di Salvatore Sfrecola
“Grande è la confusione sotto il cielo”, diceva Mao Zedong, per concludere: “e quindi la situazione è eccellente”. Lo ricorda Massimo D’Alema, che così intitola un suo recente libro, con un saggio introduttivo su “La bufera del coronavirus”, aggiungendo peraltro di non credere “che Mao amasse la confusione” ma che certamente ritenesse quella condizione utile ai suoi obiettivi di potere. Non è una novità. Tra cronaca e storia è accaduto spesso che qualcuno al vertice delle istituzioni, specialmente in caso di governi c.d. “tecnici”, quando l’uomo “della Provvidenza”, chiamato a salvare la Patria in pericolo per una emergenza economica o sanitaria, assume lo “stato di necessità” come fonte del potere e getta nel panico i partiti, momentaneamente messi da parte per evidente incapacità di esprimere una maggioranza idonea a governare. Accade anche oggi, sotto il cielo di Roma, da quando il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo “stato di emergenza” in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Per sei mesi, com’è logico che sia un’emergenza, cioè un fatto imprevisto e imprevedibile, che viene affrontato mettendo a punto gli strumenti straordinari che, poi, saranno assunti come forma di gestione ordinaria nei vari settori interessati. Eventualmente correggendo in corso d’opera l’organizzazione e il suo modus operandi. Accade, invece, che anziché assumere via via le connotazioni di una ordinaria attività di prevenzione e cura, prima il Governo di Giuseppe Conte, adesso quello di Mario Draghi, che pure si avvale di personale governativo di maggiore professionalità ed esperienza e di una più ampia maggioranza parlamentare, abbiano prorogato lo stato di emergenza in tal modo generando incertezza e confusione, che ha raggiunto il suo apice con il decreto-legge del 23 luglio, n. 105, che dilaziona l’emergenza al 31 dicembre 2021 insieme a nuove “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed Economiche”. E così, “dal febbraio 2020 al luglio 2021 sono stati adottati dal Governo 65 decreti-legge rispetto ai 31 dei 18 mesi precedenti. Tra l’altro, i provvedimenti d’urgenza hanno comprensibilmente assunto di frequente in questa fase un’estensione eccezionale”. Sono le parole con le quali il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rivolgendosi ai Presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio in occasione della promulgazione dell’ultima legge di conversione, ha sottolineato come “la moltiplicazione dei decreti-legge,adottati a distanza estremamente ravvicinata, ha determinato inoltre un consistente fenomeno di sovrapposizione e intreccio di fonti normative: attraverso i decreti-legge si è provveduto all’abrogazione o alla modifica di disposizioni contenute in altri provvedimenti d’urgenza in corso di conversione e, in piùoccasioni, si è assistito alla confluenza nelle leggi di conversione di altri decreti legge”. È la certificazione della confusione denunciata durante questo periodo da parte della stampa. E di molti costituzionalisti. Confusione tra stato di necessità, indotto da un fatto imprevisto ed imprevedibile (che, poi, è dubbio tale fosse, considerato che il virus è targato 19, il che vuol dire che è stato isolato nel 2019, circostanza che forse chi opera presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per conto del Ministero della salute avrebbe dovuto far conoscere al Governo), e la gestione ordinaria della risposta all’epidemia, una volta definiti criteri e metodi di intervento. Che significa organizzare i posti letto ordinari e quelli di terapia intensiva e definire le regole della convivenza civile anche in deroga, “per motivi di sanità”, al diritto di “circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale” sancito dall’art. 16, comma 1, della Costituzione.
Confusione perché, fin dall’inizio, sono stati sollevati dubbi sulla capacità dell’Esecutivo di far fronte alle occorrenze, dalle mascherine, che le industrie manifatturiere italiane avrebbero potuto produrre agevolmente in poco tempo, senza comprarle in qualche caso a maggior costo e taroccate in Cina, alle bombole d’ossigeno. E magari ad indicare un protocollo terapeutico per le forme più lievi curabili a casa, che ci è stato detto non esistere, con ciò facendo sorgere il dubbio nei più maliziosi che si volesse rimettere ogni speranza esclusivamente nel vaccino, tra l’altro alimentando spunti polemici di alcune parti politiche che segnalano un atteggiamento diretto ad incutere paura nella popolazione anziché ingenerare un ottimismo legato alle decisioni dell’autorità. E ad alimentare il sospetto di interessi economici miliardari, come è stato detto a proposito della campagna contro Astrazeneca e J&J, vaccini assai meno costosi di altri ai quali si attribuiscono maggiori effetti immunizzanti. Oppure la continua confusione nella comunicazione giornalistica tra casi positivi asintomatici (praticamente la quasi totalità dei giovani) e malati veri. Anche ad evitare, ciò che è accaduto, che persone affette da gravi patologie, come i malati di cancro e le vittime di crisi cardiache, per fare un esempio banale, morissero prima del tempo perché trascurate. Mentre si sentono i “virologi televisivi” passare da rassicurazioni a previsioni catastrofiche sulla necessità di “convivere” con la pandemia. Così alimentando incertezze che talvolta, proprio mentre scriviamo, sfociano nel rigetto del vaccino, dimenticando i più fra questi, definiti no-vax, che i vaccini nel corso dei decenni che abbiamo alle spalle, hanno esradicato malattie gravi, non solamente il vaiolo, che per secoli ha terrorizzato ad oriente e ad occidente, ma la poliomielite che i più anziani ricorderanno falcidiava i giovani che incontravamo a scuola con gravi difficoltà di deambulazione. Ancora la rosolia e il morbillo che tanti danni ha provocato. Sicché oggi ai bambini in età scolare si chiedono 10 vaccinazioni.
Insomma, dopo il semestre della prima emergenza, una volta acquisiti metodi di intervento sarebbe stato sufficiente ricorrere allo strumento principe del decreto-legge ma non nella misura denunciata dal Capo dello Stato, cui far seguire alcune disposizioni amministrative di dettaglio. Invece, la Gazzetta Ufficiale è stata riempita di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, i famosi d.P.C.M dei quali si gloriava l’avv. Giuseppe Conte, nei quali sono state rinvenute sovente norme non pertinenti alla natura di quei provvedimenti con il solo effetto di mantenere gli italiani in uno stato di continua tensione emotiva con danni inevitabili e gravissimi all’economia, specie turistica, entrata presto nel mirino dei nostri concorrenti francesi, spagnoli e greci, che da sempre puntano a carpire quote di mercato tradizionalmente nostre, come quelle delle città d’arte, la vera, grande attrattiva del turismo internazionale.
Incertezza e confusione, come si rileva dalle parole del Presidente Mattarella. Tanto che Claudio Zucchelli si è detto “allibito” nell’ascoltare le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, a proposito della prosecuzione dello stato di emergenza sanitaria fino al 31 dicembre 2021. Presidente aggiunto onorario del Consiglio di Stato, per molti anni Capo del DAGL, il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi, Zucchelli oggi è magna pars di “Lettera 150”, il think tank interdisciplinare guidato da Giuseppe Valditara che sempre più spesso interviene nel dibattito politico alimentato dalla normativa emergenziale indotta dall’epidemia da Covid-19. E sulla chat del gruppo aggiunge “siamo al ricatto: o limitazione di libertà o nuova chiusura con danni all’economia. La Costituzione, anzi, le libertà naturali subordinate alla economia”. Come se la Costituzione fosse “inutile e anzi dannosa per gli affari”. Perché, “nel momento di crisi in cui le Costituzioni devono svolgere il loro ruolo di usbergo della Persona”, è come se il Presidente del Consiglio avesse detto “ciò che conta è l’economia”. E aggiunge “come avevo previsto andiamo verso la proroga ad oltranza di una emergenza che non esiste più giuridicamente da un anno e sarà prorogata per anni, fino a quando il virus non sarà eradicato e quindi inutile ai fini del controllo sociale (quindi forse mai). Pensiamo di essere liberali, ma cediamo alla più atroce, ricattatoria, autoritaria e liberticida visione della prevalenza della collettività organizzata sull’uomo, l’esatto opposto del conservatorismo liberale”. E a suo giudizio “fa riflettere che i più giulivi a cantare vittoria e ad essere soddisfatti sono gli esponenti dei tre partiti eredi del totalitarismo: PD, 5S e LEU”.
La citazione è ampia ma era necessario che così fosse. Per capire, per riflettere. Era necessaria, ad esempio, la proroga dello “stato di emergenza”? O non è possibile ugualmente disciplinare l’“utilizzo del Green Pass” o stabilire nuovi criteri per la “colorazione” delle Regioni con un decreto governativo? E mi chiedo se debbano essere necessari poteri straordinari per organizzare il piano vaccinale ed attuarlo, per stanare quanti non si sono vaccinati, magari perché nessuno è andato a trovarli con una ambulanza che di frazione in frazione, di borgo in borgo, di paese in paese tenesse conto delle caratteristiche orografiche della nostra Italia. Ma è proprio così difficile gestire la realtà epidemiologica con gli strumenti dell’ordinaria amministrazione? Naturalmente adeguando, nella misura in cui fosse necessario, il quadro delle vigenti misure di contenimento della diffusione del virus, quanto alle misure dirette a definire la condizione delle singole zone del Paese (il colore), in relazione all’incidenza settimanale dei contagi e al tasso di occupazione dei posti letto in area medica e in terapia intensiva per pazienti affetti da COVID-19, all’impiego delle certificazioni verdi che, a far data dal 6 agosto 2021, consentiranno esclusivamente ai soggetti che ne sono muniti l’accesso a servizi ed attività varie indicate espressamente, dalla ristorazione agli spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi, ai musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre, piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso. Così per sagre e fiere, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali, centri sociali e ricreativi, attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò, concorsi pubblici.
Si è usato ancora una volta lo strumento del decreto-legge che, come sappiamo, consente al Governo “sotto la sua responsabilità” di adottare “provvedimenti provvisori con forza di legge” (art. 77, comma 2, Cost.). Cosa aggiunge lo “stato di emergenza” ai poteri del Governo? Nulla, ma alimenta la tensione sociale, quella confusione che a Mao sembrava situazione “eccellente”, evidentemente per mantenere il potere.