venerdì, Ottobre 18, 2024
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Riceviamo e pubblichiamo: “Monarchici contro l’autonomia differenziata per l’Unità d’Italia”

di Carlo Cetteo Cipriani

In questi giorni in cui si discute delle recente legge della “Autonomia differenziata” alcuni Monarchici dichiarano la loro preoccupazione.
Sappiamo come l’Unità nazionale, assieme all’Indipendenza, sia stata raggiunta un secolo mezzo fa al prezzo di duri sacrifici, della vita di decine di migliaia di nostri antenati; dobbiamo ringraziare ogni giorno tutti quei prodi che misero a repentaglio vita e beni, che sotto la guida del Padre della Patria, compirono il prodigio dell’Unità.
Ora, sulla spinta di tanti e differenziati interessi ed ideologie, si inizia un processo di disgregazione che differenzierà i cittadini in base al luogo dove risiedono, complicando la vita di chi avesse esigenza di spostarsi per le necessità della vita. Ma soprattutto si rafforzano alcune correnti ideologiche che vedono nell’Unità nazionale la fonte dei loro problemi di oggi, in una logica di egoismo. Correnti che poi inevitabilmente, più in là, chiederanno sempre più autonomia fino a limiti estremi, che già qualcuno, insulsamente, proclama.
Le parti politiche usano la questione per lo più strumentalmente senza riflettere sugli sviluppi possibili, ma solo pensando in termini di divario fra regioni povere e ricche, regioni che pagano quel che altri consumano, eccetera. Problemi che ci sono ma che non si risolveranno con maggiore autonomia (dato che non ci saranno amministratori di eccelsa qualità, ma resterà la qualità media che c’è adesso e che c’è stata in passato).
Il rischio concreto, se ne vedono già segnali, è che un po’ alla volta talune aree chiedano quote di autonomia in campi differenti: le relazioni internazionali, la difesa, la sicurezza, per arrivare ad un’Italia un insieme di staterelli pronti ad accordarsi con potenze straniere (politiche o economiche) perdendo indipendenza e forse anche litigando fra loro: l’Italia del Medioevo e dell’Evo Moderno.
In mancanza di valori morali condivisi questo processo non avrà ostacoli. Manca il centro politico istituzionale che non è il Presidente della Repubblica che cambia ogni 7 anni, espressione della maggioranza politica del momento. Manca la condivisione dei valori del Risorgimento, fondazione dell’Unità e dell’Indipendenza, sostituita in parte dalla Resistenza che fu indubbiamente un periodo rilevante per la crescita nazionale, ma pur sempre periodo di contrapposizione fra Italiani, non di affratellamento.
Quindi noi, alcuni Monarchici italiani facciamo appello affinché sia rigettata la legge del 26 giugno 2024 sull’Autonomia differenziata.
Pensiamo che la maggiore autonomia possa esser accettata solo se controbilanciata da una importante autorità centrale che solo un Re può garantire. Un Re che non è espressione di una parte, ma che rappresenta tutti ed ognuno ed è veramente l’espressione dell’Unità e dell’Indipendenza nazionale.

2 Commenti

  1. Mi permetto di dire la mia.
    L’autonomia differenziata c’è già.
    Abbiamo così tante Regioni a Statuto Autonomo che chi non lo è, si sente un _minus habens_.
    Abbiamo Regioni come la Sicilia che hanno una organizzazione di amministrazione regionale più potente e capillare di quella dello Stato – addirittura con più Guardie Forestali dell’intero Canada!
    Altre Regioni a Statuto Autonomo sono in realtà Province autonome: Aosta, Trento, Bolzano e Trieste.
    Abbiamo Province in Regioni a Statuto ordinario con maggiore estensione territoriale e più popolazione, delle summenzionate Province autonome – vedasi Salerno, Grosseto, Livorno, Lecce.
    Abbiamo Province nate per gemmazione da altre, così grandi ed estese che lo stesso Prefetto dovette perorare la causa; e fu così che da Milano nacquero Lodi e Monza, da Torino nacque Biella, da Bari nacque Trani, da Forlì nacque Rimini…
    …eppure ne abbiamo altre che vengono negate per paura di “lesa maestà”; a che pro negare la dignità di provincia a Civitavecchia e Velletri, per esempio, o Sala Consilina, o Sulmona, o Orvieto?

    Pertanto, il discorso sulla obiezione alle “autonomie differenziate” va rivisto, perché le autonomie differenziate ci sono già, previste dalla Carta Costituzionale, sin dal 1948.
    Con buona pace dei Padri Costituenti e del PD di oggi.

    • La preoccupazione di molti e mia è che si accrescano le condizioni di divisione in ragione del diverso sviluppo di alcune aree del Paese. Un solo esempio. L’alta velocità non ha raggiunto le regioni meridionali (si ferma a Salerno) e le isole che non hanno neppure adeguate infrastrutture viarie che avrebbero un’importanza strategica per lo sviluppo dei commerci e del turismo. Ricordo che Camillo Benso di Cavour nel 1846 aveva scritto un saggio famoso con il quale indicava nelle ferrovie lo strumento per unificare l’Italia. Per portare le merci del Sud al Nord ed in Europa e per facilitare i viaggi di quanti già allora venivano in Italia per turismo e per vivere momenti di riposo in aree salubri. Siamo indietro rispetto a Cavour. C’è, poi, da dire di un bene prezioso che i romani distribuivano ovunque, l’acqua, che sappiamo manca da sempre in alcune aree, in particolare in Sicilia. L’autonomia differenziata non è figlia della Costituzione ma della riforma del Titolo V che ha creato situazioni di grave conflitto Stato-Regioni. Tra le materie che potrebbero venir cedute alle regioni c’è l’istruzione. Molti qua e là per l’Italia pensano che il dialetto che parlano, rispettabilissimo, sia in realtà una lingua. Sarà che io abolirei le regioni, enti inutili e costosi. Che senso ha un ente che ha un bilancio che per oltre l’80% riguarda la spesa sanitaria riversata dallo Stato? Se si considerano le spese di funzionamento la spesa libera non supera il 5%. Meglio puntare sulle province che sono espressione autentica dei territori dal punto di vista ambientale, storico, culturale. Marco Minghetti suggeriva, all’indomani della Costituzione del Regno d’Italia di istituire consorzi di province proprio in ragione di questa presenza sul territorio e di funzioni importanti, specie nell’istruzione e nella viabilità. Si pensi che la piccola provincia di Perugia cura ben 2500 chilometri di strade. naturalmente si potrebbe dire altro, tanto altro.

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