di Salvatore Sfrecola
“Ad personam” è espressione latina che gli italiani, anche quando ignorano la lingua dei quiriti, conoscono benissimo. Sanno che è attribuita ad una legge che, fingendo di dettare una regola generale e astratta, altrimenti si chiamerebbe legge-provvedimento, nella realtà favorisce una determinata categoria di persone. La gente dice che se “la legge uguale per tutti”, quei soggetti sono “più uguali”.
Spesso si è trattato di giovare a persone che avevano problemi con la Giustizia perché imputati di alcuni reati, pertanto interessati a termini di prescrizione più brevi per farla franca. Ad personam si è detto anche in occasione della modifica del reato di “falso in bilancio” (più esattamente di “false comunicazioni sociali”) per il quale è stato previsto che la pena non è applicabile se “i fatti sono di lieve entità” (artt. 2621 bis e ter Codice civile) cioè se non hanno provocato un consistente danno a soci e creditori, se non hanno prodotto una perdita superiore al 5% o non hanno determinato una riduzione del patrimonio netto di almeno l’1%.
Naturalmente il reato o c’è o non c’è. In questo caso c’è ma non è punibile. È difficile capire.
Ad personam sono anche le norme che giovano ad alcuni e nuocciono ad altri. Come nel caso del limite di età per il servizio dei magistrati, portato da 75 anni a 70 dal Governo Renzi, con un po’ di proroghe “ad personam” di cui una assolutamente comica, di sei mesi (al 30 giugno 2016). Si è sedntito dire che giovasse ad un magistrato “amico” che sarebbe stato collocato in pensione comunque ai primi di luglio!
La riduzione dei limiti di età improvvisa, in ossequio alla “rottamazione”, cui Matteo Renzi aveva informato la sua azione politica e di governo, ha danneggiato alcuni sul limite della carriera ed ha giovato ad altri che hanno raggiunto posti direttivi nei Tribunali, nelle Corti e nelle Procure della Repubblica prima del previsto. Non è stato bene per l’amministrazione della Giustizia perché sono pervenuti ai vertici degli uffici giudiziari soggetti spesso con insufficiente esperienza. Un pessimo servizio alla Giustizia, che mi ostino a scrivere con la “G” maiuscola per il ruolo fondamentale che svolge in una società libera.
Altra norma “ad personam” riguarda la possibilità di attribuire funzioni dirigenziali ad estranei alla Pubblica Amministrazione prevista dall’art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, norma prevista per coloro che avessero “particolare competenza professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione. Modifiche successive hanno consentito il conferimento di quegli incarichi a persone che abbiano maturato esperienze professionali “anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi”. Un trucco per attribuire incarichi a persone, anche degnissime, che non hanno superato i concorsi a dirigente o non vi hanno partecipato, perché magari l’amministrazione non li bandisce, come nel caso delle Agenzie fiscali.
La conseguenza è una gravissima mortificazione per i funzionari di carriera i quali si vedono preclusa una legittima aspettativa a progredire nei ruoli.
Qualche lettore dirà che ho dimenticato questa o quella legge ad personam. È probabile. E me ne scuso.