martedì, Novembre 26, 2024
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I partiti e il dovere della formazione del personale politico: un esempio da Forza Italia

di Salvatore Sfrecola

Ieri pomeriggio ho parlato di Corte dei conti, di amministrazione pubblica e di esigenze di legalità nella gestione del pubblico denaro, invitato ad un corso di formazione organizzato a Roma nell’aula di Forza Italia alla Camera dei deputati. È stata un’esperienza molto interessante per il numero dei partecipanti, per la presenza di molti giovani, esponenti dell’organizzazione romana del partito. Presentato dall’Assessore regionale del Lazio On. Luisa Regimenti e dal direttore del corso, il Professor Jean Paul de Jorio, ho avuto la possibilità di intrattenermi con i partecipanti al corso dei quali ho percepito l’interesse per la formazione su tematiche varie delle pubbliche amministrazioni che sono poi quelle alle quali deve fare riferimento chi entra in politica.

Ho ribadito più volte che le istituzioni dello Stato ed in particolare la Corte dei conti hanno lo scopo di assicurare i cittadini, i quali con il pagamento di imposte e tasse alimentano i bilanci pubblici, che la spesa, ai vari livelli di governo, persegua finalità di pubblico interesse e sia rispettosa delle leggi.

La mia conversazione è stata preceduta dall’intervento di due parlamentari europei di Forza Italia, l’On. Salvatore de Meo e l’On. Deborah Bergamini, i quali hanno soffermato la loro attenzione sull’importanza delle istituzioni europee e sull’impegno che nel loro ambito ha svolto nel tempo il Partito Popolare Europeo del quale Forza Italia è una delle componenti più significative.

Devo dire che anche negli scambi di idee, che ho avuto con alcuni dei presenti al termine della mia conversazione, ho percepito l’interesse alla conoscenza dei temi istituzionali, nel caso specifico dell’istituzione Corte dei conti che ho ricordato iniziando è prevalentemente conosciuta poco e male. Ho anche ricordato, in apertura della conversazione, un aneddoto che dimostra questo assunto: in una vecchissima occasione, avevo ascoltato due che, parlando fra loro, riferendosi alla Corte dei conti la definivano “un’antica istituzione nobiliare” evidentemente confondendo i blasonati col titolo di conte con i conti dello Stato. Ed ho ricordato come la gestione delle risorse pubbliche e l’esigenza della resa dei conti, da parte di coloro che gestiscono denaro pubblico, siano incaricati della spesa o della riscossione di somme di denaro, è una antichissima esigenza di tutti gli ordinamenti, che risale lungo i secoli. Ho ricordato, ad esempio, che Cicerone in una delle sue famose verrine accusava Gaio Licinio Verre, il governatore della Sicilia responsabile di gravissimi illeciti, di non aver reso il conto della sua gestione. Dice Cicerone “non audet referre”, non osa rendere il conto perché l’analisi del conto avrebbe messo in evidenza in modo non opinabile gli illeciti che lui aveva commesso nella gestione delle risorse dell’Aerarium populi romani. E a Roma, si sa, il denaro pubblico era sacro. 

Ho anche ricordato, venendo a parlare della istituzione della Corte dei conti del Regno d’Italia come Quintino Sella, il famoso Ministro delle finanze, uno dei massimi esponenti della Destra storica, nell’inaugurare il 1° ottobre 1862 la Corte, che sostituiva le analoghe istituzioni esistenti negli Stati preunitari, avesse in primo luogo ricordato che la Corte era il primo giudice civile che estendeva la sua giurisdizione sull’intero territorio del Regno. Inoltre, rivolgendosi ai magistrati, li aveva sollecitati ad esercitare un rigoroso controllo, cosa che si spiega non solo con il senso dello Stato di quella classe politica, ma con l’interesse del Governo, che aveva ereditato un grosso debito pubblico dovuto alle guerre del Risorgimento, ad una gestione oculata delle risorse pubbliche. Ed aggiungeva che se i magistrati avessero accertato illegittimità avrebbero dovuto informarne il Parlamento. E questo dimostra, senza ombra di dubbio, la centralità del ruolo del Parlamento in un ordinamento liberale. 

Poi, prendendo spunto da un intervento del professor de Jorio che aveva fatto cenno al cosiddetto “timore della firma”, evocato anche dall’On. de Meo con riferimento alla complicazione delle norme e alle conseguenti difficoltà che a volte trovano i funzionari nella definizione dei provvedimenti di loro competenza, soprattutto in materia contrattuale, ho spiegato che quel “timore” è un falso problema, perché i funzionari professionalmente competenti, che studiano le pratiche sanno assumersi senza problemi le responsabilità del loro ruolo. Ed ho comunque ricordato, a questo proposito, una funzione importante della Corte dei conti, quella “consultiva”, introdotta con la legge “La Loggia” del 2003 che attribuisce alle regioni ed enti locali la possibilità di chiedere un parere, su una questione riguardante le materie di contabilità pubblica, alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti.

Parlando poi della responsabilità, di natura risarcitoria, della quale si occupa la Corte dei conti ho ricordato che essa richiede l’accertamento di un danno (una spesa non dovuta o eccessiva o un’entrata non riscossa) e di un atteggiamento psicologico doloso o gravemente colposo. Ed ho ricordato che la colpa grave, che i romani chiamavano culpa latadolo aequiparatur a significare che essa si indentifica in gravissimi inadempimenti.

Ho concluso invitando tutti ad avere fiducia nel rapporto con la Corte dei conti ed i suoi magistrati sono animati esclusivamente dalla speranza che il loro lavoro accerti che i fatti segnalati non hanno determinato un danno o che non vi sono stati dolo o colpa grave.

Chiudo questo breve riepilogo delle cose che ho detto nella mia conversazione e nello scambio di idee che ho avuto con alcuni dei presenti, che ho sollecitato, ove lo ritenessero opportuno, a visitare il sito www.contabilita-pubblica.eu dove è possibile leggere scritti di dottrina e giurisprudenza in materia di diritto contabile pubblico, per ribadire che iniziative come questa dovrebbero farle tutti i partiti perché la classe politica si alimenti di persone che hanno una visione ideale della società e delle sue esigenze ancorata al rispetto delle leggi che deve essere la prima delle preoccupazioni di un politico serio, soprattutto se si definisce liberale ed in qualche modo richiama i valori della Destra storica, quella dei Cavour e dei Sella, per non citare che i più noti.

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