I capi di gabinetto: il coordinamento della gestione al servizio dello Stato
di Luigi Fiorentino, Capo Dipartimento informazione ed editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Bel dibattito quello aperto dal Presidente Salvatore Sfrecola sulla figura dei Capi di gabinetto, nell’attuale fase storica, oggi, in una congiuntura politica nuova e per tanti versi sfidante.
In sostanza si sono sin qui confrontate due tesi, quella del Presidente Sfrecola e quella del Consigliere Luigi Tivelli. L’uno ritiene importante una omogeneità politica con il Ministro, l’altro la ritiene non essenziale, portando esempi concreti di Grand Commis che hanno ricoperto tale ruolo indifferentemente con Ministri di schieramenti politici diversi.
Credo che l’analisi vada, in linea generale, da un lato storicizzata e dall’altro condotta esaminando in concreto l’attività del Capo di gabinetto.
Quanto al primo profilo, distinguerei, quindi, almeno quattro periodi, durante i quali il profilo politico di chi riveste tale ruolo è più o meno netto: la prima Repubblica, la seconda Repubblica, i governi tecnici, il momento attuale. Anche se non esiste una regola generale e vi sono numerosi esempi di segno contrario in ognuna delle diverse fasi, il profilo politico è più evidente quando le coalizioni sono politiche, meno nel caso di governi tecnici o di “larghe intese”.
Quanto al secondo profilo, è necessario forse chiedersi se ad un Ministro sia più utile un Capo di gabinetto “politicizzato”, o un Capo di gabinetto non apertamente schierato, che realizzi gli obiettivi definiti dal vertice politico con serietà ed efficienza.
Certo, anche un Capo di gabinetto “politicizzato” può essere competente ed utile nel lavoro quotidiano. Ma cosa cerca davvero un Ministro nel proprio Capo di gabinetto? Secondo la mia esperienza: lealtà, competenza e capacità di risolvere i problemi.
Un Capo di gabinetto deve essere leale e trasparente nei comportamenti. Non deve mai farsi prendere dal delirio di onnipotenza. Deve essere in concreto, ma anche apparire, “al servizio”, “a supporto” del vertice politico. Non deve mai trasmettere la sensazione di essere il vero decisore. Quando ciò accade, c’è qualcosa di anomalo nel rapporto con il Ministro. Qualcosa di “insano”. Mi è capitato, soprattutto in passato, di sentir dire, di uno piuttosto di un altro Capo di gabinetto, “è lui il vero Ministro”. Naturalmente si trattava di semplificazioni, che riflettevano però sicuramente un modello “muscolare” di intendere il ruolo, forse anche un eccessivo protagonismo con le lobbies e con i c.d. “poteri forti” e un pericoloso distacco dalla struttura amministrativa. In passato alcuni miti sono stati costruiti e tramandati proprio su queste basi.
Lealtà nell’esercizio di questa delicata funzione significa essere trasparenti nei confronti del vertice politico. In sostanza, occorre sempre riferire tutto e supportare il Ministro nella definizione delle decisioni strategiche, renderlo edotto passo dopo passo dei problemi relativi all’implementazione di una data riforma o, comunque, di un determinato atto. Aggiornarlo sui problemi dell’amministrazione, sulle eventuali carenze organizzative e sui nodi gestionali. Metterlo a parte dei rapporti con le forze politiche, con le organizzazioni sindacali e sociali.
Nella mia visione il Capo di gabinetto deve essere equilibrato e costituire uno snodo agile.
Non deve mai diventare un freno, né impedire l’accesso dei dirigenti dell’amministrazione al Ministro.
Inoltre, credo sia indispensabile che un Capo di gabinetto conosca il funzionamento del sistema politico, dei partiti e delle aggregazioni in funzione elettorale. Sappia la storia dei partiti politici e delle alleanze elettorali. In sostanza, possegga, almeno, i profili generali della scienza politica.
Un Capo di gabinetto deve conoscere in concreto l’organizzazione ed il funzionamento delle pubbliche amministrazioni: quali sono i compiti, come si relazionano le unità interne ad una determinata amministrazione e le diverse amministrazioni tra loro. Come si svolge realmente il rapporto con gli organi di controllo. E così via. Ma anche quali sono gli orientamenti giurisprudenziali su una determinata questione. Deve saper organizzare la costruzione di un dossier su uno specifico argomento, sia nella fase di progettazione sia nella fase attuativa di una riforma: si tratta di fasi importanti, in cui è necessaria una grande sensibilità politica al fine di comprendere gli obiettivi politici che il vertice vuole raggiungere.
Serve competenza, capacità di analisi, per indicare il percorso giuridicamente corretto e sostenibile da parte dell’amministrazione, sotto il profilo finanziario e organizzativo.
Nell’attuale fase storica, il Capo di gabinetto non può essere soltanto, come avveniva in passato, un buon giurista. È sempre di più una figura particolare, con competenze multidisciplinari o, in ogni caso, in grado di coordinare esperti dei più svariati ambiti.
Infatti, la complessità delle amministrazioni, il ruolo preponderante dell’Europa e di vari ed importanti organismi internazionali, la presenza di un sistema multilivello sempre più pervasivo, l’eterogeneità degli interessi in gioco, richiedono molteplici competenze, molto spesso team composti, come già ho detto, da scienziati politici, economisti, sociologi, statistici, oltre ad esperti dei vari rami del diritto.
In una realtà sempre più complessa, credo, in sintesi, che più che una comune visione politica con il Ministro, sia indispensabile grande lealtà, dedizione e competenza. Peraltro, con un Capo di gabinetto politicamente forte, nel senso di soggetto organico ad una forza politica, non possono escludersi neppure tensioni con il Ministro, cioè spiacevoli situazioni di stressrelazionale, dovute ad una lotta, magari sotterranea, per la primazia nel governo politico della “macchina”, che sicuramente danneggiano il clima complessivo del Ministero, eliminano quella chiarezza di ruoli e rapporti necessaria per l’efficace gestione di strutture sempre più complesse.
Io ho lavorato con politici di diverso e contrapposto orientamento e non ho mai avuto alcun problema a supportarli, con suggerimenti, analisi e proposte nonché a impostare l’attività degli uffici di diretta collaborazione in funzione degli obiettivi politici, per il cui raggiungimento mi sono sempre impegnato con tutte le mie energie, con lealtà e con spirito di innovazione.