lunedì, Dicembre 16, 2024
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Un po’ di umiltà please…

di Salvatore Sfrecola

Una cosa è evidente, sbagliando non s’impara, contrariamente a quanto ci insegna un antico adagio. Infatti, se Paolo Truzzu è stato distanziato da Alessandra Todde, incoronata dal risultato elettorale nuovo Presidente della Regione Sardegna, proprio a Cagliari, dove è Sindaco e dove lo conoscono bene, vuol dire che quella candidatura era sbagliata, che non è stato sentito il polso dell’elettorato. Come sbagliato è stato lanciare a Roma, a pochi mesi dalla data delle elezioni, il candidato Sindaco Enrico Michetti, un illustre sconosciuto, noto solamente a quanti seguivano i suoi interventi in una TV privata. Battuto da un Gualtieri che non ha mai brillato per simpatia in una città da tutti considerata tendenzialmente di centrodestra.

Al fondo di queste scelte sta l’idea, di cui è stato portatore soprattutto Silvio Berlusconi negli anni passati, che l’indicazione di una candidatura da parte del leader sia di per sé sufficiente a far convergere i voti dell’elettorato di area, che candidare giovani brillanti e graziose fanciulle, gli uni e le altre senza alcuna esperienza politica e amministrativa, avrebbe consentito di disporre di persone idonee a dare un apporto significativo alla vita del partito, in Parlamento e al Governo. Idea sbagliata, tanto che nel 2006, al termine di cinque anni di gestione del governo Berlusconi-Fini quella maggioranza, particolarmente corposa, ha perduto le elezioni per meno di 25.000 voti, un risultato inconcepibile che dimostra, senza mezzi termini, incapacità di governare.

Ricordo spesso, e voglio farlo anche oggi, che alla lettura del mio libro “Un’Occasione Mancata – o una speranza mal riposta?”, nel quale ho annotato taluni fatti che hanno caratterizzato il quinquennio 2001-2006, Francesco Storace, che ha una notevole sensibilità politica perché vive sul territorio e sente l’umore della gente, mi disse: “ora ho capito perché abbiamo perso per 25.000 voti quando avremmo potuto vincere per due milioni”.

Io sono da sempre convinto che vincere le elezioni è relativamente facile ma che governare è difficile. E questo dimostra l’elezione regionale in Sardegna se un Sindaco, imposto dal leader del partito di maggioranza nella coalizione di governo, non ha preso i voti che ci si attendeva proprio laddove ha amministrato. Allora governare e vincere le elezioni sono due elementi che vanno tenuti insieme, come è successo nel 2006 quando, avendo governato in modo inadeguato, a giudizio degli italiani la coalizione di centrodestra è stata mandata a casa per un pugno di voti.

Io credo che dal risultato delle elezioni sarde i partiti della maggioranza e il leader del governo debbano trarre un insegnamento. Innanzitutto quello di percepire con certezza gli umori della gente, perché non si può ritenere che le persone vedano la realtà attraverso gli occhi del leader. Come dimostra l’insegnamento di Berlusconi, certamente uomo di comunicazione, il quale riteneva che l’ottimismo sulle cose fatte e da fare si trasformasse in voti. Così non è. Perché la gente sente sulla propria pelle gli effetti della politica minuta, non delle grandi vicende dell’economia che a volte non comprende. Sente gli effetti negativi delle situazioni quotidiane, delle bollette di luce e gas che crescono per effetto dell’iva al 22%, degli oneri di sistema e del “trasporto”, che triplicano il costo del prodotto energetico.

Così come per l’ordine pubblico e la sicurezza delle città, il cittadino normale non si preoccupa della grande criminalità dei colletti bianchi, della corruzione e dei traffici di droga a livello internazionale, ma degli scippi, dell’insicurezza in alcune ore del giorno o in alcune zone, per sé e per i propri figli.

Il risultato elettorale, che qualcuno cercherà di minimizzare con riferimento ai voti di lista rispetto a quelli dei candidati, dice di un malcontento che non va sottovalutato perché l’elettorato italiano è prevalentemente di centrodestra e se perdono i partiti di riferimento vuol dire che non sono state intercettate le aspettative dell’opinione pubblica e che si è amministrato male. Ho detto altre volte della estrema modestia della squadra di governo e della scarsa affidabilità dei diretti collaboratori dei ministri, prevalentemente tratti da quelli che la stessa funzione avevano svolto con i predecessori di altro segno politico. Sono elementi trascurati sistematicamente nei governi di centrodestra, anche a livello di amministrazioni comunali perché da regioni che andranno presto al voto sento amici lamentarsi dei sindaci e dei loro staff. E considerato che si tratta di persone con una conoscenza dell’amministrazione e sicuramente fedeli il dato non andrebbe sottovalutato.

Gli errori in politica si pagano duramente. Per cui ho detto più volte, e torno a ripeterlo, che quando un governo non è in condizione di elargire somme, di corrispondere migliori stipendi o migliori pensioni dovrebbe fare una cosa molto semplice, modificare le regole delle attività quotidiane in modo da semplificare la vita al cittadino, soprattutto se imprenditore e piccolo, perché riesca a raggiungere gli obiettivi che si è posto, ampliare un capannone, iniziare una nuova attività in tempi ragionevoli, così incrementando l’occupazione che significa anche incentivi ai consumi. Cosa che già costituisce un vantaggio perché il tempo è un costo per l’imprenditore e per il cittadino. Invece la burocrazia soffoca ovunque, favorisce corruzione ed è comunque un danno per l’immagine della politica, incapace di semplificare la vita del cittadino.

A volte bastano piccole riforme per dimostrare una capacità di governo. Invece si sono seguiti con speciale attenzione gli interessi di lobby ritenute portatrici di voti, i tassisti ed i balneari, ad esempio, trascurando gli utenti dei rispettivi servizi che sono certamente di più. E dando, per una maggioranza di centrodestra, un pessimo esempio tutelando incapaci e disonesti che non pagheranno anche quando danneggiano con “colpa grave” la finanza e il patrimonio pubblico.

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