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La Domenica del Direttore

di Salvatore Sfrecola

La prima sentenza con uno strumento di intelligenza artificiale. È accaduto in Colombia, dove un giudice ha utilizzato il programma di intelligenza artificiale ChatGPT per emettere una sentenza che, come era facile immaginare, ha suscitato scalpore e preoccupazioni. Scalpore per la novità, ovviamente, preoccupazioni per la scarsa affidabilità del programma. Questo, infatti, è un generatore di dialogo con gli umani ed è un produttore di testi.

 È accaduto a Cartagena dove il giudice Juan Manuel Padilla, chiamando a decidere se l’assicurazione di un bambino autistico dovesse coprire tutti i costi delle cure mediche, ha posto la domanda al programma: “un minore autistico è esonerato dal pagamento delle tasse per le sue terapie?” Il programma risposto “sì è corretto” e la frase è stata riportata nella sentenza.

Criticato da molti colleghi, Padilla si è difeso sostenendo che con questo sistema si potrebbe rendere più efficiente il sistema giudiziario della Colombia agevolando la scrittura dei testi senza sostituire i magistrati. Che già oggi, come accade ovunque, possono interrogare una banca dati per avere il testo di una precedente sentenza ed inserirne la parte che interessa per la nuova decisione, un classico esempio di copia/incolla.

Il pericolo intravisto dai critici del Giudice Padilla deriva dal fatto il programma è ancora imperfetto e “qualche volta fornisce risposte diverse alla stessa domanda”, come scrive Vittorio Sabadin su Il Messaggero. La difficoltà sarà inevitabilmente quella di valutare fatti e comportamenti che è compito del giudice nell’esercizio di una discrezionalità che è ineliminabile. Tuttavia si può già immaginare che per fattispecie semplici, nelle quali il fatto va rapportato ad una norma di agevole interpretazione, come nel caso di violazioni del Codice della Strada, una pronuncia con l’uso del programma ChatGPT appare certamente possibile. Riducendo il lavoro dei Giudici di Pace.

Lasciateci studiare! Gli studenti del liceo Einstein di Torino hanno protestato contro l’occupazione dell’istituto che impediva loro di entrare in classe e seguire le lezioni. È un esempio importante di una risposta alle occupazioni. Perché, come ho sostenuto più volte, gli studenti possono ben chiedere riforme o modifiche dei programmi, ammesso che ne abbiano la competenza, ma non possono occupare le scuole impedendo, a chi lo desidera, di partecipare alle lezioni. Ho ricordato anche che l’occupazione è un atto illegale che, oltre ai profili penali, è sicuramente fonte di danno per lo Stato che deve pagare i professori per delle prestazioni che non vengono rese. 

È importante che questa protesta provenga dagli studenti i quali sono i titolari del diritto allo studio e dimostra come molte di queste occupazioni siano pretestuose, animate da intenti politici che nulla hanno a che fare con il mondo della scuola.

Un finto cieco fermato al volante dell’auto. È accaduto nel padovano. Alla guida di un’auto, fermato è risultato cieco assoluto per la Commissione Sanitaria Provinciale. Tuttavia aveva ottenuto il rinnovo della patente di guida. L’attività di investigazione della Guardia di finanza è stata minuziosa ed ha permesso di individuare il “cieco totale” mentre usciva dall’ospedale di Piove di Sacco senza bisogno di nessun tipo di accompagnamento o di aiuto. I finanzieri hanno verificato come, in precedenza, l’uomo avesse anche firmato alcuni documenti.

Una piccola considerazione a margine. L’uomo è sicuramente un disonesto, perché percepisce una pensione per una invalidità che non ha, ma giustizia esige che si vada ad indagare se chi gli ha riconosciuto una invalidità grave ma inesistente ha realmente fatto il proprio dovere. O ha giudicato sulle carte e queste erano state alterate e da chi.

Roma alla sfida del turismo. La Città Eterna è da sempre meta di turismo. Le bellezze della Città, note in tutto il mondo, la sua storia trimillenaria ne fanno una meta straordinaria per gli italiani e gli stranieri. Tuttavia, questa città meravigliosa, effettivamente unica al mondo, non offre servizi adeguati alla sua fama e all’interesse che per lei hanno i turisti.

Troppe volte sono stati denunciati comportamenti scorretti di ristoratori e baristi che hanno applicato tariffe eccessive nei confronti dei turisti, una grave lesione dell’immagine della Città che la “vittima” inevitabilmente trasmette ai suoi concittadini al rientro in patria.

Roma, inoltre, è una città che, pur avendo inventato in antico i bagni pubblici, oggi non ha sufficienti attrezzature per i turisti. Noi chiamiamo ogni anno milioni di persone a Roma ma chi ha bisogno di una toilette si deve recare in un bar, il più delle volte con servizi inadeguati, quando non si sente rispondere che la toilette è inagibile. Io credo che sarebbe anche un affare notevole per degli imprenditori intelligenti predisporre dei servizi di toilette nelle zone a maggiore intensità turistica. Potrebbero essere luoghi dove la persona d’estate può fare una doccia, comprare una bottiglietta d’acqua o una bibita fresca, sorbire un caffè, comprare una maglietta. Sarebbero possibili tante iniziative di carattere imprenditoriale intelligenti, senza far venir meno l’interesse di baristi e ristoratori. Purtroppo se ne parla da tanto tempo ma l’amministrazione civica non viene incontro alle possibili iniziative imprenditoriali private o non immagina un piano adeguato per far fronte ad una esigenza che chiunque percepisce. Perché la toilette può interessare anche i romani nelle loro passeggiate per fare delle compere.

Il flop del doppio cognome. Dopo la sentenza della Corte costituzionale, che di fatto ha superando il sistema dell’attribuzione automatica del cognome paterno ai figli, ci si attendeva chissà quale rivoluzione. Invece gli italiani, i romani in particolare, hanno prevalentemente mantenuto il cognome paterno, come hanno rivelato i giornali.

Nessuna obiezione, ovviamente, come accade in molti paesi per la l’aggiunta del cognome materno. Chi legge sui giornali delle figlie del Re di Spagna, Felipe VI, avrà notato che hanno il cognome Borbone y Ortiz, che è il cognome della mamma, la Regina Letizia. La complicazione della pronuncia della Corte costituzionale, che apriva alla scelta indipendente del cognome da parte dei genitori si è dimostrata una velleità, perché la gente ha percepito immediatamente che l’alterazione del sistema dei cognomi fa perdere, nel giro di un paio di generazioni, il senso della appartenenza a una famiglia, che è un bene che la gente sente come proprio. Ognuno di noi è orgoglioso del nonno, del trisavolo e naturalmente lo è perché può riandare alle precedenti generazioni che identifica in primo luogo attraverso il cognome paterno. Anche quello della mamma, ovviamente, è prezioso retaggio della famiglia ma l’ipotesi che il cognome fosse scelto secondo i gusti dei genitori o, addirittura, del giudice era sembrato subito una sciocchezza. Con la conseguenza che due fratelli potrebbero avere due cognomi diversi.

Nessuna considerazione per la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29 Cost.), ma un’accondiscendenza a certe mode che della tradizione pensano di poter fare a meno.

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