domenica, Marzo 9, 2025
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Stoccarda: una Sonnambula vietata ai minori

di Dora Liguori

La televisione è stata una grande invenzione ma come tutte le grandi invenzioni ha avuto anch’essa alcuni risvolti negativi sul sociale e sulla cultura in generale… lo stesso attuale fenomeno dei telefonini che, oggi, sta peggiorando la nostra socialità e altresì opera un abbassamento di tipo culturale. Per questi motivi, senza voler essere particolare o peggio snob, viste anche le attuali programmazioni televisive, la sera preferisco dedicarla alla lettura o concentrarmi su quello studio che poi mi torna utile, per la stesura dei miei romanzi storici.

Chiedendo scusa per la disgressione personale, confesso, però, che ogni tanto, essendo abbonata a Sky classica, derogo alle mie abitudini e scelgo di sintonizzarmi per ascoltare, su questa emittente, buona musica o qualcuna delle mie opere preferite come ad esempio è avvenuto sabato u.s. per la visione di Sonnambula di Vincenzo Bellini, opera andata in scena e registrata nel teatro di Stoccarda nel lontano 2012. E… mal me ne incolse!

Ordunque, per chi non dovesse conoscerlo, il libretto di Felice Romani gira intorno a un idillio campestre fra Amina (povera in canna) ed Elvino (giovane possidente) dei quali, nel primo atto, il librettista prevede la celebrazione del loro matrimonio civile che si svolge con la festosa presenza di tutto il villaggio. Non tutti però condividono la gioia dell’evento poiché da una parte l’ostessa Lisa esprime tutto il suo disappunto avendo anche lei, da tempo e inutilmente, messo gli occhi su Elvino. L’arrivo di un fascinoso signore, che non manca di essere galante con la bella Amina, sconvolge alcuni equilibri e quando tutti esprimono l’idea di ritirarsi nelle loro case per evitare la visione del tremendo fantasma che nella notte, dicono, si appalesi nel villaggio, Elvino non manca, prima di salutare la fresca sposa che l’indomani condurrà all’altare, di lasciarsi andare ad una bella scena di gelosia.

Ritiratosi presso l’ostello di Lisa il conte Rodolfo, che sperava nell’incognito, si ritrova in camera la bella ostessa che, avendo già capito l’importante identità di costui, cerca di averci un proficuo approccio. Sul meglio, però, a spegnere i proponimenti di Lisa arriva il fantasma o meglio arriva Amina che, dormiente, si distende sul letto del conte. Avvertito dalla “buona Lisa”, a sorprenderli, giunge Elvino che, con seguito di tutti gli abitanti del paese (altrimenti il coro che ci sta a fare) senza tante remore, svegliano la poveretta, le cui subitanee rimostranze d’innocenza non vengono raccolte né dai presenti e tanto meno da Elvino. E quando il conte interviene spiegando l’esistenza del fenomeno del sonnambulismo che affligge alcune persone non viene creduto. Comunque, dopo alterne vicende, nell’ultimo atto, l’apparizione di Amina che, dormiente, rischia di morire sul ponte del mulino, convince tutti e l’opera si chiude con il trionfo dell’onestà.

Questa in sintesi l’argomento che il Romani propone a Bellini, il quale, sulle rive del lago maggiore, ospite nella villa della contessa Giuditta Turina, vi compose quello che è uno dei suoi più grandi capolavori, molto ispirato, più che dalle bellezze del lago, dalle grazie della signora.

Orbene, come ti trasformano tanto esile e incantato soggetto i due registi, tali, Jossi Vieler e Sergio Morabito? In una specie di pessima commedia musicale (genere americano) osée.

In poche parole: che ti fa la prolifica e, a mio giudizio, malsana fantasia dei due registi? Abolito il ridente paesaggio svizzero che, con ogni evidenza fa loro schifo, trasportano il tutto in uno squallido camerone, specie di bettola, dove una più che provocante ostessa ricorda i suoi trascorsi con Elvino che l’aveva abbandonata per quella finta santocchia di Amina. E sin qui, camerone a parte, potrebbe persino andare; il “bello” arriva, invece, con Elvino che ci viene proposto come una specie di assatanato che allunga le mani su quasi tutte le signore nonché, con baldanza, mostra il suo fornito portafoglio con il quale paga, forse per farla tacere, i suoi passati trastulli con Lisa ma anche una famelica madre di Amina, così trasformando quest’ultima in una specie di giovenca in vendita. Inutile dire che l’incantevole aria del tenore “Prendi la man ti dono” si trasforma in un “Prendi il portafoglio ti dono”.

Non parliamo poi della supponenza del giovanotto nei confronti del conte che ha osato guardare la sua giovenca… pardon sposa. Comunque, salutati tutti, Elvino si lascia andare con Amina, non solo a gelose rimostranze ma anche ad un amplesso molto poco accennato e che deve certamente aver dato fastidio ai due cantanti, nel frattempo impegnati in un difficilissimo duetto.

Ma di canto cosa capiscono i due registi? Meno di niente, poiché a parte una certa volgarità della scena, capendone, avrebbero evitato simili exploit.

Giunti al secondo atto assistiamo, vista la presenza comoda di un letto, ad un altro amplesso, questa volta fra Lisa e il conte, interrotti, come libretto comanda, dall’arrivo di Amina che, giunge nella stanza attraversando una grande apertura posta proprio sul letto. Insomma i clienti dell’albergo dormivano pressocché all’aperto. Comunque sia, la dormiente fanciulla, prima di stendersi a sua volta sul letto e aver subito anche le avance del conte, beve vino da un bicchiere che, distrattamente, poi lascia cadere sul letto; evento prodromico per l’effetto che, desiderato dai registi, resta più che facile da intuire.

Comunque, risvegliata la fanciulla dalle tante voci e soprattutto da un sonoro scapaccione materno che ci stava a puntino, il secondo atto trova fine con le inascoltate proteste della fanciulla circa la sua onestà e le altrettanto inutili spiegazioni del conte circa il sonnambulismo. Ma, chiudendo gli occhi è possibile, a questo punto, farsi affascinare dalle voci dei cantanti, tutti molto bravi, che, eccellentemente, eseguono il gran concertato finale.

All’inizio del terzo atto possiamo assistere all’inutile tentativo di Amina che, abbigliata con una minigonna che, da seduta (ancor più della Stone), fa intravedere ampiamente la cosiddetta “fede di nascita”, cerca di riappacificarsi con Elvino.

E dopo? Dopo arriviamo al “meglio” della regia. Infatti, facendo seguito alla scoperta di Elvino di essere stato reso due volte cornuto (da Lisa e Amina), quest’ultima arriva, sempre dormiente, non sul ponte del mulino come da libretto, ma su un tavolaccio della bettola e inizia la mirabile scena del sonnambulismo. Ma, come la recita? Ebbene si! Fingendo i dolori di un aborto in corso, con tanto di sangue sulla camicia.

Premesso che, pure da sonnambuli, i dolori di un aborto risveglierebbero subito, ma la domanda che si pongono i malcapitati spettatori è la seguente: chi ha (in elegante francese) brisè (e in meno elegante ma puro italiano) sfessato la “brocca di Amina? Quel tonto di Elvino o il fascinoso conte?

Il mistero viene presto risolto dal truculento passaggio in scena della madre di Amina che, raccolto da terra il frutto insanguinato dell’amore o meglio dell’aborto, lo mostra ad Elvino, il quale implicitamente conferma d’essere lui l’autore di tanto prodotto, si fa per dire, d’amore. Insomma, nei precedenti giorni, sulle rive del ruscello, lui e la poco virtuosa Amina, non avevano perso tempo a guardare le farfalle.

E tutto ciò avviene mentre il soprano, la bravissima Ana Durlovski, intona la più bella delle melodie che sia stata scritta da mente umana: “Ah, non credea mirarti”.

Inutile dire che, come niente fosse, tutto finisce in gioia, e la povera Amina, sempre con camicia insanguinata, attacca la brillante cavatina finale.

Ma si può?

Chi deturpa un’opera d’arte finisce in galera e quanti deturpano, tranquillamente un capolavoro musicale sono, per assurdo, anche pagati. Perché?

Esiste un “giudice a Berlino” o meglio un ministro dei Beni Culturali e ambientali capace d’intervenire e porre un freno?

Infatti, queste iniziative non si possono ascrivere alla giusta libertà d’espressione da garantire agli artisti ma quale colpevole licenza lasciata ad alcuni di deteriorare e offendere un capolavoro. Infine, l’istesso reato contestato a chi aggredì, in San Pietro, la “Pietà” di Michelangelo.

Comunque in attesa di provvedimenti che non verranno, tornando al tema dei fantasmi, pare (molto pare) che a Stoccarda, dopo simile spettacolo, si siano avvertite strane presenze. Vedi mai fosse l’adirato Bellini?

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