domenica, Novembre 24, 2024
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Chi metterà in campo la destra per la Presidenza della Regione Lazio?

di Salvatore Sfrecola

Ci risiamo. Alla vigilia delle elezioni per il rinnovo della Presidenza e del Consiglio regionale del Lazio, mentre le sinistre, pur con qualche distinguo, sembrano convergere sulla candidatura di Alessio D’Amato, attuale assessore alla sanità, quale successore di Nicola Zingaretti, nulla si sa del candidato del centrodestra. Non è dubbio che sarà scelta una personalità di picco della politica laziale capace di mettere insieme le tre anime della parte politica al governo dello Stato, ma, al momento, l’unico nome che si sente fare è quello di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, esponente tra i più noti di Fratelli d’Italia, presente sul territorio, che si è detto disponibile a correre per la Pisana, un politico certamente in condizione di competere con buone possibilità di successo. Ma ad oggi niente di certo.

Ci risiamo, dunque. Com’è accaduto per il Comune di Roma, il centrodestra, che non ha ufficializzato per tempo la sua scelta, dimostra di trascurare una elementare regola organizzativa della politica, in vista del voto e della partecipazione alla vita politica della Regione. Infatti, sarebbe ovvio che il candidato Presidente della Regione si manifestasse per tempo quale espressione significativa della classe politica regionale. Perché i cittadini imparino a conoscere il leader e la sua squadra, quella che si potrebbe definire “governo ombra” della Regione, alla quale fare riferimento per le questioni attinenti all’Amministrazione regionale, con riguardo alle materie di competenza dell’ente e con riferimento ai territori, realtà ambientali, economiche e sociali molto diverse.

La classe dirigente della politica regionale non si forma all’ultimo momento, ma deve, nel corso dell’intero quinquennio, svolgere un ruolo di supporto al governo o di opposizione in modo visibile, quale riferimento delle istanze dei cittadini. Insomma, la gente deve conoscere coloro che fanno parte della classe dirigente politica regionale, che andrà, altresì, formando gli staff amministrativi e tecnici che dovranno affiancarla. 

È un grande difetto della politica, soprattutto di centrodestra che, anche a livello di politica nazionale, non si presenta strutturata in uffici che si propongano di percepire le richieste della cittadinanza e di elaborarle a fini di definire e continuamente aggiornare il programma di governo.

Il fatto è che le candidature sono gelosa riserva delle segreterie dei partiti che decidono in base a criteri spesso lontani dalle realtà locali. È al centro che, in relazione al potere delle correnti o alle ambizioni di singole personalità che le segreterie decidono chi debba essere candidato sindaco o presidente della regione, nella presunzione che quella scelta sia pedissequamente seguita dagli elettori. Che, invece, trovano in questo modo di agire un ulteriore motivo per tenersi lontani dalla politica, come dimostra il crescente assenteismo, già sperimentato nella Capitale in occasione delle elezioni per il rinnovo dell’Amministrazione capitolina.

Così a Roma la capitale, il centro della vita politica, il Centrodestra, dopo aver fantasticato intorno a candidature assurde, come quella di Guido Bertolaso, nell’ottica di una sua esperienza di protezione civile ritenuta utile per affrontare l’emergenza rifiuti e buche (roba da Capo Dipartimento, non da Sindaco), la scelta è caduta su un garbato signore, assolutamente sconosciuto ai più, l’avvocato Enrico Michetti, che la maggioranza dei romani ha continuato ad ignorare.

Sarebbe veramente grave, dunque, se accadesse alla Pisana quello che si è visto nella Capitale, dove forse il centrodestra non voleva vincere, ben conoscendo i gravissimi problemi organizzativi e finanziari della Città. Anche la Regione Lazio ha problemi seri di gestione, come ha rilevato la Corte dei conti nell’ultima relazione al Consiglio regionale sul rendiconto finanziario della regione. Oggi, tuttavia, il Paese ha un governo sostenuto da una solida maggioranza parlamentare che attesta di un diffuso consenso ai vari livelli della popolazione che non può essere trascurato, soprattutto nella Regione nella quale ha sede la Capitale del Paese, il centro dell’attività politica, culturale e amministrativa del Paese.

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