dell’Avv. Jacopo Severo Bartolomei, Collaboratore stabilizzato in diritto costituzionale – Università ROMA III
I. L’analisi politologica deve basarsi su dati concreti, estrapolati dall’attualità alla stregua della “realtà effettuale” di machiavelliano conio, ed a meno di 2 settimane dallo svolgimento di consultazioni elettorali indette con Dpr 21.07.22 per data 25.09,22 (in uno con le elezioni per rinnovo Assemblea regionale siciliana, entità non solo a statuto speciale ma da sempre magmatico laboratorio anticipatorio di ricette nazionali) emerge, tra gli altri elementi, un inconfutabile dato, in smentita delle pessimistiche previsioni sinora campeggiate sui vari mass.media, ad eccezione del paio di testate ideologicamente influenzate dal movimento pentastellato, quasi ad assurgerne il ruolo di Portavoce ufficiale (Il Fatto quotidiano, La Notizia, etc,): la convergente inversione di tendenza circa l’arresto dell’astensionismo e circa il blocco del declino di consenso in favore dei grillini.
Questa indubbia capacità di resilienza del Movimento pentastellato coincide col nuovo corso inaugurato nel “II semestre 2022”, corso contrassegnato da un lato dalla defezione di Di Maio (seguito da oltre 55 parlamentari) e dall’applicazione rigorosa della regola del doppio mandato – idonea a falcidiare la ripresentazione, pure a diversa carica elettiva, di personalità storiche del calibro di Roberto Fico, Paola Taverna e Vincenza Raggi – e dall’altro lato, dall’avallo del Padre nobile-padrino, il genovese Giuseppe Grillo (da cui tutela, pure il redivivo barricadero Di Battista stenta ad affrancarsi), alla leadership indiscussa e dispotica dell’oriundo foggiano, già sedicente Avvocato del popolo, Prof. Giuseppe Conte.
II. Avviatasi la campagna elettorale, sotto la Presidenza dell’ex Premier – eletto da Assemblea online degli iscritti con percentuale bulgara, del 92% suffragi e proclamato il 6 agosto scorso dal Garante V. Crimi, a termini di Statuto –si è infatti registrata l’indubbia inversione di tendenza, sia in pronosticata discesa di consensi di quel Movimento-rivelazione in tornata 5 marzo 2018 con l’irruzione nel panorama parlamentare da partito di maggioranza relativa, sia in forte recupero di partecipazione alle manifestazioni, indice di un blocco dell’astensionismo preconizzato a livelli record. Orbene, la campagna elettorale in corso è caratterizzata per il confronto tra leader dei contrapposti schieramenti (Meloni, Letta e Calenda, per il Terzo Polo) più per slogan preconfenzionati che per piattaforme programmatiche, seriamente articolate in punti di scaletta di governo – come imporrebbe l’attraversamento di perdurante crisi sistemica di tipo istituzionale, sita all’uscita recente dall’emergenza pandemica e al debutto di ribaltamento quadro internazionale, con messa in pericolo fonti di tradizionale approvvigionamento energetico (Gas via metanodotti) .
III. In tale contesto la verve populista (“Loquor dum sum”, secondo l’icastica definizione di P. Armaroli, Conte e Mattarella. Sul Palcoscenico e dietro le quinte del Quirinale, 2020) dell’ex Premier, campione indomito di italico trasformismo, svelatosi nell’avvicendamento dall’esecutivo giallorosso a quello gialloverde, ha gioco facile nel ritagliarsi uno spazio significativo e nell’assestare fendenti incisivi al più diretto contendente, quell’Enrico Letta ancora balbettante dopo rottura dell’accordo e ripercussioni pure in elezioni siciliane; il tutto senza trascurare di agitare il consueto spauracchio della vittoria delle destre, che porrebbe a rischio gli equilibri costituzionali, in termini cosi apocalittici da risultare risibili.
IV. Nello specifico sul fronte dell’astensionismo, occorre aver presente, che dopo il trentennio di alta partecipazione al voto parlamentare (1946-1976), il fenomeno all’inizio era agevolmente identificabile, perché la mancanza di stimoli era riconducibile a fasce popolazione più periferiche, con scolarità medio-bassa e orfane delle ideologie dei grandi partiti di massa (DC,PCI); invece nel trentennio successivo (1979-2009), con l’accentuarsi della incapacità di mobilitazione dei partiti e la crisi della rappresentanza (cd. regime partitocratico), la fuga dalle urne cambia fisionomia e allo “astensionismo apatico” succede l’“astensionismo punitivo”(cfr. F. Fornaro, Gli elettori intermittenti han reso il voto sempre più incerto; Il Domani, 11.9.22, pg. 6). Tali elettori si astengono deliberatamente dall’espressione del suffragio, non già per marginalità, bensì convinti di manifestare così il loro dissenso rispetto all’intera offerta politica, presente in quel dato frangente. In tale mutato contesto, contrassegnato da mobilità accentuata, la decisione di astenersi costituisce un’opzione ragionata, in funzione di lanciare inequivocabile segnale di critica; ma proprio per questo, la scelta assume connotati di intermittenza oscillante. Cosi l’elettore astenuto, che ha fisionomia trasversale ai vari ceti sociali e proviene da più disparate aree geopolitiche (netta prevalenza, tradizionalmente, in regioni meridionali e insulari), non opera – tranne in rarissimi casi, inferiori al 10 max 15%, riconducibili all’”astensionismo involontario o cronicizzato”- una scelta definitiva ed irreversibile, ma è pronto a riconsiderare la propria partecipazione, a fronte di offerta stimolante o rimotivante.
V. Orbene, nell’assumere una leadership semidispotica – scelta di candidati, con listino dei 15 superfavoriti, tra cui il Notaio personale A. Colucci; bypassamento regola del doppio mandato, con candidature all’insegna del nepotismo più spinto (Davide al posto di Stefano Buffagni), riscoperta quale vincolante criterio di radicamento territoriale candidatura, in aggiunta alla residenza anagrafica, della nozione più flessibile di domicilio “centro dei propri interessi/affari” (caso Vittoria Baldino, già attenzionata per mancata restituzione di circa € 100.000 e pure destinataria di esposto disciplinare per violazione Codice Etico) – Conte è riuscito nell’intento di ricompattare il Movimento, logorato da defezioni a raffica e in perenne fibrillazione nell’ultimo anno, presentandolo come soggetto politico rinnovato, capace di esercitare ancora un appeal nei confronti dell’elettorato “antisistema” e se non contro, almeno al di fuori delle logiche dei partiti tradizionali.
VI. Se a tanto, si somma la grossolanità e rozzezza del metro di bilancio dell’operato dei vari esecutivi (gialloverde prima, giallorossa poi, di unità seminazionale a guida Draghi) succedutisi in corso di XVIII legislatura, arrivata in chiusura anticipata senza voto di sfiducia e con repentino scioglimento delle Camere da parte del Presidente Mattarella, si comprende come sia recessiva nella scelta del voto la valutazione di proficuità dell’apporto dato dalle singole formazioni partitiche o raggruppamenti politici alle varie coalizioni governative; criterio che nel caso del Movimento pentastellato avrebbe dovuto rivestire un rilievo preminente, non solo per partecipazione continuativa al governo nazionale, bensì per aver costituito la passata legislatura il banco di prova delle loro prospettate soluzioni.
Partendo dalla constatazione che il Movimento, a differenza della Lega di Salvini è stato l’unico soggetto politico sempre presente al Governo e che è bastato un suo voto di astensione, per determinare la caduta dell’esecutivo Draghi, la disamina dell’apporto dei pentastellati non può prescindere dall’emersione del ruolo di Conte, da premier “tecnico” in quanto non eletto, a capo carismatico e trascinatore di folle, dapprima di seguaci fidelizzati (a parlamentarie hanno partecipato oltre 50.000 iscritti) e poi di elettori spaesati
VII. L’attuale conformazione apicale del Movimento, ad onta di suggestivi richiami agli esperimenti di democrazia diretta di roussoniana memoria, tradisce un’impostazione spiccatamente verticistica, se non autocratica; il sedicente avvocato del popolo, in grado di adattamenti istituzionali camaleontici, intessuti nell’ordito di debolezza della forma di governo parlamentare e del sistema elettorale imballato (degradato dal Porcellum al Rosatellum, vanificando i pronunciamenti costituzionali in materia ed ingenerando senso di frustrazione negli elettori) è riuscito a sfruttare a proprio vantaggio le nicchie a sua disposizione, sotto la benevolenza del Padre Grillo (ora in veste di novello consulente del M5S a € 300.000)
VIII. Tuttavia, la disamina approfondita del Personaggio -tra il pirandelliano (Uno nessuno e contomila) ed il calviniano (Il visconte dimezzato/Il barone rampante/Le cosmicomiche) – sfugge a percezione dell’elettore italiano medio, dotato di memoria corta, offuscato da proverbiale indolenza di discernimento e soprattutto restio a fidarsi di repentini cambiamenti o proposte politiche radicalmente innovative; se si ritiene insuperabile la descrizione gattopardesca dell’avvicendamento di regimi e forze politiche nella penisola, ove sempre determinante si è rivelata l’influenza esterna, la tendenza più affermata è rifugiarsi nell’astensionismo apatico piuttosto che organizzare forme di protesta o manifestazioni di aperto dissenso.
IX. Rebus sic stantibus la misura più incisiva adottata dalla compagine pentastellata resterà indubbiamente, agli occhi degli italiani – in aggiunta a riforma costituzionale della riduzione di 1/3 del numero dei parlamentari (senza adeguamento, però, dei Regolamenti di entrambe le Camere, mancanza che comporterà dopo insediamento certo slittamento tempi loro operatività, per funzione sia legislativa, che di indirizzo-controllo politico), e in aggiunta al reddito di cittadinanza – la tanto declamata pratica di restituzione di quota parte del trattamento indennittario percetto, mensilmente e a fine mandato, in virtù del mandato parlamentare.
Tuttavia, dopo un decennio dall’ingresso nelle istituzioni, ormai archiviati i lemmi storici di “uno vale uno” oppure “tutti in galera”, quando persino la fuoriuscita o espulsa, senatrice salentina Barbara Lezzi non rivendica più la scena dell’apriscatole, il meccanismo delle restituzioni – fiore all’occhiello della popolarità del movimento, invocante ONESTA’ ONESTA’ – ha mutato sensibilmente fisionomia dal 2013. Ora il novello Nomoteta prof. Avv. Conte, ha spiegato agli iscritti, che per tutta la durata del 9 settembre avrebbero potuto votare a quali progetti destinare il fondo così accumulato.
X. All’inizio di legislatura, le somme restituite, in verità non da tutti i parlamentari del movimento con la stessa tempistica, a prescindere da defezioni, confluivano in fondo per piccole e medie imprese presso il Ministero dello Sviluppo economico. Però, passata molta acqua sotto i ponti, allorquando il tesoriere C. Cominardi nel dicembre 2021 si è azzardato a inviare un perentorio sollecito ai parlamentari pentastellati morosi (inadempimento/avvio proc.to espulsione), provocando lo scoppiò di putiferio interno, la campagna di regolarizzazione (i pentastellati sono, notoriamente, sempre contrari a ogni tipo di sanatoria…) si è dovuta interrompere bruscamente; nell’approvare il bilancio annuale dell’Associazione M5S, Egli non si è potuto esimere dall’annotare l’ammontare dei mancati introiti per circa € 2 milioni. Ogni mese infatti i parlamentari devono versare € 1.000 in autofinanziamento al partito, ed altri € 1.500 euro al c.d. fondo restituzioni, su conto corrente gestito dai capigruppo e di volta in volta gli iscritti decidono i soggetti cui in concreto destinarli .
XI. Dal 2021, però, la rottura definitiva tra M5S e la piattaforma Rousseau, ereditata da Davide Casaleggio, ha provocato anche la chiusura del sito di rendicontazione, ove erano consultabili tutte le informazioni, su restituzioni e bonifici effettuati. Ad oggi, ad onta di tanto invocata trasparenza istituzionale ed amministrativa, non è stato ripristinato il sito per tali informazioni, ma risulta mera sezione del Nuovo sito dell’era presidenziale che offre il Verbale d’Assemblea su separazione da Rousseau e il Nuovo Statuto. Nei mesi scorsi Giuseppe Conte ha fatto un’infornata di nomine interne ratificate online, tra vicepresidenti, responsabili e membri dei comitati. Tra i requisiti necessari per ottenere la carica, figurava l’essere in regola con i versamenti, pertanto alla morosità si è ovviato in via trasversale, seppur limitata ai 100 nominati, mentre gli altri parlamentari preoccupati di mancata rielezione han pensato bene di tergiversare o andarsene definitivamente, così sottraendosi a quell’obbligo etico contratto col proprio elettorato. Eppure di tale vicende incresciose, dopo un primo momento (servizio su Le Iene, poi Report giugno 22) i mass-media hanno tralasciato di dare una informazione adeguata, tantopiù indispensabile giacchè la restituzione di quota indennità rappresenta il quid pluris distintivo dell’appartenenza a Movimento.
XII. Comunque la dirigenza grillina ha individuato per ultima consultazione 9.9.22, nove associazioni tra cui scegliere (da Emergency a Comunità Sant’Egidio), con innovazione significativa rispetto al passato, non sfuggita agli osservatori più acuti, non dimentichi della formazione gesuitica ricevuta dal Nostro ex Premier e dall’assidua frequentazione di ambienti d’oltretevere, pur nei tempi di brillante carriera universitaria alla scuola di Guido Alpa (altro genovese, come Grillo).
Sono spariti completamente dal novero dei possibili destinatari, gli enti pubblici (niente più MISE, MEF, CNR, principale ente ricerca livello postuniversitario etc.), soppiantati da alcune associazioni cattoliche (Libera, Associazione Gruppo Abele, Comunità S. Egidio, etc.). Tale dato rileva che il credente devoto Conte, ricerca consensi nella disaggregata galassia del mondo cattolico, flirtando con le dichiarazioni pontificie di doverosità di porre fine al confronto armato in Ucraina e richiamando, ora con un po’ di tattico ritardo, il principio di ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, sancito dall’art. 11 Cost., cosi caro alla sensibilità pacifista di ogni provenienza ed estrazione. Giuseppi Conte, ponendo l’accento sul finanziamento alle istituzioni religiose – tema da sempre divisivo con l’intera Area di sinistra, estrema e moderata – dimostra di conoscere, ad onta sua provenienza “tecnica” i risvolti della storia politica non solo della sua Regione di provenienza (la Puglia, ove Vendola sconfisse lo sfidante Boccia, designato su accordo di Casini e D’Alema, grazie al perdurante favore dell’associazionismo cattolico) ma dell’intero Paese, ove il cattocollateralismo ha sempre funzionato da catalizzatore di consensi, a prescindere dal soggetto che lo impersonava nel frangente (da Alcide De Gasperi ad Amintore Fanfani, ad es.).