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Chi produce ricchezza? Le imprese certamente, ma anche lo Stato

di Salvatore Sfrecola

Giorgia Meloni ricorda spesso, ancor più da quando è Presidente del Consiglio dei ministri, che la ricchezza la producono le imprese. Lo ha scritto anche nel suo libro Io sono Giorgia: “se c’è una cosa che so, è che la ricchezza non la crea lo stato. La creano le imprese e i lavoratori” (pag. 131). Ricchezza non soltanto per l’imprenditore, ovviamente, ma anche per gli addetti il cui numero è destinato a crescere con lo sviluppo delle produzioni che sono conseguenza di un aumento dei consumi. Questi crescono se i cittadini hanno più disponibilità di moneta che deriva da aumento degli stipendi e da nuova occupazione. Tutto questo è assolutamente elementare, nel senso che lo capiscono tutti, come il fatto che maggiori consumi determinano un incremento delle entrate tributarie (l’Iva in particolare).

Detto questo abbiamo rappresentato solamente una parte della realtà, perché le imprese producono ricchezza, certamente per merito dell’imprenditore e delle maestranze, se operano in condizioni che in qualche modo favoriscono il loro sviluppo. Lo si sente tutti i giorni quando, ad esempio, per aumentare l’occupazione, al posto del reddito di cittadinanza, lo Stato si propone di agevolare le assunzioni di giovani con misure destinate a ridurre gli oneri contributivi e tributari a carico delle imprese. Quindi la giusta affermazione che sono le imprese a produrre ricchezza va integrata con riferimento a quanto lo Stato fa per agevolare l’espansione delle produzioni, ad esempio favorendo l’esportazione dei prodotti attraverso la promozione del made in Italyall’estero. Un profilo messo in risalto dall’attuale governo con il cambio di denominazione del Ministero dello sviluppo economico.

Lo Stato, in particolare, contribuisce alla ricchezza nazionale, il Prodotto Interno Lordo (PIL), in quanto acquirente di beni e servizi ed erogatore di stipendi ai dipendenti pubblici che producono servizi, la Giustizia, la sicurezza, la scuola, la ricerca, la salute, la difesa, le infrastrutture, tutte utilità per l’intera comunità nazionale. Si calcola che l’apporto dello Stato al Pil sia intorno al 20%. Le Pubbliche Amministrazioni, Stato, regioni, province, comuni, enti pubblici, acquistano dal sistema produttivo di tutto, dalle matite ai cannoni, compresi servizi di caratteri informatici che occorrono per il funzionamento degli uffici.

Continuando ad indagare sulle cose che lo Stato fa o potrebbe e dovrebbe fare per contribuire allo sviluppo del Paese, creando anche le condizioni perché le imprese creino ricchezza, uno strumento fondamentale è dato dal sistema tributario, nel senso che lo Stato spesso ha agevolato imprese inserite in territori che si vorrebbero sviluppare anche stabilendo una aliquota iva più vantaggiosa per alcuni beni di interesse sociale o dei quali si vorrebbe incrementare la produzione. Lo Stato agevola le imprese in altri modi, ad esempio riducendo il carico burocratico, cioè gli adempimenti cui le imprese sono tenute per fornire dati alle pubbliche amministrazioni o per ottenere un’autorizzazione ad ampliare gli impianti. È un po’ quello che la Presidente Meloni intende quando afferma che lo Stato “deve mettere chi può crearla (la ricchezza) in condizione di farlo nel modo migliore”. 

Altro esempio. In qualche momento storico lo Stato ha agevolato le imprese che richiedevano finanziamenti, in particolare europei, per ampliamento degli impianti o per favorire il risparmio energetico o, ancora, per aumentare l’occupazione. Lo ha fatto prestando una garanzia sulla restituzione del mutuo o sul rischio di variazioni negative del cambio, quando i finanziamenti erano in dollari. Non basta, anche i servizi di trasporto possono giovare alle imprese riducendo il costo della distribuzione dei prodotti, quando strade, autostrade, ferrovie o porti sono facilmente raggiungibili in modo da ridurre i tempi del trasporto.

Un comparto che fa da volano a vari settori dell’economia è il turismo, che non è solamente accoglienza alberghiera, ristorazione e tariffe museali. L’Italia ovunque produce beni di artigianato che richiamano l’attenzione dei turisti, italiani e stranieri, che non trascurano l’oggetto di vestiario griffato, la ceramica o le trine tipiche delle manifatture di ogni regione, nelle città e nei borghi, al mare o ai monti. E, poi, l’enogastronomia, preziosa componente della dieta mediterranea, conosciuta e seguita in tutto il mondo. I turisti, italiani e stranieri, questi ultimi in particolare, al rientro a casa, se soddisfatti della nostra accoglienza, si trasformano in piccoli ambasciatori dei nostri prodotti che richiederanno ai loro abituali fornitori.

Inoltre, cosa che pochi conoscono nelle dimensioni reali, lo Stato italiano, nonostante, tra tutti gli stati, sia il più grande proprietario immobiliare, ha molti uffici in affitto, Stazioni dei Carabinieri e Commissariati della Polizia di Stato, ma anche uffici decentrati dei ministeri, Tribunali amministrativi regionali, Sezioni della Corte dei conti, Uffici delle Avvocature distrettuali. Manca la capacità di utilizzare beni di proprietà da adattare alle esigenze. Eppure, parte del patrimonio è prezioso, collocato al centro delle città. Un esempio, a Torino Corte dei conti, Tribunale Amministrativo Regionale ed Avvocatura Distrettuale sono in affitto. La cifra corrisposta ai proprietari è rilevante. Da Presidente della Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei conti, nel 2012, scrissi al Presidente del Consiglio Mario Monti segnalando che una caserma al centro della città in ottime condizioni, facilmente utilizzabile, avrebbe consentito di risparmiare milioni di euro, nel contempo creando un polo giudiziario estremamente comodo per l’utenza, cittadini ed avvocati. Il Presidente si attivò tramite il Segretario Generale di Palazzo Chigi, Manlio Strano, un mio compagno di scuola al liceo Tasso di Roma, che fece presente l’interessamento del Presidente Monti per la proposta. Non ho saputo più niente.

In ogni caso, con queste locazioni lo Stato agevola enti pubblici e privati proprietari degli immobili, contribuendo ai loro bilanci. Un dato da tenere presente nel dare un giudizio sul ruolo Stato, in questo caso a mio modo di vedere non del tutto positivo. È come se in una famiglia proprietaria di immobili alcuni fossero dati in locazione mentre i figli, a loro volta, scelgono di affittare, per abitare o per svolgere la loro attività, immobili dello stesso taglio. Una famiglia seria converte il patrimonio eventualmente inutilizzabile per le proprie esigenze ed acquista nuovi immobili. La gestione dello Stato è spesso incomprensibile. Paga locazioni il cui importo nel giro di qualche anno consentirebbe l’acquisto o la costruzione di un immobile per le finalità istituzionali. Manca una visione d’insieme. Ne parleremo ancora.

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