di Salvatore Sfrecola
Mi ha fatto pensare, qualche anno fa, sentire da una mia amica, professionista brillante, con una bella famiglia, manifestare invidia, lei sulle soglie della menopausa, nei confronti dell’uomo che un limite biologico alla procreazione non l’ha, come hanno dimostrati vecchi illustri i quali, nell’età in cui si è normalmente nonni, si sono ritrovati padri grazie ad una moglie giovane. E viene di fare immediatamente il nome di Charlie Chaplin.
Mi sono tornate alla mente le considerazioni della mia amica a seguito della polemica innescata sui giornali dalle dichiarazioni della senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni la quale, intervenendo a Coffee Break su La7, ha sostenuto che per una donna la prima aspirazione “deve essere quella di essere mamma” ed ha auspicato che questo avvenga in età giovanile. “Dobbiamo ricordarlo – sono le sue parole – alle nostre figlie, altrimenti il rischio è che in nome della realizzazione professionale, che io auspico e che è giusta, dimentichiamo che esiste la necessità e la missione, chiamiamola così, di mettere al mondo dei bambini. La maternità deve diventare cool”.
Apriti cielo. Poche parole che hanno scatenato una bagarre politico-ideologica nella quale le sinistre si sono da sempre distinte quali corifee del femminismo che esalta il ruolo della donna nella società delle professioni, di fatto trascurando quello nella famiglia e per la famiglia, una istituzione da sempre loro invisa, anche perché considerata un baluardo del pensiero cristiano, come dimostra anche certa evidente ostilità, ripresa proprio nei giorni della ricorrenza del Natale, nei confronti del Presepe ritenuto espressione della famiglia “tradizionale”, uomo, donna e figlio. Idea “da Medioevo” è stato il commento tra i più moderati. Un periodo storico che sappiamo vittima dei pregiudizi dell’ignoranza. Indigna, in particolare, a sinistra il riferimento all’idea di “missione” che molte considerano figlia di una logica che vorrebbe le donne “non protagoniste del loro destino ma ridotte ad una funzione biologica”, secondo la Senatrice di Italia Viva Raffaella Paita. Insomma, “donne oggetto”. “Perché Fratelli d’Italia ha questa nostalgia del Medioevo” si chiede, ad esempio, la deputata e vicepresidente del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino. E per l’esponente del Partito Democratico Anna Ascani, una che non ho visto mai sorridere, la maggioranza di centrodestra “dovrebbe avere il buon gusto di tacere invece di continuare ad agitare polemiche sciocche e antistoriche”. Per cui opportunamente Federico Mollicone, Presidente della Commissione cultura della Camera, nel sottolineare come l’affermazione della senatrice Mennuni sia coerente con il programma elettorale del suo partito, ha affermato che “la maternità è un “superpotere” delle donne che le rende centrali e protagoniste nel futuro della Nazione e non impedisce l’affermazione delle donne. Ad esempio, in Italia, non impedisce di diventare presidente del Consiglio”.
Che tristezza queste donne le quali ritengono che la famiglia ed i figli siano incompatibili con il lavoro a tutti i livelli professionali e poi lamentano che sussidi ed aiuti previsti nella legge di bilancio siano inadeguati a chi deve sostenere gli oneri dei figli. Evidente contraddizione di una sinistra da sempre abituata a trascurare i grandi temi popolari, dalla identità nazionale ai servizi che sono predisposti per la società e, pertanto, per le famiglie, come la scuola, la sanità, gli sport, il tempo libero.
Antistoriche le sinistre come quando affidano alla penna di Francesca Fagnani su La Stampa l’illustrazione della tesi che fare figli “è una scelta e non una missione”, come se i due concetti fossero in contraddizione, perché evidentemente la scelta e un’opzione tra valori certamente conciliabili, come molte hanno dimostrato di saper conciliare. E viene spontaneo il riferimento ad Ursula von Der Leyen, Presidente della Commissione europea, ed ex ministro, che di figli ne ha ben sette. E poi cosa c’entra il riferimento alla tragedia di Giulia Cecchettin uccisa da Filippo Turetta alla vigilia del conseguimento di un titolo di studio importante per la ragazza, un traguardo culturale e professionale al quale riconosceva parte della realizzazione della propria personalità. Si vorrebbe dire, in sostanza, che esiste nella società una ostilità al lavoro femminile per cui Turetta ne sarebbe una espressione. Una evidente caduta di stile, considerato che il povero Turetta non ci stava evidentemente con la testa, incapace di capire e soprattutto di amare. Perché amare significa condividere con la persona amata le sue aspirazioni e i suoi desideri.
Una sinistra sempre più lontana dalla gente che non comprende, non capisce, non ne interpreta i desideri che sono per l’uomo e per la donna il completamento dei loro affetti, attraverso una persona messa al mondo con il concorso evidente e naturale di entrambi. E se obiettivamente lo Stato non viene incontro alle esigenze delle famiglie, non è un problema di Medioevo, ma di comprensione dei valori che le persone condividono. Perché se le famiglie fossero assistite adeguatamente rispetto alle esigenze del lavoro e della maternità non c’è dubbio che i problemi che si pongono femministe varie, se, come accade in altri paesi, i figli fossero considerati un investimento della società, allora con entusiasmo le persone accederebbero alla maternità, le donne felici di procreare, gli uomini orgogliosi di essere padri.