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Il “silenzio cafone” della politica

di Salvatore Sfrecola

Il diritto conosce due forme di silenzio, il silenzio accoglimento e il silenzio rigetto, entrambi di facile intuizione, a seconda della reazione della pubblica amministrazione all’istanza di un cittadino. Passando alla politica, invece, ce n’é uno solo, il silenzio “cafone”, quello che contraddistingue gli esponenti dei partiti i quali, con straordinaria arroganza, non rispondono alle sollecitazioni dei cittadini, neppure con quelle frasi preconfezionate che ben conosciamo: “il tema è all’attenzione”, “la questione è stata rimessa all’ufficio competente”, “Le faremo sapere”.

Un tempo chi operava in politica sapeva di dover curare l’attenzione dell’elettorato di riferimento. E comunque aveva una sorta di rispetto per le persone, retaggio probabilmente di una società che riconosceva il merito ed era animata da una attenzione per l’altro, forse per l’educazione cattolica diffusa.

Oggi viviamo in un periodo storico nel quale la classe politica non è selezionata sulla base del corrispondente consenso del corpo elettorale. Infatti, mentre a livello comunale e regionale permangono forme di scelta, nel caso dei partiti presenti in Parlamento l’elezione avviene sulla base della posizione che al candidato è stata attribuita dal partito, più esattamente dalla segreteria del partito, in sede di composizione delle liste elettorali.

Ricordo Giulio Andreotti, al quale i cittadini del suo collegio elettorale davano centinaia di migliaia di voti, rispondere puntualmente alle sollecitazioni degli elettori e financo agli auguri con biglietti che vergava di suo pugno in ogni sua parte. Compilava anche la busta, che avrebbe potuto benissimo delegare alla sua segreteria. Ugualmente Remo Gaspari, esponente di primo piano della Democrazia Cristiana, al governo e in Abruzzo, sempre presente in ogni circostanza nel suo collegio. L’ho incontrato, ormai anziano, pochi mesi prima che morisse, in una chiesa di Vasto dove si celebrava un matrimonio.

Si potrebbero fare anche altri esempi di personalità della politica che non facevano mancare la loro attenzione nei confronti dell’elettore, anche generica, anche di routine, anche predisposta dalla Segreteria.

Siamo alla vigilia delle festività di fine anno e certamente vedremo un’altra cafonata senza appello, quella degli auguri inviati con un cartoncino arricchito con qualche immagine, spesso sacra, e da una frase, più o meno aulica, con la firma in corsivo ma stampata a colori per sembrare vera. Chi mi insegnò di controllarne con un dito inumidito l’autenticità mi fece vedere che, alla prova negativa, archiviava direttamente il cartoncino e… il suo autore.

È proprio una questione di cattiva educazione, perché una firma non impegna molto. Si può farne una sintetica sotto quella stampigliata. Tutte attività che possono essere delegate alla Segreteria. Trascurare questi piccoli accorgimenti è espressione di noncuranza per l’altro. Una autentica cafonata.

In proposito voglio ricordare l’esperienza fatta come Capo di Gabinetto del Vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini per il quale l’ufficio predisponeva risposte ai cittadini che chiedevano chiarimenti o sollecitavano iniziative di carattere politico o amministrativo. Ricordo che il Vicepresidente sulle prime mi sollecitò ad evitare di preparare una risposta per una persona che aveva messo in indirizzo, non ricordo sul quale argomento, ben nove autorità. Mi permisi di osservare che sicuramente le altre otto non avrebbero risposto. Fini si convinse e ricevette una risposta di apprezzamento.

Avevo l’abitudine di far firmare al Vicepresidente le lettere di contenuto positivo riservando a me quelle con le quali si dava notizia che l’on. Fini, pur avendo apprezzato l’istanza, la stessa non era praticabile.

Così fu un giorno quando una persona scrisse dicendo che riteneva opportuno che all’interno della bandiera nazionale, nello spazio bianco fosse disegnata la sagoma dell’Italia, lo stivale. Naturalmente è una cosa che non si può fare perché le caratteristiche della bandiera sono individuate dalla Costituzione all’art. 12 “verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Preparai per questa persona una risposta con gli apprezzamenti del Vicepresidente per l’evidente amore per la Patria che si voleva raffigurare nella sua connotazione geografica concludendo che non si poteva fare senza una modifica della Costituzione.

Quella persona aveva scritto anche ad altre autorità, compreso il Presidente del Senato. Nessuno gli aveva risposto. Tornò quindi alla carica scrivendo che solamente il Capo di Gabinetto del Vicepresidente gli aveva risposto. Sicché il collega collaboratore del Presidente di Palazzo Madama chiese di sapere cosa avessi scritto. Niente di straordinario. Solo attenzione per un cittadino.

Ricordo un’altra occasione con molta simpatia. Un ragazzo aveva invitato il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il Vicepresidente Gianfranco Fini alla sua festa dei 18 anni La Segreteria mi suggeriva di preparare un telegramma di quelli consueti in queste circostanze. Io pensai invece di predisporre una lettera, a firma del Vicepresidente, che augurava al giovane che si avviava, con la maggiore età, ad assumere una responsabilità quale cittadino e lavoratore, di raggiungere gli obiettivi di studio e professionali desiderati. Con l’occasione suggerii alla Segreteria, che aveva a disposizione una serie di orologi di modesto valore ma con indicazione dell’ufficio del Palazzo Chigi, di inviarne uno al giovane.

Tempo qualche giorno ricevemmo un ritaglio di un giornale locale che scriveva della festa dei diciotto anni del ragazzo con una foto che lo ritraeva mentre mostrava l’orologio con una didascalia ”me lo ha regalato Fini. Ma Berlusconi non mi ha risposto”.

Ugualmente Fini inviava messaggi di saluto a convegni e congressi ai quali non poteva partecipare. Insomma curava la massima attenzione per chiunque si rivolgesse a lui, con sobrietà, ma con riferimento puntuale alle occasioni.

Nel corso del governo 2001-2006 l’Ufficio, Gabinetto e Segreteria, ha corrisposto con oltre cinquantamila note e lettere di vario contenuto. A volte anche con attenzione a pratiche amministrative incastrate nei grovigli burocratici.

Sempre per rispetto delle persone.

Un’abitudine di tutta una classe politica, che nel frattempo, i più hanno smesso di coltivare.

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