lunedì, Marzo 31, 2025
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“Un’ora buia” per la Corte dei conti. Lo denuncia l’Associazione magistrati con riferimento a proposte di riforma provenienti dalla maggioranza di governo

di Salvatore Sfrecola

Si definiscono orgogliosamente “di destra” i partiti dell’attuale maggioranza. Eppure, sono lontani mille miglia dall’idea che noi abbiamo di una destra liberale, ancorata alle regole del diritto, che mette in campo persone di grande professionalità, senza conflitti di interesse, come erano gli uomini dell’Ottocento, i liberali seguaci di Cavour, di Ricasoli, Rattazzi, Minghetti o i politici della “Destra storica” di Quintino Sella e quanti in quegli anni hanno fatto l’Italia, uomini alcuni dei quali, distesi sul letto di morte, mostravano le scarpe sfondate. Ricchi di ideali ma sobri nella vita, come Giovanni Lanza, che invitava la moglie a vendere due pecore perché doveva comprare un vestito buono per accompagnare il Re. Ed era il Presidente del Consiglio!

Sembra un altro mondo anche nella gestione del potere, per l’attenzione riservata al denaro pubblico che, per loro, come per i romani, era sacro, tanto che nell’Urbe l’aerarium populi romani era conservato in un tempio. Sicché all’indomani della proclamazione del Regno d’Italia quella classe politica si preoccupò innanzitutto di unificare il debito pubblico, divenuto ingente per le spese delle guerre d’indipendenza e per le opere pubbliche necessarie allo sviluppo. E, nel contempo. forniva il governo degli strumenti di controllo della gestione del bilancio che Cavour, dinanzi alla Camera, sostenne dover essere affidato ad un “magistrato indipendente”. Perché, come avrebbe detto poco dopo Quintino Sella, Ministro delle finanze, rivolgendosi ai magistrati della Corte dei conti, “il primo Magistrato civile che estende la sua giurisdizione a tutto il Regno… la fortuna pubblica è commessa alle vostre cure. Della ricchezza dello Stato, di questo nerbo capitale della forza e della potenza di un paese voi siete creati tutori”. Aggiungendo “è vostro compito il vegliare a che il Potere esecutivo non mai violi la legge; ed dove un fatto avvenga il quale al vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento”.

Avremmo voluto ascoltare parole analoghe dal Governo e dalla sua maggioranza, da questa destra che denuncia sovente sprechi dei governi che l’hanno preceduta, imperturbabile alle accuse che in materia vengono dall’opposizione. E così oggi c’è chi, di destra, si propone di demolire letteralmente la magistratura contabile, quella che gli uomini dei quali ho fatto cenno all’inizio si erano dati carico di potenziare. Rispettata anche dal Cavaliere Benito Mussolini. Durante il suo governo, quando la Corte dei conti non ammetteva al visto atti da lui ritenuti importanti, chiedeva la registrazione “con riserva” assumendone la responsabilità politica. Oggi, di fronte ai controlli si mette mano alla penna per modificare le leggi, tagliare le competenze, limitare il risarcimento del danno erariale, come se i politici fossero i padroni della cassa. Soprattutto come se fosse inevitabile ovunque una diffusa violazione delle regole della buona amministrazione. Proposte, che nascono da chi ha subito censure in sede di controllo e non raramente condanne. Senza pudore. Non di rado in combutta con chi, all’interno dell’Istituzione, intende così ingraziarsi i potenti di turno, per tornaconto proprio, di parenti o di amici. Impermeabili alla richiesta di dialogo da parte della stessa Corte e dell’Associazione Magistrati impegnati a suggerire come “migliorare il testo sulle norme più rilevanti della proposta di legge” c.d. “Foti”, dal promotore dell’iniziativa, già Presidente del Gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera, oggi Ministro per gli affari europei. Sicché l’Associazione denuncia che la riforma “avanza stravolgendo le funzioni del giudice contabile la cui effettività, efficacia e credibilità sono essenziali per gli equilibri dei bilanci pubblici e per i cittadini che hanno diritto di poter contare su un giudice garante della corretta gestione dei conti pubblici”, come si legge in un comunicato che esprime “profonda preoccupazione per le pesantissime modifiche previste alle funzioni e alla struttura della Corte. Tante sono le norme che  meritavano ripensamenti: quella sulla determinazione del danno erariale, ridotto al 30% ed ulteriormente abbassato per la presenza del tetto del doppio stipendio o della doppia indennità del responsabile; l’introduzione di un controllo preventivo e della funzione consultiva su fattispecie concrete che assumono il ruolo di vero scudo della responsabilità amministrativa per colpa grave; ma anche la previsione della legge delega che stravolge completamente l’organizzazione della Corte dei conti e verticalizza gli uffici requirenti”. Dev’essere un’idea ricorrente, come quella di trasferire alle Corti d’appello le competenze delle sezioni dei tribunali in materia di immigrazione, rivelatasi fallimentare. 

Paola Briguori, Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti non la manda a dire: “Così scompare completamente il volto della Corte che oggi conosciamo, distinta in Sezioni specifiche per ogni funzione svolta e non si comprende in quale modo potrà organizzarsi in termini di maggiore efficienza, visto che sarà concepita come un’unica sezione che svolge unitariamente tutte le funzioni. Inoltre, del tutto in contrasto con i principi di autonomia, indipendenza ed efficienza è la previsione di una gerarchizzazione degli uffici di procura”.

“C’è ancora tempo per un cambio di passo – aggiunge Paola Briguori -, per aperture verso una riformulazione che garantisca l’effettività e l’efficienza delle funzioni intestate alla Corte. Il mio invito è quello di aprire alle riflessioni e agli apporti anche dell’Avvocatura e dell’Accademia per definire i contenuti di una riforma di portata storica e rispetto alla quale non è stato possibile ottenere un reale ascolto sui temi più delicati”.

L’esperienza insegna che i cittadini-contribuenti sempre più tartassati da aumenti delle bollette, schizzate in alto per effetto degli “oneri di sistema” e per l’iva, mentre aumentano incontrastati i costi di tutti generi di consumo, e la pressione fiscale, possono reagire in ritardo e prendere coscienza di questo errore che va facendo parte della maggioranza preoccupata di difendere disonesti e incapaci e non di tutelare i cittadini. Sono scelte “politiche” che si pagano, come sono state pagate in passato quando il cittadino ovunque vede sprechi impuniti nelle pubbliche amministrazioni, al centro e negli enti locali, per lavori malfatti e pagati come fossero stati eseguiti a regola d’arte, per l’acquisto di beni e servizi inutili o comunque a prezzi superiori a quelli di mercato. Non fatti isolati, ma uno stillicidio di spese assurde denunciate quotidianamente dai giornali che rimbalsano nei conversari delle persone e che torneranno inevitabilmente in mente quando, chiamati a votare, staranno per tracciare un segno sulla scheda elettorale.

Il vantaggio di avere di fronte una opposizione disorientata e priva di forti riferimenti valoriali non deve illudere. Perché nel 2006 Berlusconi, che aveva governato per cinque anni disponendo di una maggioranza senza precedenti, perse le elezioni per un pugno di voti.

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