venerdì, Aprile 25, 2025
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Ucraina: una pace umiliante sarebbe una ferita per l’Occidente democratico

di Salvatore Sfrecola 

Molti si aspettano, quasi di ora in ora, che finisca la guerra in Ucraina, i più convinti che chiudere la vicenda dell’aggressione della Russia sia un bene, comunque avvenga. E che il “miracolo” possa avvenire durante i funerali di Papa Francesco, a seguito di qualche parola opportunamente sussurrata all’orecchio giusto, così aprendo la strada ad un negoziato accettabile, ad una soluzione dignitosa.

A spingere per la conclusione è certamente il diffuso timore che quel conflitto, se protratto nel tempo, possa scatenare una guerra più estesa, forse mondiale. Preoccupazioni comprensibili nei governanti e nei popoli. Ma quel timore finisce per configurarsi come la resa ad un ricatto che l’autocrate del Cremlino attua da tempo nei confronti del mondo intero, soprattutto degli Stati Uniti d’America e dell’Europa. Per questo torna spesso nei commenti il riferimento al concetto di pace “giusta”. E duratura, si aggiunge. Perché solo una pace giusta può essere duratura. Ed una pace giusta non può lasciare una ferita che possa di nuovo sanguinare nei prossimi anni. Qualunque sia la giustificazione che, agli occhi di molti, sorregge l’aggressione russa, in particolare il timore dell’estendersi della presenza della NATO ai confini della Federazione, è evidente che da parte di Vladimir Putin c’è una forzatura perché l’eventuale vicinanza della NATO ai confini della Russia non giustifica l’aggressione all’Ucraina. Infatti, non siamo più nei contesti geopolitici di un tempo, quando la vicinanza dei cannoni o delle cannoniere del presunto nemico poteva veramente destare delle preoccupazioni. Oggi che l’armamento degli Stati dispone di missili a lunga gittata, che l’avversario presunto sia vicino o lontano conta poco. Per cui tutta la costruzione che si è letta sui giornali, della reazione “giusta” dei russi alla presunta aggressività della NATO, ove avesse arruolato l’Ucraina, è priva di significato pratico. Resta la lesione del diritto internazionale, la garanzia che la comunità degli stati liberi deve assicurare a tutti perché l’accettazione di una prepotenza inevitabilmente induce chi la esercita a continuare su quella strada. La storia è piena di esempi. E spesso nel timore di una guerra si è solo procrastinato il tempo delle armi, con la conseguenza di essere costretti ad imbracciare il fucile nel momento che stabilisce l’avversario. Lo ha spiegato bene Winston Churchill nella sua Storia della Seconda Guerra Mondiale.

L’aspettativa di una pace giusta sembra, dunque, frustrata dalla possibilità che l’ipotesi di accordo Trump – Putin passi sulla testa degli ucraini, attraverso cessioni di parti del territorio che l’Ucraina ritiene storicamente propri. Per cui la pace si fonderebbe su un equivoco e quindi su una situazione potenzialmente foriera di ulteriori contrasti a breve o a lungo termine. Non è quello che dobbiamo desiderare tutti. Capisco che, allo stato in cui sono le operazioni militari, è difficile immaginare una conclusione dignitosa per tutti, per gli ucraini e per i russi, ma Trump, che interviene con una espressa volontà di chiudere la partita delle armi quale potenza egemone dell’Occidente, deve anche preoccuparsi dell’immagine degli Stati Uniti d’America e della loro affidabilità rispetto agli alleati. Una soluzione al ribasso, che umili l’Ucraina, non sarebbe giusta e non sarebbe soprattutto una soluzione capace di confermare il ruolo degli U.S.A., di protettore dei deboli nei confronti dell’aggressione dei prepotenti. Forse gli Stati Uniti non vogliono più essere il guardiano dell’Occidente che, in realtà hanno sempre fatto guardando ai propri interessi. Ed è giunto, dunque, il momento che sia l’Europa ad assumere il ruolo di difensore degli stati che la compongono e delle aree d’interesse. Lo impone la storia del Continente. In fin dei conti lo ha fatto capire anche Re Carlo III nel suo discorso alle Camere italiane in seduta comune, quando ha ricordato di essere anche il Re del Canada e di molti dei paesi del Commonwealth, una grande realtà politica, industriale e commerciale che naturalmente guarda all’Europa.

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