sabato, Novembre 23, 2024
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Salvini vuole eliminare il divieto di incarichi ai pensionati pubblici

di Salvatore Sfrecola

Per Matteo Salvini, Vicepresidente del Consiglio e il leader della Lega, va eliminato il divieto di conferimento di incarichi ai pensionati pubblici ed il tetto alle retribuzioni. Lo ha detto in occasione di un applaudito intervento all’Assemblea nazionale 2023 di Federmanager, che si è tenuta il 15 scorso a Roma, al Parco della Musica, nel corso del quale ha illustrato l’impegno del Governo nelle politiche di crescita e sviluppo per il successo delle quali essenziale è il ruolo dell’imprenditoria privata, anche sotto il profilo della presenza dei prodotti italiani sui mercati internazionali.

Sul tema del divieto di conferimento di incarichi nelle Pubbliche Amministrazioni a soggetti collocati in pensione e del tetto delle retribuzioni fissato in 240.000 euro lordi l’anno, circa la metà netti, Salvini ha spiegato le ragioni per le quali si è convinto della necessità di provvedere alla eliminazione dell’uno e dell’altro limite. Perché le Pubbliche Amministrazioni possano avvalersi di eccellenze per professionalità ed esperienze oggi attratte dalle sirene dell’imprenditoria privata ed estera.

Salvini ha anche voluto tranquillizzare i giovani manager. Si tratterebbe, in ogni caso, come insegna l’esperienza degli anni nei quali il divieto non esisteva, di pochissime unità che in nessun modo potrebbero ostacolare la carriera dei giovani, in quanto sarebbero chiamati esclusivamente consulenti delle amministrazioni e preposti ad Uffici di “diretta collaborazione”, laddove si attuano rapporti fiduciari per incarichi di Capo di Gabinetto, Capo di Ufficio legislativo o Consigliere giuridico. Il divieto ha molto danneggiato gli apparati di governo nell’attuale configurazione politica. Infatti, al momento i Ministri del Governo Meloni si avvalgono della diretta collaborazione di soggetti, certamente preparati, ma che provengono da esperienze maturate nei governi di centrosinistra o con esponenti della sinistra. Si tratta, cioè di persone che appartengono ad una cultura e ad una visione politica molto distante dall’attuale, come aveva messo in guardia Guido Crosetto, Ministro della difesa, all’indomani della formazione del Governo. Una voce autorevole eppure caduta nel nulla.

Questo bel “regalo” alla P.A. e al Governo è un lascito del duo Renzi-Madia che nell’art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, hanno voluto prevedere il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferire incarichi direttivi, dirigenziali, cariche in organi di governo, incarichi di studio o consulenza, a pensionati, già lavoratori pubblici o privati. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli ordini e dei collegi professionali. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.

Fin dalla formazione del Governo Meloni molti ministri hanno proposto di abolire la limitazione alle nomine trovando sempre, a quanto si è sentito dire, la contrarietà della Presidenza del Consiglio. In particolare sarebbe stata proprio la Presidente Meloni ad opporsi al divieto di impegnare pensionati, non è chiaro sulla base di quali argomentazioni, considerato che, se la scelta a suo tempo voluta dal Governo Renzi ha gravemente danneggiato i governi successivi, un particolare pregiudizio lo ha arrecato proprio al Governo Meloni che avrebbe potuto contare su un plafond di illustri personalità dell’amministrazione e delle magistrature amministrative che avevano maturato rilevanti esperienze nei governi della prima Repubblica, prevalentemente di cultura liberal conservatrice. Perché, allora, non recuperare qualcuna di queste personalità? È un fatto difficilmente comprensibile e riporta alla mente l’antico adagio, sembra di origine inglese ma espresso in latino, secondo il quale “Quos vult perdere, Deus dementat prius”, una frase di facile comprensione che, tuttavia, traduco considerato l’attuale livello degli studi, “A coloro che vuol perdere, Dio prima toglie il senno”. Amen!

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