sabato, Novembre 23, 2024
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Un fisco rapace e miope vuol far cassa sulle seconde case

di Salvatore Sfrecola

L’ipotesi di “rivedere” il sistema di tassazione degli immobili, in particolare delle seconde case, torna prepotentemente nel dibattito politico. Si sente ripetere che il Ministero dell’economia starebbe lavorando alla revisione degli estimi catastali che sarebbe attuata gradualmente. E si apre lo scontro tra i partiti di Governo. Infatti, il tema è da sempre fortemente ideologizzato in un Paese nel quale la maggioranza degli italiani ha la proprietà dell’immobile che abita e quando se ne ha più di uno i componenti della famiglia si distribuiscono quanto alla residenza per avvantaggiarsi delle regole che comunque agevolano i residenti, ad esempio nelle tariffe dei servizi di distribuzione dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua.

Non è intenzione del Governo tassare le case di abitazione, si sente ripetere anche dal Presidente del Consiglio al quale da destra si risponde che modificare gli estimi catastali è il presupposto dell’aumento delle imposte. E così il dibattito va avanti anche con molta ipocrisia, considerato il clima preelettorale che tutto coinvolge alla ricerca del consenso che i partiti cercano disperatamente di conquistare in vista anche del rinnovo delle assemblee legislative previsto per il 2023.

Una cosa, tuttavia, è certa fin d’ora. Anche per venire incontro alle sinistre che sono maggioranza nell’attuale Parlamento il rischio di un amento della tassazione sulle seconde case è reale. Ed è inutile ripetere che questa scelta, dal sapore inevitabilmente ideologico, sarebbe ingiusta e costituirebbe una assoluta sciocchezza. Ingiusta, perché le seconde case non sono, come ritengono i soliti demagoghi che albergano nella sinistra italiana, un indice di ricchezza. Si tratta, infatti, il più delle volte della casetta in campagna, in montagna o al mare ereditata dal papà o dal nonno, mantenuta a titolo affettivo. Ma anche se costituisse un investimento della famigliola, che intende uscire dalle ristrettezze abitative delle città per respirare un po’ d’aria buona nei fine settimana o nei periodi di vacanza, tassare quelle case sarebbe ingiusto, perché colpirebbe il risparmio, che è virtù antica degli italiani che va guardato con rispetto soprattutto quando dà luogo ad investimenti. Quella tassazione, inoltre, è una grave sciocchezza sul piano dell’economia. Le seconde case, infatti, sono una ricchezza per le comunità locali. Ho ricordato in altre occasioni, anche su La Verità, che la disponibilità di una casa al mare, in campagna, ai monti favorisce una serie di attività commerciali e di lavoro nelle rispettive località che se queste case fossero abbandonate a causa della tassazione si estinguerebbero. Chi ha una seconda casa, infatti, ha bisogno periodicamente del muratore, del falegname, dell’elettricista, dell’idraulico e spesso del giardiniere. Inoltre, la seconda casa costituisce un polo di attrazione per le persone amiche del proprietario che vanno a trovare nei giorni di festa o nei periodi di vacanza. Questa comitiva s’intrattiene sovente in un ristorante oppure se pranza a casa si è approvvigionata negli esercizi commerciali del posto che spesso vendono prodotti tipici dell’agricoltura, frutta e verdura, vino, olio, formaggi, salumi. E l’ospite torna in città con qualche prodotto tipico. Ma può anche accadere che l’ospite del padrone di una casa s’innamori del posto, che decida di comprare o affittare una villetta o un locale per le vacanze, per il fine settimana. Insomma, le seconde case muovono una serie di attività locali che arricchiscono le comunità. Ed i sindaci, che sulle seconde case lucrano qualche centinaio di euro, si dimostrano degli sciocchi, perché ostacolano questo virtuoso inserimento nell’economia dell’area delle seconde case.

Sottolineo l’ingiustizia e soprattutto la sciocchezza, che è una costante nella disciplina tributaria italiana, per cui i governi che si alternano, di destra, di sinistra o di centro, non riescono a capire che la tassazione va rivista e ridotta per lasciare libere risorse che il cittadino impiegherebbe con effetti positivi sull’economia del Paese. Mentre, in una visione gretta e rapace del risparmio privato, per qualche euro in più si mortificano le possibilità di sviluppo delle comunità che vivono nei borghi che ovunque ornano il “bel Paese”. 

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