di Salvatore Sfrecola
“Caro direttore, cara Giorgia”, così prende le mosse un garbato confronto tra Giorgia Meloni e Maurizio Belpietro su La Verità di oggi. Oggetto, il dibattito sulla posizione di Fratelli d’Italia a proposito del tentativo di Mario Draghi di formare il governo. L’idea di Belpietro, che è di molti, è scandita nella stringa sotto il titolo: “vediamo programma e ministri. Se il centrodestra è unito può cambiare verso al governo”. È la valutazione prevalente e anche logica: come dire sì o no se non si conosce il programma? In realtà quanti hanno risposto “pronto” lo hanno fatto a prescindere dal programma, già prima delle consultazioni nel corso delle quali certamente il Presidente incaricato avrà delineato, sia pure per grandi linee, cosa intende fare. Tutti si sono fidati del fatto che il Presidente della Repubblica ha detto che Draghi non avrebbe messo paletti.
Il Presidente di FdI aveva messo in conto qualche critica ed anche alcune accuse volgari sintomatiche “di un clima nel quale il mondo dell’informazione si sente legittimato a scagliarsi senza freni contro chi è “colpevole” di non aderire al governo di tutti, e dunque anche alla acritica – a tratti fideistica – esegesi che lo accompagna”. Ed aggiunge che “è assolutamente vero che va colta con grande gioia la fine del governo degli inetti… e va quindi accolta come una liberazione la sostituzione di costoro con una personalità competente e preparata come Mario Draghi”. Né sfugge a Fratelli d’Italia che “avrebbe avuto molta più convenienza a stare dentro… nel ‘governo di unità nazionale’”. Ma Giorgia Meloni rivendica al suo partito di essersi mosso sempre e “solo nell’interesse specifico della nazione”. Ed aggiunge di essere fermamente convinta che “per il bene dell’Italia serva altro che non un intero Parlamento schierato con un governo scelto all’interno del palazzo. Prima di tutto per non rassegnarsi alla cosiddetta morte della politica”.
Non solo, ma “con un Parlamento composto a maggioranza da PD e 5 stelle, e quindi ostaggio della sinistra, temo che sarà molto difficile fare le cose coraggiose che servono per tutelare il nostro tessuto produttivo, i posti di lavoro, la libertà di impresa e proteggere i nostri asset strategici. E lo stesso vale per i temi come la difesa della famiglia e dei confini. Quella di Fratelli d’Italia – aggiunge Giorgia Meloni – non è preclusione di principio, ma è la consapevolezza che le nostre idee sono incompatibili con quelle della sinistra”. E rivendica il ruolo che, in una democrazia parlamentare, debba riconoscersi all’opposizione la quale “abbia la libertà di dire quando il governo fa delle scelte sbagliate”. Peraltro al Presidente Draghi FdI ha assicurato che “potrà contare su di noi per ogni misura che reputeremo utile al bene della nazione”.
E conclude dicendo “siamo franchi e leali, e non abbiamo paura di essere, a modo nostro, unici”.
Le obiezioni di Belpietro sono varie e riassunta un po’ la storia del precedente più recente, il governo “tecnico” di Mario Monti ricorda di averlo criticato “perché ritenevo un errore le sue scelte di politica economica e la prova che non mi sbagliavo è fornita dal fatto che oggi, gli stessi che lodano Draghi, hanno rimosso dalla loro memoria Monti, evitando di menzionarlo manco fosse un appestato, o si affrettano a sottolineare le differenze tra i due”. Questo, tuttavia, non conduce Belpietro a ritenere che Giorgia Meloni abbia fatto bene. Anzi “mi fa dire che prima di schierarsi dall’altra parte bisogna vedere qual è il gioco di Draghi, perché dichiarando la disponibilità del tuo partito a sostenere il tentativo di un governo tecnico non accetti a scatola chiusa la “cura Draghi”, ma puoi contribuire a fare in modo che i valori per cui Fratelli d’Italia si batte facciano parte del programma del nuovo esecutivo. Tu dici, aggiunge Belpietro, che l’ex governatore rischia di essere ostaggio della sinistra, ma è proprio ciò che devi impedire con la tua presenza, ossia che PD, 5 Stelle e Leu siano determinanti. Non si tratta di occupare poltrone, spartirsi nomine, i diversi miliardi in arrivo dalla UE. Si tratta di fare proprio il contrario. Di evitare che la sinistra si appropri, come ha fatto fino a ieri, di posti e soldi. E lo si può fare se tutto il centrodestra fa sentire il proprio peso, spostando l’asse su cui sarebbe sbilanciato il governo Draghi”.
Sono chiare le due posizioni. Le obiezioni di Belpietro sono condivise da molti ma trascurano un fatto ben messo in risalto da Stefano Fassina, economista, già viceministro dell’economia, che ne ha parlato questa mattina ad Omnibus. Draghi non potrà, contemporaneamente accontentare le sinistre con una tassa patrimoniale e la Lega con la flat tax, tanto per fare un esempio, Il che vuol dire, che per imbarcare un vasto arco di forze parlamentari, il Presidente del Consiglio dovrà “annacquare”, come ho scritto, il programma di governo, per affrontare le due emergenze, quella sanitaria e quella economica, chiedendo qualche sacrificio agli italiani, anche se indubbiamente l’abilità e l’esperienza dell’uomo consentiranno di aprire spazi per la ripresa economica, un tema sul quale la Lega si spende quotidianamente per dar fiducia all’imprenditoria italiana, soprattutto del Nord.
In queste condizioni, premesso che si dovrà comunque attendere il programma del governo e la sua composizione, la posizione di Giorgia Meloni non appare così azzardata come molti in questi giorni affermano. È prudente e responsabile, perché assicura al Governo Draghi l’appoggio per ogni iniziativa che Fratelli d’Italia ritenga utile “al bene della nazione”.
Rimane aperto il dibattito sulla possibilità, che Belpietro richiama, di influire, essendo presenti nella maggioranza, su aspetti politici del programma di governo perché non sia “ostaggio della sinistra”. È una possibilità che, tuttavia, dipende dal programma formulato dal Presidente all’atto della costituzione del Governo, dalla sua capacità di mantenerlo integro nel corso del tempo, dalla consistenza parlamentare delle sinistre e dalla professionalità degli uomini che fanno parte del Gabinetto. E la Lega non ha dimostrato fin qui di avere adeguata conoscenza dei meccanismi del potere.
Chi vivrà vedrà, si dice comunemente. E mai come in questo caso la saggezza popolare ci rinvia al dopo, a consuntivo.