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Riflessioni sulla classe politica*

del Prof. Michele D’Elia

Scrive Gaetano Mosca:

“…in tutte le società a cominciare da quelle più mediocremente sviluppate … sino alle più colte e più forti, esistono due classi di persone: quella dei governanti e l’altra dei governati … ciò che costituisce la vera superiorità della classe politica, come base di ricerche scientifiche, è l’importanza preponderante che la sua varia costituzione ha nel determinare il tipo politico ed anche il grado di civiltà dei diversi popoli”(“La classe politica”, cap. secondo, pagg. 61-63, Universale Laterza Bari,1996)

Da noi questa risorsa non esiste più.

Il declino dell’Italia e della sua classe politica, degradatasi a ‘casta’, esplode con “mani pulite” e continua ancora oggi.

Sull’onda delle pulizie di stagione, dopo i ladri di un tempo ne sono arrivati altri, più raffinati e muniti di strumenti come le ‘leggi ad personam’ che un parlamento, eletto di nome ma nominato di fatto, ha votato passivamente.

Gli artifizi burocratici tengono in vita il finanziamento pubblico dei partiti, abolito dal referendum popolare.

Le cronache ci informano in quali tasche finiscano i soldi dei contribuenti.

Gli affaristi della politica, mala genìa di parassiti, spolpa l’Italia e la svende pezzo per pezzo.

Il nostro Paese, ormai terra di conquista per il capitale straniero, che compra a prezzi stracciati progetti e strutture ma soprattutto idee e cervelli, reagisce con l’antipolitica, vale a dire con il rifiuto di partecipare alla amministrazione della cosa pubblica.

I partiti come luogo di elaborazione del pensiero politico e di formazione della classe dirigente e luogo di ideologie, invece di purificarsi, espellendo dal proprio corpo tossine e veleni, si sono suicidati.

Sulle loro ceneri è germinata e prospera una nutrita schiera di “nani e ballerine” senz’arte né parte nella nostra società; oscuri personaggi dietro i quali se ne celano – ma non troppo – altri, ben più pericolosi ed autoreferenti, come la stampa c’informa.

L’abolizione delle preferenze, gli eccessivi poteri dei sindaci e dei presidenti di provincia, la scientifica demolizione della scuola pubblica e la sua denigrazione costante negli ultimi decenni, lo smantellamento della sanità pubblica, le liste civiche in un numero eccessivo e funghi velenosi come i rottamatori di professione, sono solo alcuni degli aspetti dell’Italia odierna.

Scimmiottare Paesi e popoli diversi dal nostro, con strutture e costumi ben assorbiti dal corpo sociale, disorienta il cittadino e crea il vuoto in cui prosperano i saprofiti.

L’unica soluzione è questa: trovare la forza di ricostruire un apparato di partiti, facilmente riconoscibili da parte degli italiani, che hanno il diritto-dovere di scegliere chi deve guidarli e di punirli, quando occorra; il popolo può farlo solo con un voto consapevole.

Un governo di tecnici non è capace intrinsecamente di garantire questa espressione di libertà, come la Corte dei Conti l’ha detto chiaramente.

Infatti: a fronte di miseri risparmi che insistono sempre sulle stesse fasce sociali e sugli stessi ambiti, il Paese perde energie, competenze ed entusiasmi, ovvero competitività e fierezza. Tale governo, lo dimostra la sua sciagurata politica di tagli, che priva il Paese delle sue uniche risorse: intelligenza creativa ed esperienza di lavoro.

Infine: i tecnici favoriscono una burocrazia apicale, ottusa, che dovrebbe essere guidata dalla politica, poiché è suo il primato in qualunque nazione, che voglia progredire.

Liberare l’Italia dai falsi idoli è la nostra battaglia.

*da “Nuove Sintesi”, n. 2, dicembre 2012.

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