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La Corte dei conti e il buongoverno. Lettera aperta all’on. Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio dei Ministri

Cara Presidente,
innanzitutto bentornata. Come tanti italiani ho fatto il tifo per Lei in visita al Presidente U.S.A.. Ci dirà, poi, dei risultati della Sua missione nell’immediato e in prospettiva.
Oggi intendo richiamare la Sua attenzione su una iniziativa legislativa che riguarda l’ordinamento e le attribuzioni della Corte dei conti, la proposta di legge n. 1621 d’iniziativa dell’On. Tommaso Foti, all’epoca Presidente del Gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, adesso all’esame del Senato (n. 1457).
Non so se ha avuto modo di leggere la copia, che Le ho inviato alcuni giorni fa, di una pagina de Il Secolo d’Italia dell’8 marzo 2000, contenente una intervista che Federico Guiglia, giornalista brillante e uomo di cultura di grande valore, mi aveva fatto nella qualità di Procuratore della Corte dei conti per l’Umbria. L’intervista, con un titolo significativo, “Sfrecola, requisitoria contro lo spreco”, prendeva le mosse da quello che avevo detto in occasione della mia relazione in apertura dell’anno giudiziario della Sezione giurisdizionale di Perugia. Guiglia aveva letto qualcosa sulla stampa locale e nazionale ed aveva ritenuto interessante scriverne impegnando una intera pagina del giornale.
Mi sono chiesto cosa sia successo dall’8 marzo 2000 al 19 dicembre 2023, quando l’on. Foti in solitario ha presentato la sua proposta di legge. Un maligno direbbe che all’epoca Alleanza Nazionale era all’opposizione e quindi aveva desiderio di controllare come il Centrosinistra gestiva il denaro pubblico, oggi Fratelli d’Italia è al governo. Mi rifiuto di giungere a questa conclusione, significherebbe che la promessa del “buongoverno” vale solamente in tempo di elezioni. In particolare la proposta di legge praticamente azzera la giurisdizione in materia di “danno erariale” attraverso una contorta disciplina che, in caso di accertati pregiudizi al bilancio pubblico provocati con “colpa grave” darebbe luogo ad un limitatissimo risarcimento, assolutamente inadeguato rispetto alle dimensioni del danno prodotto. Tra l’altro garantito da una polizza assicurativa. Il che significa libertà di far danno. In barba alla Costituzione, innanzitutto, ed al cittadino contribuente.
E questo ci preoccupa, da cittadini prima che da giuristi, perché, tra l’altro, dimostra di ignorare che le attribuzioni della Corte dei conti italiana sono le medesime delle analoghe istituzioni superiori di controllo, secondo le indicazioni dell’International Organization of Supreme Audit Institutions (INTOSAI), che aderisce all’O.N.U.. E, quanto al recupero delle somme illegittimamente spese, le regole sono, oltre che nelle indicazioni dell’INTOSAI, nei regolamenti dell’Unione Europea.
Intendo, dunque, richiamare la Sua attenzione sulla specifica sensibilità del cittadino in tema di gestione del denaro pubblico. Perché se gli italiani hanno motivi molteplici di dolersi della durata eccessiva dei processi, che la riforma Nordio non affronta in nessuno degli aspetti essenziali sia nel civile che nel penale, lo spreco di risorse pubbliche da sempre indigna il cittadino. Lo scriveva già Giovanni Botero nella sua Ragion di Stato (era il 1589) sostenendo che non c’è nulla che indigni più il popolo “che ‘l veder il suo Prencipe gittare impertinentemente il denaro ch’essi con tanto loro travaglio e stento gli somministrano per sostegno della sua grandezza e per mantenimento della Repubblica”.
Le posso assicurare che in tutti gli ambienti che frequento la Corte dei conti è intesa come organo di tutela degli interessi collettivi, perché il denaro sprecato è denaro di tutti. Non sottovaluti questo aspetto. Anche perché la “riforma” Foti, per il ruolo del proponente, è direttamente riferibile al Partito ed al Suo leader.
Si tratta di una riforma sul piano tecnico gravemente carente e, sotto vari aspetti, di dubbia costituzionalità, come hanno segnalato, da un lato, il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.AC.) Giuseppe Busia per il quale “così si riduce la lotta alla corruzione” (La Stampa, 15 aprile 2025) e il costituzionalista Prof. Michele Ainis, per il quale “stiamo per fare un altro passo verso l’annullamento dello standard etico richiesto ai servitori dello Stato“ (La Repubblica, 17 aprile 2025). Generale è la convinzione dei giuristi che sarà semplice per la Corte costituzionale demolire la riforma in vari punti, per illogicità e per mancato rispetto delle regole costituzionali, ad esempio quanto alla ridotta presenza della giustizia contabile sul territorio, che viene contrastata proprio perché gli uffici di controllo e giurisdizionali vicino a dove si verificano i fatti oggetto di accertamenti assicurano maggiore efficienza e rapidità all’attività investigativa e di controllo.
Vorrei poi richiamare la Sua attenzione sull’incipit della relazione alla proposta Foti laddove si evoca la cosiddetta “paura della firma” che affliggerebbe “il funzionamento della pubblica amministrazione italiana”, argomento che anche Lei ha trattato in altre occasioni, sostenendo di aver fatto ciò che tutti chiedevano, ad esempio in tema di “abuso d’ufficio”.
Mi dispiace, soprattutto per chi l’ha consigliata, perché la “paura” della firma riguarda, in primo luogo, gli incapaci che, purtroppo, non sono pochi, ed i disonesti. Anch’essi, come sappiamo dalle cronache, sono un numero discreto. Ma gli amministratori che probabilmente la politica vuole salvare in realtà già sono al riparo di responsabilità. La distinzione fra amministrazione e gestione, infatti, che risale alle iniziative del Ministro della funzione pubblica Bassanini, già distingue le responsabilità del politico da quelle del funzionario. Quindi viene evocato un falso problema che i cittadini percepiscono come tale. Per cui la tutela prestata ad incapaci e disonesti non fa onore a un Partito che assume di essere rispettoso della legge, proprio perché “di destra”. Perché io ho un’idea della destra che risale a Camillo di Cavour il quale, divenuto Presidente del consiglio, nel riformare l’Amministrazione, in modo da renderla adeguata alle esigenze del tempo, contestualmente ottenne dalla Camera la revisione della legge di contabilità di Stato, con contestuale potenziamento delle funzioni di controllo, convinto della “assoluta necessità di concentrare il controllo preventivo e consuntivo in un magistrato inamovibile”, e che fosse “una conseguenza necessaria, indispensabile dell’attuale sistema l’istituzione di una Corte dei Conti”, in sostituzione della preesistente Camera dei conti.
Un altro straordinario statista, Quintino Sella, Ministro delle finanze, leader della Destra Storica, in occasione dell’inaugurazione della Corte dei conti del Regno d’Italia (che sostituiva le Corti degli stati preunitari), il 1° ottobre 1862, rivolgendosi ai magistrati affermava: “della ricchezza dello Stato, di questo capitale della forza e della potenza di un paese voi siete creati tutori”. Aggiungendo che “è vostro compito il vegliare che il Potere esecutivo non mai violi la legge; ed ove un fatto avvenga il quale al vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento”. Regola dello Stato liberale rappresentativo.
E Giovanni Giolitti, altro Suo illustre predecessore, per lunghi anni Segretario Generale della Corte dei conti, nelle sue memorie ricorda come sia stata preziosa quella esperienza che costituì per lui – sono le sue testuali parole – “una educazione amministrativa efficacissima, mettendomi a conoscenza di tutto il meccanismo dello Stato, ciò che riuscì assai utile quando quel meccanismo dovetti muovere io stesso”.
Ancora un richiamo alla storia che molto c’insegna. Anche il Cavaliere Benito Mussolini, che, a differenza dei personaggi appena richiamati, non era un liberale, da Presidente del Consiglio aveva grande rispetto per gli organi di controllo, per la Ragioneria dello Stato e per la Corte dei conti. E quando si è trovato di fronte al diniego di visto non ha pensato di chiamare il Foti del tempo per fargli fare una proposta demolitoria della Corte dei conti. Ricorreva alla “registrazione con riserva” assumendo dinanzi alle Camere la responsabilità politica dei provvedimenti che la Corte dei conti non aveva ritenuto conformi a legge.
Ho scritto troppo. E voglio concludere segnalando che certamente la Corte dei conti ha bisogno di alcune messe a punto, come è stato per il processo contabile a tutela degli indagati e dell’Erario. E so che la stessa Istituzione e l’Associazione magistrati hanno formulato varie ipotesi riformatrici trascurate dai parlamentari che hanno proposto emendamenti i quali, con il rispetto che sinceramente sono abituato a riservare ai rappresentanti del Popolo, dimostrano di conoscere ben poco delle attribuzioni della Corte per aver proposto norme contraddittorie, come nel caso della funzione consultiva estesa a casi concreti, incompatibili con il ruolo di una magistratura che non può “cogestire” con l’Amministrazione, mentre il “silenzio assenso” sulla richiesta di parere se salva dall’eventuale responsabilità non può assicurare la legittimità di un atto dinanzi al Giudice amministrativo.
Faccio appello quindi alla Sua concretezza. Perché instillare nell’opinione pubblica l’idea che si vuole escludere forme di garanzia e il risarcimento del danno che il cittadino invece pretende e che l’Europa vuole è scelta che politicamente si paga prima o poi nelle urne.
Ricerchi chi è pronto al confronto, sine ira ac studio, come dicevano i nostri antenati, chi abbia esperienza e attitudine agli studi, chi abbia conoscenza delle norme per concorrere ad una riforma che effettivamente dia al cittadino indignato per gli sprechi di pubblico denaro provocati da incapaci o disonesti almeno da 436 anni (Botero). Vorrà assumersi la responsabilità di trascurare queste indicazioni? Di demolire ciò che i campioni della destra storica hanno costruito? Sono certo di no.
Mi è gradita l’occasione per formulare a Lei e Famiglia i miei più sinceri auguri di una Santa Pasqua di serenità
Salvatore Sfrecola

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