La riforma della Corte dei conti, così come è prevista dal disegno di legge Foti rischia di togliere alla magistratura contabile ogni strumento per controllare la spesa pubblica. Lo spiegano tre magistrati: Antonio Giuseppone, Procuratore regionale della Corte dei Conti della Campania, Ferruccio Capalbo e Raffaella Miranda, entrambi Vice procuratori generali della Corte dei Conti della Campania. Le novità che vuole introdurre il governo realizzerebbero di fatto una sostanziale impunità per chi amministra i soldi pubblici estendendo ulteriormente una serie di tutele per funzionari e dipendenti che la legge prevede. Ecco perché.
Cominciamo subito con una domanda diretta al Procuratore regionale: perché non siete contenti della riforma della Corte dei Conti che propone il Governo?
Giuseppone: Più che contenti o scontenti, il punto è che siamo invece molto preoccupati, innanzitutto come cittadini, oltre che come magistrati, in quanto con questa riforma si priva di ogni incisività la magistratura contabile, che rappresenta l’unico strumento di tutela, nell’interesse dei cittadini, contro gli sprechi delle risorse pubbliche raccolte anche mediante il pagamento delle tasse, come prevedono gli artt. 100 e 103 della Costituzione.
Qual è il pericolo che intravedete?
Giuseppone: Volendo spiegare la cosa in parole semplici, si toglie alle Procure contabili ogni strumento per impedire in modo serio e reale che i soldi pubblici vengano spesi in modo inutile o illecito; si elimina la possibilità di ottenere una condanna del dipendente pubblico o dell’amministratore che non esegue in modo corretto e diligente il suo lavoro, che crea disservizi a danno dei cittadini gestendo, ad esempio, con disinteresse l’erogazione di servizi oppure del soggetto privato che fruisca di ingenti finanziamenti pubblici non utilizzandoli poi in modo corretto per lo scopo di interesse pubblico per cui sono stati assegnati (ad esempio per realizzare impianti sciistici o per realizzare un laboratorio medico o altro), provvedendo solo ad arricchire sé stesso.
In realtà si legge nelle relazioni al ddl che lo scopo sarebbe quello di efficientare l’azione della Corte dei Conti, in quanto ad oggi sembra che recuperi percentuali bassissime rispetto all’ammontare dei risarcimenti oggetto di condanna. Secondo questa tesi, si garantisce in pratica una sorta di impunità di fatto: ti condanno a risarcire il danno, ma tanto poi si riscuote poco o nulla.
Giuseppone: La sua domanda consente finalmente di fare chiarezza su informazioni non corrette che continuano a circolare e che purtroppo sono poste anche alla base di un ddl così importante per il nostro Stato democratico. Va chiarito che la Corte dei Conti, cioè la magistratura contabile – perché la Corte dei Conti, per espresso disposto della Costituzione, è una magistratura – non ha per legge la funzione di fare eseguire le proprie sentenze di condanna. Questa funzione il legislatore l’ha rimessa in capo alle stesse amministrazioni danneggiate, che dovranno imporre l’effettivo pagamento al dipendente o amministratore riconosciuto con sentenza autore del danno e condannato a risarcirlo.
Cosa può fare allora?
Giuseppone: La magistratura contabile non ha alcun potere diretto in proposito, ma soltanto un potere di monitoraggio sullo stato di esecuzione delle sentenze di condanna emesse dalla Corte dei Conti. Al massimo si potrà perseguire il dirigente del Comune che, pur avendo il compito di agire per ottenere il pagamento della condanna, ad esempio nei confronti del suo sindaco, non lo faccia e passino 10 anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna senza che attivi mai formalmente la richiesta. Solo in questo caso, dopo dieci anni, la Corte ha il potere di agire nei confronti dei dirigenti che avrebbero dovuto chiedere quelle somme e invece hanno fatto prescrivere il diritto di credito.
Mi faccia capire meglio: io, sindaco del comune, sono condannato a risarcire al Comune stesso un danno che ho prodotto perché ho gestito male il denaro che i cittadini hanno messo a mia disposizione pagando le tasse. Tuttavia, dovranno essere gli stessi miei dirigenti, magari che ho nominato io, a dovermi chiedere di pagare e, se non lo faccio, agire nei miei confronti per costringermi a pagare? Se nessuno fa niente, la magistratura contabile non può intervenire?
Giuseppone: Esatto, nessuno può intervenire, almeno finché il credito portato dalla sentenza di condanna non si prescrive. Solo l’amministrazione, titolare del credito risarcitorio (e non il pubblico ministero contabile) può agire in tal senso, in quanto il legislatore non ha mai voluto attribuire alla Corte dei Conti il processo esecutivo per il giudizio di responsabilità, mentre lo prevede per quello pensionistico innanzi alla Corte stessa, mediante il giudizio di ottemperanza. A questo punto, sostenere che la Corte è inefficiente perché non recupera è palesemente errato, perché la Corte non ha potere di recuperare coattivamente, di fare eseguire le proprie sentenze di responsabilità. Ora, appare evidente anche un’altra considerazione.
Quale?
Giuseppone: Se la realtà dimostra, come sostiene la relazione al ddl in questione, che non si recuperano i risarcimenti riconosciuti dalle sentenze di condanna della Corte dei Conti, vuol dire che inefficiente è l’amministrazione e i relativi dirigenti e amministratori, non la magistratura contabile. A questo punto, limitare ancora di più, attraverso questa riforma, la responsabilità di quegli stessi soggetti che già oggi, pur condannati, non pagano (così come di quelli che dovrebbero agire per eseguire le sentenze di condanna della Corte dei Conti), significa togliere ogni remora per chi voglia approfittare del denaro pubblico (ovvero delle risorse provenienti dal pagamento delle tasse), per gestirlo, nella migliore delle ipotesi, con disinteresse, se non addirittura alimentando il clientelismo, potendo disporre a proprio piacimento di grandissime risorse pubbliche con la pressoché certezza di rischiare poco o nulla dal punto di vista della responsabilità amministrativa.
Va bene, ma converrete che talvolta le condanne sono talmente elevate sotto il profilo del risarcimento richiesto, che la sola possibilità che accada frena il dipendente pubblico e induce effettivamente la “paura della firma”.
Capalbo: Altro slogan, questo totalmente infondato, sul quale si sta costruendo la riforma della più antica magistratura d’Italia. A questo proposito, ci sia consentito di illustrare in poche battute in cosa consista la responsabilità amministrativa per danno erariale che grava sugli amministratori e dipendenti pubblici. Costituisce un principio basilare della nostra società che chiunque causi un danno a un altro soggetto sia obbligato a risarcirlo. Lo stesso principio si applica anche agli amministratori e dipendenti pubblici che gestiscono beni e denaro non propri, ma dell’Amministrazione per la quale lavorano e quindi, in ultima analisi, dello Stato (ossia di tutti i cittadini). Nello svolgimento di tale attività, potrebbero causare un danno erariale non gestendo correttamente i beni e il denaro pubblico loro affidato, con necessità di risarcire la propria Amministrazione di tale danno. Tuttavia, il legislatore, proprio per evitare il timore di agire, con il rischio di paralisi dell’attività amministrativa, ha introdotto da tempo, in favore degli amministratori e dipendenti pubblici, degli strumenti di tutela che non esistono nella normale responsabilità civile per danno.
Quali?
Capalbo: è sufficiente leggere l’art. 1 della L. 14 gennaio 1994 n. 20, che regolamenta l’azione di responsabilità per danno erariale. Tale norma prevede, in favore degli amministratori e dipendenti pubblici che causino un danno all’Erario (ossia a tutti noi), delle importanti garanzie che non esistono nella normale responsabilità civile per danni a terzi: la limitazione della responsabilità per danno erariale al solo dolo o colpa grave (il privato risponde per danni a terzi anche per colpa lieve); l’esenzione da responsabilità quando il fatto dannoso tragga origine da un atto registrato dalla Corte dei Conti in sede di controllo preventivo, seppure limitatamente ai profili presi in considerazione nell’esercizio del controllo; la trasmissibilità agli eredi del danno solo nel caso di illecito arricchimento del dante causa e conseguente indebito arricchimento degli eredi (a differenza di quanto previsto nel codice civile, dove l’erede subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del suo dante causa, senza alcuna limitazione); il potere di riduzione dell’addebito da parte del giudice contabile (possibilità inesistente nel codice civile, dove se il cittadino causa a terzi un danno di 100, viene condannato a pagare 100); la necessità per il giudice contabile, nel momento in cui pronuncia una sentenza di condanna nei confronti dell’amministratore o dipendente pubblico, di valutare i vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, da altra amministrazione, dalla comunità amministrata (possibilità non prevista nella responsabilità civile); la solidarietà passiva soltanto nel caso di condotte dolose (altra particolarità rispetto alle regole del codice civile). Dal predetto quadro sintetico emerge che, contrariamente a quanto viene divulgato, l’amministratore e il dipendente pubblico sono già ampiamente tutelati quando gestiscono la cosa pubblica.
Negli ultimi anni, inoltre, sono state introdotte anche altre tutele.
Capalbo: Nonostante questo, il legislatore, all’indomani dello scoppio della pandemia da Covid-19, ha previsto una ulteriore agevolazione per l’amministratore e il dipendente pubblico, escludendo la responsabilità di questi soggetti nel caso di danni erariali cagionati con condotte gravemente colpose o negligenti. Tale norma, originariamente giustificata per arginare la cosiddetta “paura della firma” (e consentire all’apparato statale di continuare a funzionare nonostante la pandemia), è stata più volte prorogata fino al 30 aprile 2025. Secondo una certa opinione, difatti, gli amministratori e dipendenti pubblici sarebbero terrorizzati dalla possibilità di essere chiamati a rispondere davanti alla Corte dei Conti dei danni da loro cagionati nello svolgimento delle loro funzioni, gestendo denaro e beni pubblici.
Ma la paura della firma è reale?
Capalbo: Su quest’ultimo aspetto, ci permettiamo di fornire alcuni dati ufficiali che dimostrano in maniera inconfutabile che la “paura della firma” è pura invenzione. Nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 della Corte dei Conti, il procuratore generale ha fornito i numeri delle citazioni e delle archiviazioni emessi nel 2023 da tutte le Procure contabili esistenti in ogni Regione. Si tratta di 1.061 atti di citazione a fronte di 22.647 fascicoli archiviati, con un rapporto del 4,47% delle citazioni sul totale dei fascicoli istruttori definiti. Ciò vuol dire che le Procure regionali della Corte dei Conti valutano con estrema attenzione e puntualità la sussistenza di tutte le condizioni per poter avviare un giudizio di responsabilità e, nei casi dubbi, procedono all’archiviazione immediata. Senza “terrorizzare” nessuno. Inoltre, va chiarito che attraverso provvedimenti legislativi spot, privi di ogni approfondimento istruttorio, nati in modo estemporaneo sull’onda emotiva del momento o sulla base di interessi di parte, si è limitata in moltissimi casi concreti la responsabilità per danno erariale al solo dolo o addirittura si sono proprio sottratte alcune categorie di personale alla responsabilità contabile. Va dunque ribadito a chiare lettere che già oggi non tutte le categorie di dipendenti e amministratori rispondono della responsabilità per danno erariale e taluni rispondono solo per dolo e non per colpa grave o gravissima.
Mi potete fare un esempio?
Capalbo: Innanzitutto rileva l’esonero da responsabilità per danno erariale per gli amministratori componenti di organi collegiali (ad es. le giunte municipali, i consigli comunali) per i quali è previsto che in caso di danno erariale derivante da atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi, la responsabilità non si estenda ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione. Si tratta di uno “scudo” tutto sommato ragionevole, in quanto i titolari di organi politici possono non avere una competenza tecnica e magari non essere esperti giuristi sulle materie nelle quali deliberano (si pensi ad esempio alla materia urbanistica) ed è giusto che si affidino al parere tecnico che viene apposto dai dirigenti, che invece risponderanno del danno erariale provocato con quell’atto, cioè del cattivo uso dei soldi della collettività a causa di una grave ignoranza della materia, in quanto non si sono aggiornati o hanno agito con disinteresse. Vi sono però tante altre previsioni di esonero o limitazione dalla responsabilità erariale francamente incomprensibili.
Per esempio?
Capalbo: Il danno erariale e la responsabilità contabile, diversamente da quanto sostenuto da qualcuno, non è materia difficile da comprendere e sterile, ma viceversa è materia viva, intuitiva, in quanto attiene alla gestione delle risorse della collettività per rendere servizi, per garantire una organizzazione della macchina amministrativa in grado di offrire un servizio efficiente e così migliorare il livello della qualità della vita dei cittadini. Un esempio potrà essere illuminante: lei, come tutti noi, paga il canone della Tv con la bolletta della luce e finanzia la RAI che è, in pratica, la Tv di Stato, la Tv pubblica. Credo, allora, che lei, come tutti noi, sia interessato a conoscere come la RAI venga gestita con i soldi nostri, come vengano spesi e se vengano rispettate le leggi. Tutti coloro che impiegano del denaro in qualcosa hanno diritto di conoscere come viene utilizzato ed eventualmente hanno il diritto di essere tutelati se utilizzato male o nell’interesse egoistico di pochi. Ebbene, deve sapere che dopo alcune azioni della Procura contabile contro palesi sprechi di denaro pubblico imputabili al management della RAI, il legislatore ha sottratto gli stessi alla responsabilità contabile (con l’art. 3, comma 1, della L. 220/15).
Quindi cosa succede?
Capalbo: Oggi, ove il management della RAI dovesse gestire malissimo, per interesse egoistico e personale, le risorse provenienti dal canone che tutti noi paghiamo, il pubblico ministero contabile (che agisce nell’esclusivo interesse della legge e della collettività) non potrebbe fare nulla! Come può vedere, la responsabilità contabile è materia viva che impatta in modo concreto sulla vita quotidiana dei cittadini. Altro caso di esonero da responsabilità contabile è previsto in una materia di grandissimo interesse quale è la gestione dei servizi pubblici: pensi al servizio di raccolta dei rifiuti, per il quale la collettività, cioè tutti i cittadini, paga tasse elevatissime; oppure la gestione del servizio idrico, delicatissimo essendo l’acqua un bene primario. Ebbene, è previsto per legge che l’azione di responsabilità per danno erariale non si eserciti nei confronti degli amministratori locali per la mancata copertura minima del costo dei servizi, consentendo anche una gestione in perdita e poco efficace, senza che per questo l’amministratore possa rispondere dello scarso servizio reso.
Ritenete dunque che il quadro normativo esistente già garantisca degli scudi erariali. Tuttavia, il ddl Foti ripristina la responsabilità per colpa grave, limitando la responsabilità al dolo solo in pochi casi come, ad esempio, per le mediazioni e conciliazioni in materia tributaria. Sembra allora che il legislatore non sia così lontano dalla vostra idea.
Miranda: In realtà il ddl Foti contiene una previsione che varrebbe, se approvata, a disinnescare totalmente l’istituto della responsabilità amministrativa, la sua efficacia e ragion d’essere, con il rischio del moltiplicarsi di gestioni negligenti. È vero che si ripristina la responsabilità anche per i casi di grave negligenza e colpa, ma, nel contempo, si pone un tetto massimo (oltretutto non particolarmente significativo) al risarcimento cui può essere condannato l’autore del danno erariale; si prevede come obbligatorio che il giudice comunque, in sede di condanna, riduca quel tetto (potere riduttivo) e si impone, infine, l’assicurazione obbligatoria dei dipendenti contro l’eventuale responsabilità erariale, ma a spese dell’amministrazione.
Perché ritenete sia negativo? Si incentivano e rassicurano in questo modo i dipendenti che lavoreranno senza paura.
Miranda: Come abbiamo già chiarito, gli amministratori e dipendenti pubblici sono già ampiamente tutelati (rispetto ai privati cittadini) per i danni che dovessero cagionare alla Pa con le loro condotte. Pertanto, non si comprende per quale ragione il legislatore abbia sentito l’esigenza di elaborare questo disegno di legge che impatterebbe in maniera estremamente negativa sull’attuale assetto della responsabilità amministrativa per danno erariale. Con questo disegno di legge, in sostanza, si giunge a sistematizzare l’assenza di responsabilità in un ordinamento, quello della Pa, dove si gestiscono miliardi di euro derivanti dal pagamento delle tasse da parte dei cittadini. Si legittima anche il dipendente che non si aggiorna, rimane ignorante, incompetente, disinteressato, superficiale e che nell’agire non rispetti il pubblico interesse.
Cosa rischia quindi un dipendente?
Miranda: Ben poco, dal punto di vista del risarcimento del danno, poiché tutte le condotte causa di spreco di denaro pubblico rimarranno sostanzialmente impunite, godendo di un tetto massimo alle somme cui può essere condannato, limitandolo a un importo risibile rispetto alle risorse gestite e per di più schermato dall’assicurazione a spese dell’amministrazione. Il rischio è che i dirigenti pubblici potrebbero non essere più a servizio della collettività ma a servizio di altri interessi, ovvero permeabili alle influenze esterne che potrebbero portare ad azioni negligenti o sprechi di denaro, dato che quei dirigenti non rischiano più nulla, non esistendo più una Procura che può intervenire efficacemente.
Quindi i casi in cui si potrà agire saranno sempre meno?
Miranda: Se a questo aggiunge anche che, con un recente emendamento, si vogliono eliminare le sedi della Corte dai territori regionali e assoggettare i procuratori al volere di un unico procuratore generale, si giunge a una eliminazione di fatto del presidio di legalità rappresentato dalla magistratura contabile e dalla relativa procura. Anche nei rarissimi casi nei quali si potrà agire, la concreta azione dipenderà dal volere di un unico procuratore generale, con buona pace della indipendenza e terzietà dei magistrati costituzionalmente garantita.
Volete dire, dunque, che si è andati ben oltre il tentativo di arginare la cosiddetta “paura della firma”?
Miranda: Abbiamo fornito prove sufficienti per affermare che la “paura della firma” è una pura invenzione e che, pertanto, qualsiasi ipotesi normativa giustificata con tale paura inesistente parte da un presupposto errato. Non c’è dubbio che un sistema non possa essere esclusivamente sanzionatorio e tale da spaventare chi vi lavora con prospettive di perseguibilità oggettive, a prescindere, cioè, dall’elemento soggettivo. Ma questo non è il caso della responsabilità amministrativa per danno erariale. Il limite della colpa grave già funzionava, colpendo solo le condotte davvero negligenti, marcatamente disinteressate e/o ignoranti, e non contestando a nessuno danni cagionati da condotte semplicemente colpose o negligenti, come dimostrano inequivocabilmente i dati ufficiali che abbiamo prima ricordato.
Che messaggio passerebbe, quindi, con le nuove norme?
Miranda: Chi non perseguirebbe coloro che, avendo ricevuto la gestione del proprio denaro, lo vedano sprecato con azioni palesemente negligenti o con condotte palesemente incapaci? Perché noi cittadini dovremmo accettare che chi gestisce il nostro denaro possa essere chiamato a rispondere della cattiva gestione soltanto in casi limitati e per somme risibili? Prevedere un tetto al risarcimento del danno, imporre comunque l’obbligo per il giudice di ridurre quella somma e prevedere un’assicurazione a spese dell’amministrazione (e non dell’amministratore o dipendente pubblico) potrebbe essere interpretato come un messaggio del tipo: si può sprecare il denaro pubblico anche con condotte connotate da colpa gravissima, tanto non si risponderà o si risponderà in modo assolutamente limitato. E allora crede che ancora valga parlare di “paura della firma”? Oppure forse dovremo parlare ormai di paura dei dirigenti che firmano?
In che senso paura dei dirigenti che firmano?
Miranda: Nel senso che, non avendo più alcuna remora, alcun incentivo a prepararsi, aggiornarsi, a gestire e respingere qualsiasi sollecitazione interna ed esterna, potrebbero essere tentati dal bieco clientelarismo e potrebbero non avere più timore di sprecare le nostre risorse, firmando qualunque cosa.
Dunque rimane il giudizio negativo per il ddl Foti e relativi emendamenti?
Giuseppone: Nella nostra Costituzione vige il principio della separazione dei poteri. Spetta pertanto al legislatore formulare disegni di legge. Tuttavia, per rispondere a questa domanda, in tutta franchezza riteniamo che il ddl proposto possa costituire un enorme passo indietro dello Stato nella tutela della legalità, con il rischio di danneggiare la collettività, poiché indebolisce l’unico presidio di tutela contro gli sprechi delle risorse pubbliche, ossia la Corte dei Conti.
I dubbi sul ddl però non sono ancora finiti.
Giuseppone: Desta preoccupazione una ulteriore previsione nell’ambito del ddl Foti, ovvero l’eliminazione della responsabilità per colpa grave nel caso di conclusione di procedimenti di accertamento con adesione, di accordi di mediazione, di conciliazioni giudiziali e di transazioni fiscali in materia tributaria.
Cosa significa?
Giuseppone: Significa, cioè, che il dipendente pubblico che decida di notificare accertamenti con adesione o accordi di mediazione, cioè eserciti il potere impositivo di tributi e tasse agendo con gravissima colpa, negligenza, imprudenza, imperizia, non risponde di danno erariale, non risponde degli affanni che avrà ingiustamente arrecato al cittadino onesto formalizzando richieste indebite. Ma questo la collettività lo ha compreso? Consideri che ad oggi è già legge l’esonero da responsabilità contabile e quindi da danno erariale in caso di colpa grave per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione per le omissioni, le irregolarità e i vizi verificatisi nello svolgimento dell’attività di riscossione. In pratica, se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione la coinvolge per colpa grave in un procedimento di riscossione di tasse che lei o qualunque altro cittadino non deve pagare, tutti i danni che saranno stati arrecati a lei o al cittadino, la Procura erariale non potrà richiederli a quel dipendente dell’agente della riscossione che avrà agito con colpa gravissima. Con il ddl Foti si chiuderebbe un cerchio, esonerando da responsabilità contabile per colpa grave la gestione della materia tributaria sia nella fase dell’imposizione sia in quella dell’esecuzione (cartelle di pagamento).
Ed in relazione invece alle modifiche sui controlli, altra funzione della Corte dei Conti, che il ddl Foti introduce, cosa mi potete dire?
Miranda: Anche in relazione a queste modifiche, purtroppo non possiamo non evidenziarne le criticità. In sintesi, sul fronte dei controlli sono previste tre importanti novità. La prima: l’esenzione da responsabilità per colpa grave tutte le volte in cui un atto delle amministrazioni centrali superi positivamente il controllo preventivo di legittimità, ma non solo – come previsto attualmente – per i profili sottoposti all’esame, ma per ogni altro profilo di legittimità anche non espressamente scrutinato dalla Sezione e, addirittura, per ogni altro atto o documento ad esso connesso, anche se mai effettivamente controllato dalla Corte dei Conti. In tal modo si crea uno scudo tombale, un’esenzione generale dalla responsabilità erariale senza garantire alcuna legalità, ma puntando sull’impossibilità che il numero attuale di magistrati riesca ad assolvere alle richieste di controllo; con l’aggravante che, ove invece si riesca ad avviare il controllo preventivo nel termine, eventuali istruttorie integrative (normalmente necessarie) allungheranno i termini e si creerà un ingorgo di atti e un rallentamento dell’azione amministrativa.
Quali sono le altre modifiche?
Miranda: Seconda modifica: si introduce un controllo preventivo “a domanda” da parte di regioni, province autonome e degli enti locali, sempre su provvedimenti di aggiudicazione, anche provvisori, ovvero i provvedimenti conclusivi delle procedure di affidamento che non prevedono l’aggiudicazione formale, relativi – questa volta – ai contratti di appalto di lavori, servizi o forniture, attivi o passivi, e anche ai contratti di concessione, finalizzati all’attuazione del PNRR e del PNC, di importo superiore a una determinata soglia. Non solo questa facoltà viene estesa a ogni altro soggetto attuatore del PNRR e del PNC nel rispetto delle previsioni dei rispettivi ordinamenti, e quindi a soggetti privati, ma con gli effetti previsti per gli atti delle amministrazioni centrali. Quindi non solo è il soggetto controllato a decidere quali e quanti atti sottoporre a controllo, ma può decidere di farlo al solo scopo di conseguire una esenzione totale di responsabilità sulle attività connesse al PNRR e PNC.
Ci sono altri cambiamenti?
Miranda: Terza novità: l’aumento degli atti sottoposti al controllo preventivo di legittimità. In tal modo si ottiene un arretramento dell’evoluzione degli ultimi trent’anni, in cui si è gradualmente predicata la necessaria eliminazione del sindacato sui singoli atti in favore di un controllo e/o di un sindacato sul risultato. Inoltre, nella riforma, per ovviare alla evidente e probabile paralisi dell’azione amministrativa, si è previsto un termine di 30 giorni (anziché i 60 attuali), scaduto il quale matura il silenzio-assenso. In questo modo, si deresponsabilizza il funzionario negligente, rendendolo immune da qualsiasi illegittimità commessa e connessa a quell’atto in quanto non controllate per lo scadere del termine perentorio.
Che ne pensate di quanto da ultimo è stato denunciato sulla stampa in merito alla posizione di alcuni parlamentari chiamati a decidere sulla riforma della Corte dei Conti nonostante siano stati condannati dalla stessa per danno erariale?
Capalbo: Riteniamo che la funzione legislativa debba essere svolta nell’interesse della collettività con valutazioni oggettive, libere da pregiudizi, animosità o interessi di parte. A maggior ragione quando il legislatore intenda riformare pesantemente la più antica magistratura italiana. Prendiamo atto di quanto appreso dalla stampa, ma confidiamo nell’assoluta onestà intellettuale di tutti i nostri parlamentari, anche se, maliziosamente, si potrebbe adombrare il sospetto di una certa parzialità in negativo che possa affliggere coloro che si trovino a proporre e votare una riforma nei confronti di una magistratura dalla quale sono stati giudicati e condannati al risarcimento di un danno erariale, specialmente laddove rappresentino anche un nutrito numero, come nel caso in questione.
(Antonio Pagliano)
*Da “il Sussidiario.net – il quotidiano approfondito”