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Come si affronta l’emergenza: da Antonio Salandra a Giuseppe Conte. L’inarrestabile degrado della classe politica

di Salvatore Sfrecola

Non è la prima volta che l’Italia si trova impreparata di fronte ad un’emergenza. È accaduto nel 1915, in occasione dell’intervento nella prima guerra mondiale, quando le autorità si accorsero che mancava di tutto, dalle garze per la Sanità militare, che importavamo dall’estero, ai cannoni dell’Esercito, che acquistavamo dalla Krupp, industria di quell’impero germanico che ci apprestavamo a combattere insieme all’Austria-Ungheria. Oggi, dopo un anno di pandemia, contrastata alla bene e meglio, ci accorgiamo che mancano i vaccini che avremmo potuto produrre.

Il governo del 1915, presieduto dal pugliese Antonio Salandra, professore di Diritto amministrativo, prese immediatamente quelle misure che il conterraneo Giuseppe Conte, professore di Diritto privato, non ha neppure saputo immaginare. Salandra chiamò le imprese italiane ad un impegno straordinario. Si misero in moto tutte le migliori energie, pubbliche e private. In brevissimo tempo la produzione di tutto quanto serviva per lo sforzo bellico assicurò ogni occorrenza nella realizzazione degli armamenti, dei mezzi di trasporto, degli aerei. Alla vigilia della guerra per costruire un motore di aereo ci voleva un mese. In poco tempo se ne realizzarono centinaia. E il Paese tutto si mobilitò. Aveva fiducia nel governo e nella classe politica e, come ricorda Luigi Einaudi, sottoscrisse generosamente i prestiti nazionali necessari per assicurare risorse al bilancio dello Stato.

A differenza del professor Salandra il professor Conte non ha chiesto alle imprese italiane, che in via ordinaria producono vaccini, di impegnarsi per far fronte alla straordinaria esigenza. Non ha chiamato i responsabili di imprese note a tutti alle quali avrebbe dovuto dire “ecco qua i soldi per la ricerca; portatemi per l’autunno un vaccino”. Ma intento a gloriarsi fuori luogo di bonus spesso inutili, come nel caso dei monopattini, di cassa integrazioni e “ristori” che pochi hanno visto, e ad esaltare nelle logorroiche dichiarazioni televisive la “potenza di fuoco” di somme non facilmente spendibili, anche per l’assoluta inadeguatezza del suo ministro dell’Economia, il supponente Roberto Gualtieri, Conte ha fatto trascorrere invano tempo prezioso. Lo ha rimarcato più volte, in un intervento televisivo nei giorni scorsi il professor Paolo Crepet che ha sottolineato come a marzo 2020, dopo la prima ondata pandemica, il governo avrebbe dovuto correre ai ripari e mettere in moto l’industria farmaceutica italiana. Adesso mancano vaccini e, quando e dove arrivano, non vengono usati. Anche per una campagna denigratoria di alcuni produttori che all’estero hanno fatto ottima prova, come nel Regno Unito. E si è indotta l’opinione pubblica a ritenere che un vaccino che costa poco vale poco. Intanto lo usano a Londra e già i sudditi di Sua Maestà, come riferiscono i telegiornali, programmano le prossime vacanze. In Grecia, soprattutto, dove il governo ha curato vaccinazioni e sanificazioni nelle isole, la cassaforte dell’economia turistica ellenica.

Intanto, in casa nostra, emergono, con i ritardi colpevoli una serie di sospette operazioni che, forse, hanno arricchito più di qualcuno. Senz’altro hanno imputato al bilancio dello Stato oneri superiori al previsto. Illeciti prevedibili in tutte le emergenze, come insegna la storia, e ampiamente previsti, tanto è vero che il Governo Conte 2 ha emanato a luglio 2020 un decreto legge, prontamente convertito dalla sua maggioranza, con il quale è stato impedito alla Corte dei conti di perseguire quegli sprechi. Incapaci sì ma non fessi. Si sono protette le loro tasche dopo aver saccheggiato quelle degli italiani, facendo pagar loro imposte su redditi non conseguiti e bloccando senza criterio attività industriali e commerciali che avrebbero potuto continuare a svolgersi, sia pure con le necessarie cautele. Ed oggi siamo nelle peste in vista delle festività pasquali nelle quali le nostre città d’arte e le località turistiche, marine e montane, facevano da sempre il pieno. Nei giorni scorsi il professor Conte, nel riprendere il suo insegnamento di Diritto privato a Firenze, ha tenuto una lectio magistralis con la quale ha voluto difendere il suo Governo. Da avvocato è esperto in difese e lo ha fatto con incredibile faccia tosta. Ma gli italiani, che pagano sulla pelle e con la pelle la sua incapacità di governo, non dimenticano.

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