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All’Associazione “Adelphi”: cambiamo la legge elettorale per restituire ai cittadini il diritto di scegliere

di Gianni Torre

Vivace incontro conviviale nei locali del ristorante “Franco ar vicoletto”, in via dei Falisci a Roma, dove si sono riuniti gli amici dell’Associazione “Adelphi Philosophi”, un consesso informale, trasversale, conservatore libertario che si ripromette la condivisione del sapere, la calorosa amicizia, la tolleranza, la mutualità fraterna, la identità della “Fratria”, come amano dire, al posto di Patria. Il tema, “Legge elettorale e democrazia: perché oggi un referendum per abrogare il rosatellum”, è stato trattato da Elisabetta Trenta, già ministro della Difesa nel Governo Conte1, Presidente del Comitato per i Referendum sulla legge elettorale (4 quesiti presentati alla Corte di Cassazione con l’obiettivo di ridare ai cittadini la scelta di eleggere i parlamentari). Con lei il nostro direttore Salvatore Sfrecola, intervenuto, ha spiegato, anche come Presidente del Centro studi storici, politici e giuridici Vittorio Emanuele Orlando.

Elisabetta Trenta ha denunciato le disfunzioni della legge elettorale vigente, la n. 165 del 3 novembre 2017, il cosiddetto rosatellum, dal relatore alla Camera dei deputati l’on. Ettore Rosato, già della Margherita, oggi di Italia Viva. La critica alla legge muove essenzialmente dalla filosofia alla quale si ispira, tutto il potere alle segreterie dei partiti le quali scelgono i candidati e li collocano nella lista nella posizione utile per rientrare nel numero dei seggi assegnati in relazione ai voti ottenuti, così privando il cittadino del diritto di scegliere chi lo deve rappresentare. Con lesione gravissima, ha spiegato la Professoressa Trenta, di un principio che non è solo costituzionale ma implicito nell’ordinamento democratico rappresentativo secondo il quale “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” (art. 67).

Non solo, con alcuni efficaci esempi la Professoressa Trenta ha spiegato come la legge favorisca anche gruppi minuscoli purché collegati ad altri più potenti così danneggiando altri partiti che, con la medesima consistenza elettorale, sono invece svantaggiati per essersi presentati da soli. La relatrice ha illustrato con dovizia di particolari questa ed altre disfunzioni della legge insistendo sulla necessità di tornare ad un sistema elettorale che privilegi il rapporto fra elettore ed eletto anche per evitare che le assemblee elettive continuino ad essere assise di “nominati”, con l’effetto di allontanare sempre di più il cittadino dalle urne. Come hanno rivelato le ultime tornate elettorali.

Il nostro direttore, Salvatore Sfrecola, ha spiegato di intervenire anche in veste di Presidente del Centro studi Vittorio Emanuele Orlando per ricordare come sia stato proprio quell’eminente giurista, fondatore della scuola italiana del diritto pubblico, a sottolineare, ancora nell’Ottocento, nel 1882 in occasione di un suo straordinario studio, che è gli avvalso il conferimento della Cattedra di Diritto costituzionale a Palermo, giovanissimo (era nato nel 1860), la legge elettorale come fondamentale nell’ordinamento democratico parlamentare. Orlando analizzate tutte le ipotesi in campo, a cominciare dalla legge allora vigente, di natura proporzionale, era giunto alla conclusione che fosse da preferire un sistema basato su collegi uninominali all’inglese, capaci di assicurare un rapporto diretto e forte tra eletto ed elettore, così assicurando al parlamentare l’autorevolezza che nasce dal consenso. A conferma degli effetti del sistema basato su collegi uninominali, sufficientemente ristretti per assicurare la diretta conoscenza del candidato e del suo programma politico, Sfrecola ha fatto l’esempio della recente elezione nel Regno Unito dove il vecchio segretario del partito laburista, Jeremy Corbyn, espulso dal partito, si è presentato da solo nel suo vecchio collegio elettorale. Non solo è stato eletto ma ha avuto anche più voti di quelli ottenuti in passato, a dimostrazione del fatto che nel territorio si è instaurato un rapporto di fiducia e di condivisione con l’elettorato che è la forza della democrazia. E, conseguentemente, nel sistema elettorale sta la governabilità di un paese, la sua stabilità politica, perché il leader del partito uscito vincitore dalle elezioni ha l’autorevolezza della forza politica radicata sul territorio.

In ogni caso, ha detto Sfrecola, anche una legge elettorale proporzionale può garantire la stabilità dei governi purché si torni a restituire all’elettore la scelta del candidato tra quelli presenti nella lista proposta dai partiti. Per avere Camere composte da eletti e non da nominati. Ed ha fatto l’esempio del l’ex Ministro degli esteri Franco Frattini, esponente di Forza Italia, eletto la prima volta a Roma, la seconda a Venezia, la terza a Bolzano, a dimostrazione del fatto che il partito non aveva nessun interesse a radicare sul territorio una personalità comunque di grande spessore.

Parlando, poi, in un intervallo della cena, Sfrecola ha ricordato un episodio degli anni ‘60, a dimostrazione del ruolo che i partiti hanno nella gestione del consenso elettorale. A Verona, già prima del fascismo, veniva eletto con notevole numero di voti un parlamentare del Partito Popolare Italiano, poi della Democrazia Cristiana, Giovanni Uberti. Aveva iniziato giovanissimo la carriera di giornalista e nel 1915 a Milano aveva fondato il Corriere del Mattino. Impegnato nel Partito Popolare Italiano di Don Luigi Sturzo, Uberti, eletto nel 1921 e nel 1926, estromesso dal Parlamento, arrestato e condannato a trascorrere alcuni mesi al confino, Uberti si dedica alla direzione amministrativa del quotidiano cattolico l’Avvenire. Riprende l’impegno politico nel dopoguerra. Eletto senatore e Sindaco di Verona con un grosso seguito sfida il collega di partito Giuseppe Trabucchi, più volte ministro. Esce dalla Democrazia Cristiana e, forte delle molte decine di migliaia di voti che aveva sempre ottenuto nella sua lunga militanza politica, si presenta da solo in un collegio del Senato. Un fiasco solenne, a dimostrazione del potere del partito nella gestione del consenso elettorale.

Il dibattito si è sviluppato anche con l’intervento di alcuni dei presenti che con varie argomentazioni hanno sottolineato gli aspetti critici dell’attuale disciplina del voto trattati dai relatori, con condivisione anche di personaggi presenti, tra cui l’avvocato dello Stato Paola Maria Zerman e l’avv. Jacopo Severo Bartolomei che più volte hanno contribuito con loro scritti alle tematiche affrontate da questo giornale.

La serata si è chiusa con l’invito di Elisabetta Trenta a sottoscrivere i quesiti referendari proposti dal movimento “Io voglio scegliere”.

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