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La debolezza dell’Occidente e l’Islam. In margine alla liberazione di Silvia Romano

La debolezza dell’Occidente e l’Islam. In margine alla liberazione di Silvia Romano

di Salvatore Sfrecola

L’occasione del rientro in Italia di Silvia Romano, dopo la lunga detenzione nelle mani del gruppo terroristico Al Shabaab, la sua conversione all’Islam, la passerella del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e del Ministro degli esteri, Luigi Di Maio, a Campino davanti alla pista sul quale è atterrato l’aereo che riportava a casa la giovane, le illazioni sul pagamento di un riscatto hanno provocato molte polemiche di segno opposto. Talune viscerali, alimentate dalla “conversione” all’Islam della giovane e dal pagamento del riscatto, altre più ragionate, con riflessioni che attengono ai rapporti tra Occidente ed Oriente, tra la cultura greco – romana e l’islamica. Tema ricorrente ad ogni attentato terroristico (com’è il sequestro di Silvia Romano), che porta con sé la questione delle migrazioni, della integrazione e, inevitabilmente, quella della cittadinanza.

Sul tema è intervenuto oggi su Il Giornale il Professore Marco Gervasoni, storico, saggista, notista puntuale e profondo delle problematiche culturali e politiche, che si sofferma su “la tendenza sinistra all’islamofilia” con riflessioni interessanti sul grado di consapevolezza identitaria dell’Occidente. Per il professor Gervasoni, al di là della naturale soddisfazione per il rientro in Italia di una cittadina che svolgendo un’attività di carattere umanitario è stata sequestrata da terroristi, nel “giubilo” manifestato da certi ambienti della sinistra italiana sta la prova di un diffuso, ricorrente filo islamismo “neanche tanto nascosto e strisciante” che ha spento i riflettori della stampa e delle televisioni rapidamente su attentati gravissimi come a Madrid e a Parigi, al Bataclan e su quanti ovunque nel mondo hanno prodotto centinaia di migliaia di vittime. Richiama anche un certo antisionismo neppure tanto occultato, in polemica con di Israele per la sua politica nei territori. Un filo islamismo che è espressione della mancanza del senso della identità nazionale ed europea della quale abbiamo quotidianamente dimostrazione nell’occultamento dei valori della storia e della cultura e financo del concetto di Patria che a questi valori fa riferimento. Valori che non vengono difesi perché manca la diffusa consapevolezza del loro interesse, della loro validità nella vita di una nazione e nella prospettiva dello sviluppo della storia dei popoli. Per questo alcuni anni fa io guardai con attenzione ad un’esperienza, quella di un gruppo culturale denominato “Identità e confronti”, animato da Adriana Elena, che aveva proprio nel DNA il desiderio di approfondire i temi identitari e di sviluppare un confronto con tutte le altre culture. Invece oggi assistiamo ad una assoluta eclissi dei valori nazionali ed europei, nonostante la storia culturale e civile dell’Occidente possa inorgoglirci e costituire un elemento forte della difesa dall’aggressione dell’Islam. Perché è sbagliato trascurare l’espansionismo islamico che risale nei secoli che, fin dal VII secolo è dilagato nel bacino del Mediterraneo anche come forza politica e militare convertendo spesso con la violenza alla religione islamica popolazioni cristiane nel bacino del Mediterraneo. L’invasione della Sicilia e della Spagna, la penetrazione fino al centro dell’Europa sotto le mura di Vienna, al centro del continente, sono l’esempio evidente di una volontà di espansione fortunatamente fermata quando le armate ottomane furono sconfitte grazie all’impegno straordinario delle truppe imperiali, in parte al comando di un generale italiano, il Principe Eugenio di Savoia.

Quanto al tema della integrazione, che deve essere culturale prima di tutto perché una persona può lavorare in Italia o in un altro paese occidentale rimanendo, tuttavia, estraneo alla identità del paese in cui soggiorna, come dimostra l’esperienza della ribellione di elementi di seconda e di terza generazione in Francia e in Belgio, persone che hanno mantenuto fede alla loro cultura originaria che, di fronte all’Occidente, che giudicano corrotto, rivendicano la purezza della fede islamica. E non è neppure la cosiddetta integrazione culturale a consentire di superare questa barriera. Perché ricordo che, in occasione della commemorazione delle vittime del Bataclan, in una scuola italiana, quando fu chiesto a tutti di alzarsi in piedi per un minuto di silenzio, le ragazze islamiche rimasero sedute. Ed era il ricordo di coetanei morti tragicamente mentre in una realtà di svago si stavano divertendo.

Infine, devo dire che è stata una iniziativa sbagliata quella del Presidente del Consiglio Conte e del Ministro degli esteri Di Maio, per la smania della passerella, di recarsi a Ciampino ad attendere Silvia Romano che tornava, convertita all’Islam e vestita con l’abito delle donne del gruppo terroristico che l’ha rapita. Era sufficiente che nello scalo romano ci fossero i genitori e la sorella di Silvia Romano. Era giusto che ci fossero, non era, invece, necessaria la presenza delle autorità italiane che avrebbero fatto miglior figura astenendosi. Anche per non alimentare la polemica che, in un momento di grave crisi economica che ha indotto al suicidio qualche italiano disperato, si dibatta intorno al pagamento di alcuni milioni, così si dice, per liberare la Romano.

La politica deve capire quando tacere.

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