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Le pensioni di piombo

Le pensioni di piombo
di Domenico Giglio

Mi auguro che molti abbiano letto, specie se uomini politici e/o di governo, in primis gli attuali, l’articolo uscito sul supplemento settimanale “L’Economia” del “Corriere della Sera”, dell’8 luglio, titolato “Rendite amare. Pensioni inadeguate” di Antonietta Mundo ed Alberto Brambilla, relativo all’esproprio effettuato dal governo, esecutore materiale l’INPS, sulle pensioni medie di tanti funzionari, professionisti, dirigenti, con una perdita incredibile in termini monetari, per cui chi parla di “pensioni d’oro”, o ignora totalmente il problema, o è volutamente disinformato, o, ancora peggio è una squallido demagogo (guai ai ricchi!) o è in malafede.

Per cui è necessario partire dall’inizio quando si andava in pensione, con il retributivo, con l’80% delle ultima retribuzioni, avendo 40 anni di contributi. In realtà l’80% riguardava solo una prima fascia di retribuzione, intorno ai 32 milioni delle vecchie lire, per poi scendere al 60, poi al 50 ed infine al 40% sugli importi di retribuzione superiori alla prima fascia. A titolo indicativo da una retribuzione di 100 milioni, si arrivava ad una pensione di poco superiore ai 60 milioni, già con una perdita netta di circa il 40% sull’ultima retribuzione, e conseguente abbassamento del tenore di vita. Se questa cifra iniziale fosse stata aggiornata annualmente al costo della vita, sia pure con qualche iniziale disagio, i pensionato poteva anche accettare. Ma la realtà fin dall’inizio si dimostrò ben riversa, perché l’aggiornamento era anch’esso valutato su multipli della pensione base minima, per cui a livelli di pensione sopra accennati l’adeguamento si riduceva drasticamente. Il peggio, però doveva ancora avvenire quando un governo, non comunista di nome, ma di fatto, retto da quei cattolici di sinistra, che confondono la media borghesia con quei “ricchi” che non possono passare per la “cruna di un ago”, sterilizzò completamente ogni adeguamento, trovando connivente, anche una Corte, a sua volta emanazione partitica, che giustificò sia pure “temporaneamente” questa manomissione, e così via via, anche con altri governi, in nome della (in)giustizia sociale. Ora, tutto ciò premesso vediamo in quanto è consistita la perdita, in termini economici della pensione così come risulta documentato e precisato nell’articolo citato all’inizio.

Gli autori, limitando la loro indagine al mancato adeguamento al periodo di 14 anni dal 2006 al 2019, (per molti pensionati dovrebbe calcolarsi anche il periodo precedente che in molti casi risale agli anni 1990-2000) hanno individuato perdite di più del 50% per pensioni lorde annue di meno di 40.000 euro, e che arrivano a sfiorare il 100% per un lordo annuo intorno ai 60.000 euro, per poi, trionfalmente (per INPS) superare il 100% per pensioni superiori. I rivoluzionari francesi ghigliottinavano, i rivoluzionari bolscevichi fucilavano, i comunisti cinesi rieducavano quelli che non avevano eliminato, i comunisti cambogiani pure eliminavano, i cripto comunisti italiani hanno preferito lentamente strangolare la media (ed anche piccola) borghesia, sulla cui scomparsa versano, oggi, lacrime di coccodrillo.

15 luglio 2019

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