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Il caso dell’orsa presunta “assassina”. L’uomo e gli animali nel Creato di Dio

di Salvatore Sfrecola

L’orsa JJ4, dunque, è innocente. La perizia veterinaria forense l’ha scagionata. Le impronte dei denti sarebbero, infatti, di un orso maschio e non di una femmina. E così può riprendere sine ira ac studio una riflessione obiettiva su come far convivere in sicurezza l’uomo e gli animali che animano il bosco, compresi quelli feroci, come l’orso. E ci auguriamo di non leggere più le estremizzazioni che non favoriscono la soluzione del problema, in un contesto di gestione della natura nel rispetto delle varie esigenze, comprese quelle del turismo (e delle prossime elezioni) che tanto preoccupano il Presidente della Provincia autonoma di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, distintosi per aver disposto, con propria ordinanza, l’abbattimento dell’animale, poi salvato da una decisione cautelare del TAR di Trento.

Tra chi ha chiesto la pena di morte per l’orsa, perché di questo si tratta, alla stregua di un delitto umano da “punire” necessariamente, è Silvana De Mari che ha scritto per La Verità del 3 maggio un lunghissimo articolo il cui succo è riassunto in una frase: “La vita degli animali vale più di quella degli uomini perché gli uomini non valgono nulla”.

La Signora appartiene a quella aliquota di persone le quali ritengono che il Creato, opera, come sappiamo dalla Bibbia, di Dio, è composto da animali e vegetali e dall’uomo, fatto a Sua immagine “affinché possa dominare sui pesci del mare e sui volatili del cielo, sul bestiame e sulle fiere della terra” (Genesi, 26), e che questo “dominio” ponga la natura a disposizione indiscriminata degli uomini, i quali possono farne ciò che vogliono, inquinare, innanzitutto, ma anche uccidere non solo per necessità di alimentazione ma anche per sport, una sorta di surrogato della guerra in tempo di pace.

E allora ecco il piagnucoloso incipit dell’articolo, stile radical chic, con riferimento alla giovane vittima che “aveva un destino, vivere, sposarsi, avere dei figli, lavorare, viaggiare, un destino che è stato spezzato”, perché in un bosco, nel quale correva “respirando l’aria piena di essenze”, è stato “sventrato da vivo”. Tutto questo per dimostrare che coloro che non vogliono che l’orsa sia uccisa non hanno considerazione per la vita dell’uomo, che “la vita del vostro gatto è importante quanto quella del vostro bambino”.

È un ritornello sentito più volte, come se chi accudisce un animale necessariamente trascurasse gli uomini, le donne, i bambini e gli anziani. Sono, invece, convinto, sulla base dell’esperienza e dell’osservazione della realtà, che quanti hanno cura degli animali, per compagnia o per lavoro, non trascurano le persone. Mentre ho visto molti di coloro che si esprimono con la ricordata critica dimostrare una straordinaria aridità d’animo e non aprire il borsellino neppure per donare 50 centesimi in Chiesa.

Chi si dimostra convinto che, quanti manifestano la propria solidarietà all’orsa, lo facciano perché in un bosco le belve debbano avere diritti che noi umani non abbiamo, evidentemente pensa che per affermare i “nostri” diritti sia necessario uccidere l’orsa, in una sorta di vendetta, neppure richiesta dai familiari della vittima che da tutti hanno avuto cristiana pietà. E qui la De Mari mostra tutta la confusione di idee che alimentala sua impostazione “giustizialista”. Chiude con una richiesta di silenzio. “Che i genitori di Andrea, già col cuore spezzato, non siano assordati dall’odio verso il loro figlio, reo di essere stato sbranato da un’orsa”. Chi mai avesse manifestato “odio” nei confronti della giovane vittima la De Mari dovrebbe dircelo. Noi non lo abbiamo letto da nessuna parte. Né sentito.

Tornando al tema, l’orso certamente arricchisce il bosco ma va tenuto in condizioni di sicurezza, come accade, ad esempio, in Abruzzo dove si è realizzata da tempo una qualche convivenza tra animali e uomini. Forse perché l’orso marsicano è più mansueto e autoctono rispetto a quello importanti in Friuli. 

Questi sono i temi, non la vendetta.

E alla De Mari, che si professa, almeno mi sembra di capire, cristiana ricorderei San Francesco e la storia del lupo di Gubbio. La fiera spaventava i cittadini. Francesco, malgrado il parere contrario degli eugubini, che temevano per la sua vita, decise di cercare il lupo per parlargli. E riuscì a convincerlo che se si fosse pentito del male fatto e avesse cambiato il modo di vivere, gli eugubini sarebbero stati lieti di accoglierlo in città e di nutrirlo.

Il lupo accettò l’accordo. Naturalmente parliamo di un miracolo di un grande Santo. Ma la vicenda ci consente di riandare alla base di una concezione del Creato che i cristiani sembrano aver dimenticato, dimostrando disinteresse per la natura, di fatto lasciandone la tutela a radicali e ambientalisti, quando dovrebbe essere chiaro che il credente deve sentirsi impegnato in prima persona in difesa di quella natura che è opera di Dio. Solo di recente l’attenzione dei fedeli è stata sollecitata dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II.

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