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Grand commis e petits cialtroni

di Salvatore Sfrecola

Nel linguaggio della tradizione amministrativa francese, che abbiamo recepito insieme al diritto amministrativo fin dall’800, si chiamano Grand commis de l’Etat. A Londra sono definiti civil servant. Sono gli alti dirigenti dello Stato e degli enti pubblici i quali pongono la loro professionalità al servizio della nazione preferendo quel ruolo ad altri più remunerati nel privato.

Ricordo, in proposito, un’intervista di cui si dà conto in uno studio dell’Istituto di Scienza dell’Amministrazione Pubblica (ISAP) di Milano nella quale un alto dirigente dell’amministrazione francese, proveniente da un’esperienza bancaria molto ben retribuita, faceva notare al suo interlocutore che certamente come funzionario dello Stato guadagnava di meno ma aggiungeva: “qui servo la Francia”.

Ecco, di questi alti funzionari dello Stato, nella mia lunga esperienza di magistrato della Corte dei conti, ne ho conosciuti molti. Per la verità un tempo erano di più. Un po’ dappertutto i ranghi di soggetti di elevata professionalità si sono notevolmente ridotti, per vari motivi. Perché in molte realtà l’istruzione scolastica e universitaria ha perduto smalto, perché la selezione è stata meno severa, perché anche la classe politica è meno qualificata d’un tempo tanto da non saper apprezzare in molti casi il valore dell’indipendenza dei funzionari.

Tuttavia, vi sono ancora professionalità elevate, che consentirebbero un impegno nel privato molto meglio remunerato, che, tuttavia, per senso dello Stato, porta a preferire l’impiego pubblico. Spesso per tradizione familiare, come accade frequentemente fra i magistrati, i militari, i docenti universitari, solo per fare qualche esempio.

Poiché preferiscono servire le istituzioni, anziché servirsene, come pure avviene in alcuni casi, spesso queste persone pagano la loro fedeltà allo Stato con l’emarginazione perché non sempre gli amministratori politici apprezzano l’indipendenza dei funzionari. Lo abbiamo messo in risalto più volte ed è una caratteristica di tutte le parti politiche nelle quali molti ricercano soprattutto fedeli e pronti servitori risultando infastiditi da chi invece richiama il rispetto delle regole che la politica spesso tende a forzare, anche quando le ha patrocinate, magari in un ruolo precedente di opposizione, perché deve raggiungere un obiettivo di carattere politico che porta consenso, che fa emergere il ruolo personale o del partito.

È un limite della classe politica quella di non saper valorizzare uomini liberi e indipendenti, consiglieri interessati soltanto al rispetto della legge i quali intervengono per suggerire una migliore scelta amministrativa fra le varie possibili. Spesso, infatti, il politico con poca esperienza amministrativa è indotto a privilegiare un percorso che a lui sembra più veloce o più sicuro, magari perché gli è stato consigliato da qualche interessato, anziché ricercare quello più corretto che lo ponga al riparo di censure dell’organo di controllo o della magistratura in caso di impugnativa dell’atto.

E siccome molti politici sì circondano più che di consiglieri fidati e professionalmente dotati di yesmen, di servi sciocchi, di giannizzeri e cortigiani purché rigidamente di partito o presunti tali, perché abbiamo visto spesso i governi di destra o di sinistra avere collaboratori di altra idea politica e, pertanto, incapaci di un impegno virtuoso e anche entusiasta come dovrebbe essere. Sono quelli che “legano il ciuccio – come si dice a Roma – dove vuole il padrone”, una scelta che non giova all’immagine del consulente o del collaboratore perché questi comportamenti si vengono a sapere nell’ambiente e fuori.

Accanto ai grand commis, dunque, ci sono anche dei piccoli cialtroncelli pronti a tutto. E fra questi vi è una categoria di basso profilo morale che è quella di coloro i quali, per rimanere attaccati al potere o agli uomini di potere cambiano, in vicinanza della pensione o quando l’hanno raggiunta, rispetto a quanto avevano sempre affermato. Ciò solamente per cercare di ingraziarsi il padrone di turno. È una condizione veramente disgustosa, gli ex militari che hanno battuto i tacchi per decenni che improvvisamente diventano critici di tutto quello che hanno vissuto e condiviso, gli ex magistrati che criticano le cose che hanno sempre fatto perché capiscono che il potere politico vuole una cosa diversa, gli alti burocrati che hanno gestito ampi settori dell’amministrazione i quali si inventano riforme improponibili perché il politico di turno, che non ha esperienza e capacità di valutazione dei fatti, propone e suggerisce quel che fa a lui comodo.

È un panorama variegato come sempre nella vita dell’amministrazione e della politica ci sono persone con la schiena diritta, buoni professionisti le cui idee possono essere dal politico seguite o no ma che il politico intelligente ascolta per poi decidere con maggiore consapevolezza e ci sono i cialtroncelli che sono pronti a rinnegare la loro esperienza professionale e il giuramento prestato perché debbono mantenere un collegamento con il potere, magari per aiutare l’inizio di attività professionali o l’impiego di figli o nipoti.

Sono desideri legittimi, rispettabili. Ma come sempre est modus in rebus.

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