effettività della tutela giurisdizionale di matrice europea” la Corte dei conti – ha aggiunto Mattarella – si avvale oggi del Codice della giustizia contabile, entrato in vigore – come sapete assai meglio di me – nel 2016, che attribuisce espressamente a questa speciale giurisdizione “il compito di assicurarne piena ed effettiva tutela, secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo” nel rispetto del “principio del giusto processo”.

Quanto, poi, alla funzione di controllo il Presidente ha richiamato la peculiarità delle funzioni che la Corte svolge anche con riferimento all’art. 97 della Costituzione, “che impone alla pubblica Amministrazione il rispetto dei principi del buon andamento e dell’imparzialità, di cui la Corte dei conti costituisce il baluardo più immediato”. E, con riguardo ai giudizi di responsabilità, l’art. 28. Una funzione che “in questo particolare momento… deve confrontarsi con i fenomeni della cosiddetta paura della firma e della burocrazia difensiva, che la Corte costituzionale ha ritenuto meritevoli di considerazione da parte del legislatore nella sentenza recente del 16 luglio scorso”. Tra l’altro evidenziando “la complessità dell’ambiente in cui operano gli agenti pubblici, sia per l’individuazione delle norme da applicare al caso concreto in un sistema giuridico multilivello con fonti di provenienza diversa, sia per le difficoltà interpretative derivanti da una produzione normativa talvolta caotica, sia per l’inadeguatezza delle risorse che sono a disposizione dell’Amministrazione”.

Il Presidente si è detto certo che il Parlamento sarà in grado di “dettare una disciplina in grado di contemperare, nel rispetto del principio fondamentale, e irrinunziabile, di separazione tra potere giurisdizionale e potere amministrativo, l’esercizio imparziale ed efficace dei compiti che la Costituzione assegna alla magistratura contabile, con la salvaguardia dei principi, anch’essi di natura costituzionale, di buon andamento e di imparzialità dell’Amministrazione”. Nella consapevolezza che questi aspetti “sembrano dover trovare un temperamento nello stesso esercizio delle funzioni giurisdizionali dei magistrati della Corte dei conti, dove l’applicazione delle regole processuali e la considerazione dei precedenti giurisprudenziali non può prescindere dall’attenta considerazione del caso concreto”.

In chiusura il Capo dello Stato ha tenuto a sottolineare come questo incontro di auguri “avviene mentre è in corso l’esame del disegno della legge di bilancio” per ricordare che “la Corte, come sempre, ha fornito a Parlamento e Governo utili elementi tecnici di conoscenza e di valutazione, come organo terzo e indipendente, elementi ispirati a garantire il rispetto dei principi di stabilità finanziaria e di risanamento del debito nel quadro della governance europea.

Con un augurio finale ai neoreferendari “di svolgere i compiti che vi saranno assegnati, adesso e nello sviluppo della vostra carriera, quali magistrati consapevoli del vostro ruolo, della realtà sociale ed economica nella quale operate e dei riflessi che le vostre decisioni sono destinate ad avere sulle persone e sulle amministrazioni. E, come sovente mi appare opportuno ricordare e sottolineare, del rispetto dei limiti delle proprie attribuzioni, garanzia, allo stesso tempo, per tutti, della tutela della loro esclusiva attribuzione riservata dalla Costituzione rispetto ad altri poteri”. Attitudini che “non sono volte ad affievolire, ma, all’opposto, a rafforzare l’indipendenza che contraddistingue la magistratura, soggetta – ripeto – soltanto alla legge”.

Un discorso non di routine, in un momento nel quale prende avvio la l’esame, alla Camera, di una proposta di legge presentata dall’on Tommaso Foti, fino a ieri Presidente del Gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, divenuto Ministro e pertanto espressione rilevante della maggioranza di governo, che reca profonde modifiche alle attribuzioni di questa magistratura nella evidente trascuratezza che le attribuzioni della Corte dei conti italiana sono le medesime delle analoghe istituzioni superiori di controllo, secondo le indicazioni dell’International Organization of Supreme Audit Institutions (INTOSAI), che aderisce all’O.N.U., e funzionali alle esigenze di corrispondere alle richieste provenienti dalla Corte dei conti europea. E, quanto al recupero delle somme illegittimamente spese, le regole sono, oltre che nelle indicazioni dell’INTOSAI, nei regolamenti dell’Unione Europea. 

Del resto, sono secoli che chi è al governo vuole meno controlli di quelli che sollecitava quando era all’opposizione. Con i ruoli, cambiano anche le idee e gli ideali. Sempre. O quasi, perché ai tempi della destra liberale, Camillo di Cavour si diceva convinto della “assoluta necessità di concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un magistrato inamovibile”. E un altro straordinario statista, Quintino Sella, Ministro delle finanze, leader della Destra Storica, in occasione dell’inaugurazione della Corte dei conti del Regno d’Italia (che sostituiva le Corti degli stati preunitari), il 1° ottobre 1862, rivolgendosi ai magistrati affermava: “della ricchezza dello Stato… voi siete creati tutori”. Aggiungendo che “è vostro compito il vegliare che il Potere esecutivo non mai violi la legge; ed ove un fatto avvenga il quale al vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento”.

Altri tempi! Altra classe politica che evoca il “timore della firma” di funzionari e dirigenti incurante del fatto che con questa affermazione si offende la dignità professionale dei più che, con disciplina e onore, servono lo Stato, per difendere incapaci e disonesti, che sono quelli che, con macroscopica negligenza, imprudenza o imperizia, provocano danni alla finanza ed ai patrimoni dello Stato e degli enti pubblici, cioè danneggiano tutti.

Il Presidente non ha trascurato di richiamare alcune considerazioni della Corte costituzionale sulla “complessità dell’ambiente” in cui operano gli agenti pubblici, con un evidente richiamo al legislatore da tempo sempre meno capace di adottare norme chiare e sobrie, ma si è anche detto certo che il Parlamento sarà in grado di dettare norme che consentono alla magistratura l’esercizio delle sue delicate attribuzioni, anche di “matrice europea” in funzione del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione. Ed ha ricordato la funzione ausiliaria della Corte nei confronti del Parlamento e del Governo ai quali, sulla base dell’esperienza delle attività svolte, la Corte ha fornito elementi necessari per la valutazione della congruità delle proposte contenute nel disegno di legge di approvazione del bilancio di previsione per il 2025. 

Sulla stampa le parole del Presidente sono state interpretate da alcuni come un appello all’equilibrio “su entrambi i fronti. Quello delle toghe, che devono essere “garanti imparziali della corretta gestione delle risorse pubbliche”. E quello della politica, che vorrebbe sveltire procedure ritenute troppo occhiute e al limite del bizantinismo”, come scrive Marzio Breda, quirinalista principe, sul Corriere della Sera, una valutazione certamente da condividere. Parole che suggeriscono a c.ve., che ne scrive su La Repubblica, una analoga conclusione di appello all’equilibrio che per Il Tempo è indirizzato soprattutto ai giudici, mentre per Il Manifesto, a giudizio di Kaspar Hauser, il Presidente ha bacchettato la proposta di legge che elimina i controlli sui fondi di ripresa e resilienza. Come per Dagospia, che giudica il discorso di Mattarella “un’altra mazzata” a difesa della Corte dei conti mentre in Commissione giustizia approda il cosiddetto ddl Foti, “la riforma della Corte dei conti che svuota le funzioni della magistratura contabile (una vendetta del governo contro i giudici che hanno cazziato l’esecutivo su PNRR, balneari e fondi alla sanità). 

Più tecnico ovviamente il giudizio della Presidente dell’Associazione magistrati della Corte dei conti, Paola Briguori, che, intervistata da Francesco Grignanti per La Stampa, manifesta perplessità sulla proposta di riaccelerare nella procura generale ogni atto istruttorio con conseguente perdita di efficienza perché è certamente sbagliato “abbandonare il presidio di legalità sul territorio regionale, dato che molti investimenti del Pnrr passano di lì”. Una riforma meglio definibile “scudo tombale” aggiunge la Presidente Briguori, la quale ricorda come la responsabilità erariale “è direttamente legata al principio del buon andamento dell’attività amministrativa”. E conclude con un esempio di facile percezione: “era stata realizzata la rampa di accesso ad un ospedale per permettere alle ambulanze di raggiungere il Pronto Soccorso. Al collaudo, però, le ambulanze non passavano per la rampa. Questa è grave negligenza, colpa grave che non ha nulla a che fare con la paura della firma e che deve portare a un risarcimento perché è stata costruita un’opera inutile coi soldi della collettività. Con la riforma Foti la spesa inutile non sarà più risarcita”.

Una cosa è certa. Tra la destra liberale di Camillo di Cavour e Quintino Sella a quella di oggi c’è molta differenza. Infatti, molti sostengono che, questa, arbitrariamente si definisce destra.

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