Site icon Un sogno Italiano

L’Azzeccagarbugli e la politica

 di Salvatore Sfrecola

Alla fine, come nel gioco dell’oca, si è tornati alla casella iniziale, la frase urlata da Bruno Vespa quando, in conclusione dell’intervista a Giuseppe Conte, a “5 minuti”, ha detto in modo non equivoco che dietro la vicenda del generale libico Almasri restituito al suo paese non c’era una questione di diritto ma di politica. Che “lo sanno tutti i partiti che in ogni stato si fanno delle cose sporchissime, anche trattando con i torturatori, per la sicurezza nazionale. Questo avviene in tutti gli Stati del mondo”. Cioè che la liberazione di quel losco figuro corrispondeva ad una esigenza di sicurezza nazionale perché strettamente connessa alla gestione dei migranti che arrivano sulle coste della Libia e lì sono trattenuti da chi gestisce i campi di detenzione sulla base di un accordo stipulato da qualche anno tra le autorità locali ed il governo italiano, anzi i governi italiani di tutte le coloriture politiche che le iniziali intese hanno confermato.

E così, in assenza del Presidente del Consiglio, che questa responsabilità politica avrebbe dovuto assumersi spiegando che la scelta del Governo era corrispondente all’interesse nazionale, la scena l’ha occupata un modesto giurista costretto a fare la figura dell’Azzeccagarbugli di provincia diffondendosi in una critica all’ordine di cattura della Corte Penale Internazionale (CPI) che non avrebbe precisato le date nelle quali erano stati commessi i crimini imputati al generale libico.

Una brutta figura per uno che ha fatto per anni il magistrato e che si è assunto una responsabilità politica accettando di dirigere il Ministero della Giustizia. Con un po’ di intelligenza, guardando anche alla storia di situazioni analoghe, sarebbe stato semplice impacchettare il libico e riportarlo a casa senza tanto trambusto apponendo sulla vicenda, se necessario, il segreto di Stato. In fin dei conti l’aveva suggerito anche l’opposizione la quale ovviamente dal proprio punto di vista ha saputo sfruttare intelligentemente questa defaillance del governo e della sua maggioranza che, omettendo di assumere una responsabilità politica, si è fatta difendere con argomentazioni improprie. Insomma, pezo el tacón del buso, per dirla nella lingua dell’on Carlo Nordio, peggio la pezza del buco. 

A leggere la stampa oggi si capisce, ed è chiaro anche dalle parole dei giornali di parte, cioè quelli vicini al governo, che coloro i quali hanno guardato con attenzione e con soddisfazione all’ingresso della Meloni in campo sono rimasti delusi in qualche modo da questa fuga dalla realtà politica, probabilmente indotta dalla preoccupazione di perdere consensi dacché una persona che rivendica la sua cultura italiana e il suo spirito cristiano ha evitato di dar corso ad un ordine di cattura internazionale e riportato a casa libero un criminale. Ma la politica è anche questo. E un minimo di intelligenza istituzionale avrebbe dovuto per tempo definire, nei suoi termini naturali, politici, questa vicenda. Ciò che conferma ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, come ci si trovi di fronte a politici poco accorti e soprattutto a collaboratori che non sono in condizione di suggerire e/o di essere ascoltati. Per cui le responsabilità, alla luce della storia, dovranno essere distribuite tra chi non ha saputo decidere e chi avendo avuto dei suggerimenti adeguati non li ha seguiti o non li ha compresi. E poiché cose di questo genere accadranno ancora, magari in altri settori, sarebbe bene che la classe di governo si adeguasse nella sua composizione e nei suoi consiglieri perché, come dice il detto popolare, alla prima si perdona, alla seconda si condona, alla terza si bastona. Tradotto, si perdono consensi.

Exit mobile version