mercoledì, Novembre 27, 2024
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Diritto di cittadinanza e sistema pensionistico. Quanta confusione!

di Salvatore Sfrecola

Continua nel dibattito sul tema della cittadinanza una straordinaria, incredibile confusione di idee. Ad esempio, Sergio Talamo su “Il Riformista” scrive che il tema della cittadinanza è “un’emergenza economica e sociale assoluta”, aggiungendo che “lo ha sottolineato in modo inequivocabile il governatore della Banca d’Italia, citando l’inverno demografico che a breve renderà ingestibile il sistema pensionistico e assistenziale”. In sostanza, Talamo ragiona come se imposte, tasse e contributi li corrispondessero soltanto i cittadini italiani e non chiunque è presente nel nostro Paese.

Scrive “non possiamo offrire solo manodopera, servono anche i diritti. Emigranti e i loro figli devono essere inseriti in un contesto virtuoso per la crescita. Insieme al lavoro, va offerta alla formazione”. È evidente che un grosso impegno sarà quello della scuola, “che torni a insegnare la civiltà, la tolleranza e un rispetto delle diversità che non diventi ossessione di riscrivere la storia e cancellare Dante e Manzoni, crocifissi e presepi, canti di Natale e uova di Pasqua”. È quello che diciamo noi. In questo contesto virtuoso gli stranieri che lavorano in Italia ed i loro figli che studiano ed acquisiscono la cultura dei valori civili e spirituali propri dell’identità italiana potranno diventare cittadini, se lo desiderano, con l’avvertenza che, se colpevoli di reati che dimostrano negazione dei nostri valori, la cittadinanza sarà revocata.

Lo insegna la storia di Roma, accogliente come nessun altro stato, tollerante verso gli usi ed i costumi di quanti si affacciavano ai suoi confini ma rigidissima nel pretendere il rispetto delle leggi e la condivisione della missione storica dell’Urbe. Così Roma è cresciuta fino a quando la concessione indiscriminata dalla cittadinanza ha fatto rapidamente venire meno il senso della romanità e l’ambizione di diventare cives romani, portando l’Impero ad una inarrestabile decadenza.

Ha fatto bene, dunque, il Ministro dell’istruzione, Giuseppe Valditara, ad incentrare l’insegnamento dell’educazione civica sul concetto di Patria la cui promozione appare invisa alle sinistre, come è evidente dall’articolo di Luciana Cimino per “Il Manifesto”. Peccato. Perché Patria è concetto ricco di significati, esprime il senso dell’identità italiana attraverso il riconoscimento del ruolo dei territori, con la loro configurazione ambientale, con la loro cultura e la storia delle istituzioni locali. La Patria non è di una parte politica. Come la bandiera appartiene a tutti e tutti dovrebbero averne cura, indipendentemente dalle ideologie che muovono le parti politiche. Se riusciremo, anche sulla base delle linee guida di Valditara, a fare questo salto di qualità fin dalla scuola avremo fatto un significativo passo avanti verso un senso dell’italianità ampiamente condiviso. Saremo più uniti al nostro interno e più rispettati da quanti giungono sulle nostre coste in fuga dai pericoli o per il desiderio di una vita migliore.

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