sabato, Novembre 23, 2024
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Nel dibattito sulle riforme costituzionali i monarchici italiani si offrono come interlocutori dei partiti

di Salvatore Sfrecola

Le esequie della Regina Elisabetta II si stanno rivelando occasione per l’approfondimento delle tematiche istituzionali nell’ambito del dibattito, sviluppato anche durante la campagna elettorale, che attiene al ruolo del Presidente della Repubblica e delle Camere del Parlamento. E così l’avv. Alessandro Sacchi, Presidente dell’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.), prende carta e penna e diffonde un comunicato con il quale si dice disponibile ad interloquire con i partiti politici sui temi istituzionali, compresa, è facile immaginare anche se non è scritto, la riforma della legge elettorale che più volte l’U.M.I. ha richiamato come base della democrazia rappresentativa, in quanto  strumento di selezione della classe dirigente. L’esempio è proprio l’ordinamento del Regno Unito che dispone di una legge elettorale basata su collegi uninominali che fin qui ha concorso a selezionare una classe dirigente di buona qualità, anche se oggi il primo ministro non può vantare, come poteva fare Sir Antony Eden, che nel suo governo ben sette ministri, come lui, si erano laureati all’Eton College, famoso collegio di epoca Tudor tra i cui ex allievi si contano ben 19 premier inglesi.

L’Avv. Sacchi prende spunto dalle immagini che le televisioni di tutto il mondo ci mostrano Londra, il lungo Tamigi con in fila coloro che intendono riservare il loro omaggio alla salma della Regina in Westminster Hall. “Lo straordinario concorso di popolo, scrive Sacchi, di tutte le età ed etnie che, con dolore composto e silenzioso, ha accompagnato le esegue della regina Elisabetta II, esempio di pubblico servizio allo Stato, ha dimostrato al mondo intero, attraverso l’ossequio alla Sovrana, la vasta condivisione del ruolo della monarchia costituzionale capace, ad un tempo, di incarnare l’identità di un popolo, la sua storia e le sue tradizioni, essenziale in tempi di globalizzazione, e di garantire una vera separazione dei poteri, presidio di libertà e democrazia. Nella ritrosia di giornali e televisioni a riconoscere che le monarchie, sottraendo il Capo dello Stato al condizionamento dei partiti che in Repubblica lo eleggono, è evidente che la funzione arbitrale del Sovrano consente il libero dispiegarsi del confronto delle forze politiche, come dimostra la celere conclusione della crisi del governo Johnson, a Londra, e la nuova realtà politica svedese, a Stoccolma”.

Ed ecco la conclusione: “l’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.) ritiene che l’esperienza della Regina Elisabetta contribuisca a fornire elementi di riflessione al dibattito, ampiamente condiviso dalle forze politiche italiane, sulle riforme costituzionali, attraverso la verifica della tenuta democratica delle istituzioni della Repubblica, a cominciare dal ruolo e dai poteri del Capo dello Stato, temi sui quali i monarchici sono naturali interlocutori dei partiti, considerato che i principi di libertà ed uguaglianza che sono alla base dei più importanti rapporti civili, etico sociali e politici, come le regole dell’ordinamento dello Stato nell’attuale Costituzione, sono in gran parte tratte dallo Statuto Albertino, la legge fondamentale della Monarchia rappresentativa parlamentare”.

Accoglieranno i partiti il contributo che i monarchici italiani offrono ai repubblicani di tutti i partiti sui temi della riforma costituzionale nei suoi vari aspetti? Perché nella prossima legislatura non si parlerà solo di presidenzialismo. Anzi è probabile che, nel pressing delle esigenze di carattere economico e sociale dovute alla crisi indotta dallo straordinario aumento dei costi delle fonti di energia, in un Paese il cui territorio è stato ove trascurato, ove depredato, Parlamento e Governo saranno impegnati a ricostruire un minimo di funzionalità delle infrastrutture viarie, ferroviarie, idrauliche, portuali e aeroportuali delle quali alcune regioni sono gravemente carenti.

La nuova legislatura, se vorrà essere ricordata positivamente, dovrà porre mano alla riforma dell’amministrazione pubblica ai vari livelli di governo, redistribuendo le attribuzioni in modo da rendere più celeri i procedimenti che dovranno contemporaneamente essere semplificati. Una grande sfida per lo sviluppo e la crescita di questo meraviglioso Paese che soffre da troppo tempo della incapacità della classe dirigente di immaginare il futuro.

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