di Salvatore Sfrecola
La polemica sullo stato di attuazione dei progetti finanziati con i fondi provenienti dell’Unione Europea nel quadro del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) continua a tenere banco e ad avvelenare i rapporti all’interno delle amministrazioni dello Stato e con la Corte dei conti. Il Governo ha recepito progetti predisposti dall’Esecutivo precedente e si trova a dover gestire delle situazioni che possono essere considerate, in alcuni casi e per certi versi, pregiudicate dal passare del tempo. E comunque, per capire come stanno le cose, ad evitare sgradevoli polemiche, che destano preoccupazione sulla qualità della classe politica, dobbiamo fare alcune considerazioni di carattere storico che insegnano e sono utili ad interpretare l’attualità
È noto, perché ne hanno parlato abbondantemente le cronache negli anni passati, come l’Italia, in particolare in alcune realtà istituzionali, regionali e comunali, abbia avuto molto spesso difficoltà nella realizzazione di progetti finanziati dall’Unione Europea. In quei casi, le polemiche giornalistiche hanno messo in evidenza come progetti importanti non siano stati realizzati nonostante rilevanti finanziamenti europei, anche della Banca Europea degli Investimenti (BEI) che negli anni ‘80 riservava all’Italia circa il 60% dei finanziamenti a tassi particolarmente agevolati sui quali, inoltre, il Tesoro assicurava la garanzia sulla restituzione dei mutui e sul tasso del cambio.
Non deve quindi stupire se oggi alcuni ministeri si trovano ad affrontare delle responsabilità che, ripeto, sono antiche ma si sono aggravate per il fatto che, con molto entusiasmo e mal riposta fiducia, il baldanzoso Ministro dell’amministrazione, Renato Brunetta, ha provveduto al reclutamento di giovani risorse, probabilmente con qualche titolo professionale e universitario ma con scarsa o nessuna esperienza. Sono questi dirigenti inventati, diciamo così, dalla politica che hanno in mano la realizzazione dei progetti e quindi non è strano che abbiano, per mancanza di esperienza, il timore di sbagliare e di firmare per non incorrere in responsabilità dirigenziali o amministrative. E qui si enfatizza da tempo, come abbiamo più volte scritto, il timore della presenza della Corte dei conti che fa il suo mestiere come lo fanno in tutti i paesi dell’Unione Europea le analoghe istituzioni superiori di controllo.
Vorrei che i nostri politici riflettessero su questo aspetto, soprattutto quegli incauti aspiranti legulei che impazzano su alcune chat su WhatsApp finalizzate soprattutto ad esternare plausi all’indirizzo dell’organizzatore, i quali vorrebbero ridimensionare il ruolo della Corte dei conti perché dà fastidio questo controllo, questa verifica, questo monitoraggio delle attività. I controlli non sono mai piaciuti a nessun politico. In altri tempi, tuttavia, era diverso; c’era una classe politica di elevata professionalità e di sicura e consolidata dirittura morale e senso dello Stato che diceva alla Corte dei conti “controllate”, come Quintino Sella, il Ministro delle finanze che ho più volte ricordato, anche di recente, e di cui pubblicherò integralmente il discorso pronunciato in occasione dell’inaugurazione della Corte dei conti del Regno d’Italia perché la gente sappia e comprenda le ragioni delle istituzioni.
Questi signori, aspiranti legulei del sabato sera, dovrebbero sapere che i controlli in Europa sono funzionali agli adempimenti previsti dalla normativa dell’U.E. e sono esercitati in collegamento con la Corte dei conti europea. Questi controlli, inoltre, vengono svolti nei modi e nelle forme che sono definite a livello internazionale dall’INTOSAI, l’International Organization of Supreme Audit Institutions … an autonomous, independent and non-political organization. L’INTOSAI operates as an umbrella organization for the external government audit community. It is a non-governmental organization with special consultative status with the Economic and Social Council (ECOSOC) of the United Nations. Chiaro no?
Insomma le regole messe a punto in quella sede con il concorso delle istituzioni di controllo dei paesi aderenti, alle quali l’Italia ha sempre assicurato un rilevante contributo, sono le stesse ovunque. È evidente, dunque, che certi politici, i quali godranno anche del consenso popolare, dovrebbero applicarsi un po’ o circondarsi di collaboratori, fedeli ma indipendenti, che li assistano, soprattutto quando certe cose loro non le sanno.