di Salvatore Sfrecola
Maldestra gestione dei concorsi a dirigente da parte dell’Agenzia delle entrate. Né si potrebbe definire diversamente, pur con molta generosità, la situazione che caratterizza la provvista di dirigenti in un settore rilevante dell’Amministrazione pubblica come quella della gestione del sistema tributario, laddove i conti dimostrino una rilevante, assurda evasione fiscale, stimata intorno ai 100 miliardi annui, che pesa sulle decisioni di governo e sulle spalle dei cittadini onesti che le imposte le pagano fino all’ultimo centesimo prevalentemente su stipendi e pensioni, oltre l’80% del totale.
Ebbene l’impasse dura fin dal 2010, quando fu bandito un concorso al 175 posti di dirigente che ancora non ha visto la conclusione con l’effetto di indurre la direzione dell’Agenzia a provvedere con nomine fiduciarie, ai sensi del contestatissimo art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, con attribuzione di posizioni di elevata responsabilità, le POER, censurate dal Giudice amministrativo.
Nel frattempo, quando il concorso a 175 posti sembrava giunto a conclusione, si è scoperto che la Commissione giudicatrice aveva applicato i criteri relativi ai titoli di studio e professionali in modo difforme dalla previsione del bando. Qualunque amministrazione avrebbe immediatamente provveduto come deciso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio che ha anche fatto esempi eclatanti dell’illegittima applicazione del bando, giungendo a dimostrare che neppure un candidato munito di sedici lauree (!) avrebbe raggiunto il minimo del punteggio richiesto. Invece l’Agenzia, contando di non incorrere in una censura per danno erariale, ha impugnato la decisione dinanzi al Consiglio di Stato rimediando un altro sonoro schiaffone. Il tutto nel silenzio del Ministro dell’economia e delle finanze al quale la legge attribuisce la vigilanza delle agenzie fiscali.
Oggi una nuova Commissione sta controllando i titoli. Se il concorso fosse terminato l’Agenzia, tra l’altro, avrebbe potuto procedere allo scorrimento della graduatoria ed assumere gli idonei. Invece, viene bandito un nuovo concorso a 150 posti di dirigente che recluterà al più 46, cioè quanti sono stati ammessi agli orali tra i 1.750 che si erano presentati alle prove scritte. Rimangono, pertanto, oltre 100 posti liberi. E, beffa delle beffe, risultano non ammessi agli orali alcuni di coloro che l’Amministrazione aveva ritenuto meritevoli di una nomina “sulla fiducia”.
Al termine di questa ricognizione dell’esistente va aggiunto un rilevante e inutile esborso di denaro pubblico per un concorso che si poteva evitare assumendo gli idonei di quello bandito nel 2010. Un caso, purtroppo, di non rara inefficienza dell’Amministrazione pubblica. Del resto, i dati sull’evasione fiscale, già richiamati ed autorevolmente certificati, dimostrano fuori di ogni dubbio il fallimento di una struttura dello Stato oggetto di una “riforma” evidentemente sbagliata, subentrata a quella tradizionale del Ministero delle finanze, un tempo considerata unanimemente un’eccellenza tra le amministrazioni dello Stato. Sembra quasi che si voglia favorire l’evasione in alcuni settori. Perché ogni categoria di evasori ha i suoi difensori politici, in ragione di una protezione che esalta il numero degli addetti, emblematico il caso dei balneari, e trascura gli utenti che, ovviamente, sono molti di più, tartassati da tariffe costose per prestazioni frequentemente erogate senza riscontri fiscali.
Che lo scudo erariale previsto nella delega fiscale sia stato deciso dal Ministero dell’economia e delle finanze per proteggere certi malaccorti gestori dell’Agenzia? A pensar male, come sappiamo, si fa peccato ma certamente ci avvicina alla realtà.