di Salvatore Sfrecola
Pensavo di aver visto di tutto, ma l’Agenzia delle entrate è riuscita a stupirmi ancora una volta. In questo caso con un “Avviso di disponibilità di un incarico dirigenziale per la posizione dirigenziale di seconda fascia di Direttore Provinciale di Agrigento, presso la Direzione Regionale della Sicilia”. A stupire è il fatto che la ricerca di un dirigente da incaricare, ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, avviene mentre l’Agenzia dispone di numerosi idonei del concorso per il reclutamento di 175 dirigenti di seconda fascia, bandito nel 2010, la cui graduatoria finale di merito è stata da ultimo approvata, dopo varie rettifiche rese necessarie dalla necessità di dare esecuzione ad una serie di sentenze dei giudici amministrativi, in data 24 novembre 2024. La telenovela giudiziaria ha riguardato la rivalutazione dei titoli di tutti i candidati (vincitori e idonei), in quanto l’originaria attribuzione dei punteggi per i diversi titoli previsti dal bando era stata giudicata gravemente inficiata da profili di manifesta irragionevolezza. Con l’effetto che alcuni candidati, già risultati vincitori sono divenuti idonei e viceversa. E non è finita qui perché sono in corso ulteriori giudizi che prevedibilmente porteranno ad ulteriori rettifiche della graduatoria. Un caso da manuale di responsabilità disciplinari e, probabilmente contabili, perché le conseguenze di questo contenzioso non sono state certamente senza spesa.
Tornando alla procedura di conferimento dell’incarico dirigenziale per la copertura della posizione di Direttore Provinciale di Agrigento, nel tentativo di difendersi dai ricorsi, che infatti ci sono stati, l’Agenzia ha cercato di giustificare la mancata utilizzazione della graduatoria sostenendo che “1.1 Per la copertura della posizione è necessaria una formazione economico giuridica, nonché un’adeguata conoscenza dell’organizzazione e dei processi dell’Agenzia. In considerazione della necessità di rapportarsi continuativamente con le strutture regionali e provinciali, vengono inoltre richieste una spiccata attitudine al coordinamento di strutture complesse ed elevate doti relazionali. È altresì necessario aver maturato concrete esperienze in relazione agli ambiti di conoscenza sopra descritti”. Ed ha invitato a manifestare la propria disponibilità a ricoprire la posizione “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. È richiesto il possesso del diploma di laurea specialistica o magistrale, ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l’ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica del 3 novembre 1999, n. 509”. Insomma, quello che prescrive l’art. 19, comma 6, innanzi richiamato.
Sennonché la procedura affidata a un apposito Gruppo di valutazione è risultata infruttuosa, sia con riferimento ai dirigenti di ruolo dell’Agenzia, sia avuto riguardo alle candidature dei dirigenti esterni. Sicché è stata bandita una nuova selezione per l’individuazione di un soggetto idoneo cui attribuire l’incarico.
È facile, con qualche nozione di diritto amministrativo, sostenere l’illegittimità di questa procedura. Innanzitutto, per la scelta di ricoprire il posto vacante attraverso il ricorso a professionalità esterne all’Agenzia delle entrate, anziché attingendo dalla graduatoria concorsuale per dirigenti, valida ed efficace. Di cui fanno parte soggetti già selezionati (gli idonei sono spesso per qualche centesimo fuori della graduatoria dei vincitori, solamente per mancanza di posti) molti dei quali già prestano servizio come funzionari. Gli interessati, pertanto, si sono rivolti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio richiamando il principio del preferenziale scorrimento delle graduatorie concorsuali vigenti rispetto all’indizione di nuove procedure concorsuali nei termini della costante giurisprudenza del Consiglio di Stato. Il quale ha affermato che, “in presenza di una graduatoria concorsuale ancora efficace la regola generale da seguire per la copertura dei posti vacanti è quella dello scorrimento della medesima, a preferenza dell’indizione di un nuovo concorso” ricordando che se “la disciplina positiva non si spinge fino ad assegnare agli idonei un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione mediante scorrimento della graduatoria (con correlativo obbligo cogente per l’ente)” impone piuttosto “all’Amministrazione, che abbia a determinarsi diversamente, un rigoroso obbligo di motivazione della propria scelta derogatoria” (per tutte Cons. St., Sez. IV, 26 novembre 2024, n. 9488).
Osservano, al riguardo, i ricorrenti che se la soluzione dello scorrimento delle graduatorie è preferita dall’ordinamento perfino rispetto all’indizione di nuove procedure concorsuali, in quanto tali pienamente rispettose del principio costituzionale dell’accesso per pubblico concorso ai pubblici uffici, non si vede come possa non essere preferita, a maggior ragione, al conferimento di incarichi temporanei a favore di soggetti potenzialmente estranei alla pubblica amministrazione, previo esperimento di una procedura di selezione di stampo fiduciario, non assistita dalle garanzie proprie del pubblico concorso. Ecco, è lo “stampo fiduciario”, in un ordinamento ispirato al principio di legalità, che disturba e provoca pesanti, ben note, critiche dei giuristi.
Inoltre, come già accennato gli idonei sono già impiegati, da numerosi anni, all’interno dell’Agenzia, ed hanno maturato quella “adeguata conoscenza dell’organizzazione e dei processi dell’Agenzia”, richiesta, nonché “una formazione economico giuridica” accertata in sede concorsuale. Di più, si chiedono i ricorrenti, “chi potrebbe mai dubitare che essi abbiano “spiccata attitudine al coordinamento di strutture complesse ed elevate doti relazionali”, così come che abbiano “maturato concrete esperienze in relazione agli ambiti di conoscenza sopra descritti”, se il concorso che hanno superato prevedeva una prova, articolata in due fasi, “volta ad accertare, in particolare, le competenze acquisite e il possesso delle capacità manageriali, mediante valutazione dell’attitudine allo svolgimento delle funzioni dirigenziali”.
Inutile andare oltre. Se non per constatare come l’Agenzia delle entrate si segnali come un “ricorsificio”, da ultimo permanente, che dimostra protervia e noncuranza della giurisprudenza amministrativa come, invece, dovrebbe ogni buon funzionario. Si chiama principio del “buon andamento”, risponderebbero gli studenti di giurisprudenza ai quali dovessimo chiedere di esprimere un giudizio sulla procedura. Risposta facile: trenta e lode.