di Salvatore Sfrecola
Una cosa è evidente. Molte delle limitazioni introdotte per contrastare la diffusione del virus, come quelle degli orari e della mobilità, dalla chiusura di bar e ristoranti al divieto di recarsi nelle seconde case, sono incomprensibili e favoriscono il loro aggiramento. Infatti, si tende a non rispettare le regole che non si comprendono, che appaiono illogiche. Come nel caso delle seconde case, la cui utilizzazione andava semmai incentivata per favorire un naturale distanziamento in condizioni di maggiore salubrità, al mare, in campagna o ai monti, dove c’è aria buona e poca gente. Il fatto è che il Governo ritiene, a buona ragione, che gli italiani siano indisciplinati e, pertanto, ha, fin dall’inizio, messo regole stringenti, accompagnate da sanzioni.
Tipica la vicenda dell’orario di chiusura dei ristoranti e dei bar la cui attività è stata finora limitata all’asporto. Le 22, che è lo stesso orario nel quale si deve tornare a casa, il cosiddetto “coprifuoco”.
Si chiede di spostare quel limite alle 23 ed il governo resiste, conferma le 22, anche se ammette la possibilità di rivedere quell’orario a breve. La norma è evidentemente incongrua. Si va verso il bel tempo e questo, se da un lato invoglierebbe a ritirarsi più tardi, dall’altro, proprio per questa ragione, si teme che le 23 siano un incentivo ad assembramenti. È ancora la dimostrazione che l’autorità non è in condizione di far rispettare il divieto di assembramento per cui detta una regola rigida, quella dell’orario, che, per sua natura, non è soggetta ad interpretazioni. Ed è possibile derogarvi solo per esigenze straordinarie motivate.
E allora perché non 23 o mezzanotte, così consentendo più turni a cena ed un inevitabile effetto di distanziamento. E sempre tenendo conto che l’orario di chiusura per ristoranti e bar è lo stesso del rientro a casa. Il che significa che quanti vorranno cenare in un ristorante, quando torneranno aperti, dovrà considerare il tempo necessario per tornare a casa.
Non sarebbe completa l’analisi della vicenda, definita dal Consiglio dei ministri con il dissenso della Lega, se non si desse conto del dubbio, in politica sempre importante, che il Governo abbia tenuto duro su le 22 per evitare che Matteo Salvini ne ricavasse un successo agli occhi degli italiani, sempre più riottosi rispetto a quel limite. Considerato che anche le Regioni sono in rivolta contro il coprifuoco e sull’accordo per il rientro a scuola: l’esecutivo infatti, per le zone gialle e arancioni ha deciso di garantire la “presenza in classe ad almeno il 70% degli studenti“. Una soglia più alta rispetto al 60% che era stato stipulato inizialmente. Secondo Massimiliano Fedriga, Presidente leghista della Conferenza delle Regioni, la modifica crea un “precedente molto grave”: “L’aver cambiato un accordo siglato con Regioni, Comuni e Province incrina la leale collaborazione tra Stato e Regioni”, ha detto a Radio KissKiss.